Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-07-2011) 01-08-2011, n. 30534

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 07.03.2011 il Tribunale di Roma, adito ex art. 310 c.p.p. dal Procuratore della Repubblica di Latina, disponeva il ripristino, in accoglimento dell’appello dell’Accusa, della custodia cautelare in carcere nei confronti di P.A. e G.S. ai quali, dopo la sentenza di condanna in rito abbreviato, erano stati concessi, con ordinanza del Gip del 20.12.2010, gli arresti domiciliari.- I predetti, imputati di concorso in detenzione e porto illegali di armi comuni, anche clandestine, e da guerra, ed il P. anche di ricettazione delle stesse, sono stati condannati in primo grado, con sentenza 16.12.2010, alle pene detentive di anni 3 e mesi 6 di reclusione l’uno, di anni 4 l’altro. Essendo la motivazione concessiva degli arresti domiciliari basata sul tempo di restrizione già sofferto e sulla sentenza emessa, rilevava il Tribunale del riesame come il tempo trascorso, peraltro non rilevante, non fosse elemento di novità valutabile ai fini cautelari e come la sentenza emessa, a pene non indifferenti, con la valutazione probatoria che superava quella indiziaria, avesse aggravato il quadro accusatorio;

permaneva peraltro il giudizio oggettivo di particolare gravità dei fatti e di negativa valutazione delle personalità, specie quella del G., gravato da importanti carichi pendenti e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., di tal che era concreto e giustificato il giudizio circa il rischio di recidiva specifica.- 2. Avverso tale ordinanza proponevano ricorso per cassazione gli anzidetti imputati che motivavano le rispettive impugnazioni, con atti separati ma sovrapponigli, deducendo entrambi: a) mancata declaratoria, come era stato chiesto con apposita memoria difensiva, di inammissibilità dell’appello del P.M. che, anzichè proporre motivi devolutivi del gravame contro l’ordinanza impugnata, avrebbe riproposto i temi dell’ordinanza genetica; b) nel merito, mancata valutazione di elementi positivi quali l’incensuratezza, la giovane età e la buona condotta successiva, nonchè la mancata prova delle iniziali ipotesi più inquietanti.- 3. In data 01.07,2011 la difesa del P. depositava memoria con la quale segnalava che costui aveva ottenuto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari con ordinanza 18.04.2011, nell’ambito di diverso procedimento per tentata estorsione.- 4. I ricorsi, entrambi palesemente infondati, devono essere dichiarati inammissibili con ogni dovuta conseguenza di legge.- Ed invero è del tutto infondato il primo motivo di ricorso, comune ad entrambi gli imputati, relativo alla pretesa inammissibilità dell’appello del P.M. avverso l’ordinanza del Gip in data 20.12.2010 con la quale venne concessa ad entrambi gli odierni ricorrenti la sostituzione della custodia carceraria con gli arresti domiciliari.

La questione è stata già prospettata dalle difese al Tribunale del riesame e da questo correttamente respinta, posto che l’appellante P.M. non propose, quali motivi del suo gravame, i temi dell’ordinanza genetica, ma aggredì direttamente l’ordinanza concessiva degli arresti domiciliari, censurandone la motivazione riferita al tempo di carcerazione già sofferto ed al rilievo da dare all’intervenuta sentenza di primo grado (oltre a ribadire la gravità del fatto e la negativa personalità degli imputati). E’ del tutto evidente che tali temi non potevano, di necessità, essere riferiti all’ordinanza genetica, atteso che si tratta di eventi ad essa successivi. Per ulteriore conseguenza, il motivo comune dei due ricorsi, che oggi ribadisce tale prospettata inammissibilità dell’appello del P.M., deducendolo come vizio di motivazione dell’impugnato provvedimento, deve essere qui dichiarato inammissibile.- Nel merito, poi, è del tutto pacifico che il tempo di custodia cautelare sofferto non è, di per sè, in mancanza di altri elementi, indice di affievolimento delle esigenze cautelari (principio consolidato: cfr., ex pluribus, Cass. Pen. Scz. 2, n. 45213, in data 08.11.2007, Rv. 238518, Lombardo; Cass. Pen. Sez. 4, n. 40090 in data 08.10.2002, Rv. 222900, Bracci; eco.).- Del pari la sentenza di condanna in primo grado, a pene non irrilevanti, ha consolidato, – allo stato ed a questi fini – gli indizi in prove ed ha chiuso ogni questione ex art. 273 c.p.p..- Risulta poi del tutto infondato il motivo di ricorso che lamenta la mancata considerazione di pretesi elementi positivi di carattere personale. L’impugnata ordinanza, invero, affronta correttamente tali profili, traendone conclusione negativa per entrambi gli imputati sia per la rilevante gravità dei fatti (anni anche clandestine e da guerra), sia per gli aspetti soggettivi negativi che superano la formale incensuratezza (in particolare per il G., in funzione dei carichi pendenti e della misura di prevenzione cui è sottoposto). Ora, per il P., si aggiunge la pendenza di altro procedimento per grave ipotesi di reato (tentata estorsione) di particolare allarme sociale.- Risulta giustificato, pertanto, per entrambi gli odierni ricorrenti, il giudizio di pericolo di condotte recidivanti.- In definitiva i ricorsi, manifestamente infondati in ogni loro deduzione, devono essere dichiarati inammissibili ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.- Alla declaratoria di inammissibilità delle impugnazioni consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nei ricorsi palesemente infondati (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).- Deve seguire altresì il provvedimento imposto dall’art. 92 disp. att. c.p.p..-

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti P. A. e G.S. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.- La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale distrettuale del riesame di Roma affinchè provveda a quanto stabilito nell’art. 92 disp. att. c.p.p..- Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.
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