Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-12-2011, n. 28319

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Oggetto del ricorso per cassazione è la sentenza della Corte di appello di l’Aquila (del 4 dicembre 2008) che ha dichiarato inammissibile – e, comunque, infondato – il ricorso per revocazione, proposto da Babagula srl, avverso la sentenza della stessa Corte (21 febbraio 2007), la quale aveva rigettato l’appello proposto dalla stessa società nei confronti della sentenza del Tribunale, che aveva dichiarato risolto il contratto di locazione intercorso con la Saies di Camillo Salvatore & C. snc (poi Le Ninfee sas di Benedetta Salvatore & C.) 2. Babagula srl deduce quattro motivi di ricorso.

Resiste con controricorso la società Le Ninfee (già Saies), che eccepisce la tardività del ricorso.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, deve darsi atto che, nonostante nell’intestazione del controricorso si legga controricorrente e ricorrente incidentale.

Le Ninfee sas non ha svolto alcun ricorso incidentale avverso la sentenza impugnata dalla Babagula.

2. L’eccezione di tardività del ricorso – sollevata sul corretto presupposto che alla controversia in oggetto, concernente locazioni, non sia applicabile la sospensione dei termini nel periodo feriale – va rigettata perchè, ai fini del calcolo del termine annuale secco, di cui all’art. 327 cod. proc. civ., il controricorrente da erroneamente rilievo alla data (oltre il termine annuale secco) in cui la notifica si è perfezionata e non a quella (rilevante secondo la giurisprudenza consolidata) della consegna per la notifica (rispettosa del termine annuale secco).

Infatti, la sentenza impugnata, non notificata, è del 4 dicembre 2008. Il ricorso è stato consegnato per la notifica all’ufficiale giudiziario il 4 dicembre 2009, nel rispetto del termine annuale secco, valendo tale data ai fini del rispetto del termine per l’impugnazione. La circostanza che la notifica si è perfezionata il 15 dicembre 2009 – con la consegna presso la Cancelleria della Corte di appello di l’Aquila (non essendo andata a buon fine la notifica del 4 dicembre 2009 presso l’avvocato domiciliatario, stante la non abitabilità dell’immobile a causa del sisma) – è irrilevante ai fini della tempestività.

Tanto, in applicazione del principio consolidato, secondo cui A seguito delle decisioni della Corte costituzionale n. 477 del 2002, nn. 28 e 97 del 2004 e 154 de 2005, ed in particolare dell’affermarsi del principio della scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante e per i destinatario, deve ritenersi che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, con la conseguenza che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all’inosservanza de termine perentorio entro il quale la notifica va effettuata (Cass. 10 maggio 2007, n. 10693).

3. Con il primo motivo, corredato da quesito di diritto, si deduce la nullità della sentenza per violazione delle norme del procedimento.

Si lamenta l’adozione del rito camerale, invece del rito ordinario, laddove nel procedimento per revocazione si sarebbero dovute applicare le norme ordinarie stabilite per il procedimento davanti al giudice della revocazione ( art. 400 cod. proc. civ.), se non derogate specificamente, come nel caso ( art. 401 cod. proc. civ.) di sospensione dell’esecuzione.

3.1. La censura è inammissibile.

In primo luogo, pecca di autosufficienza. Si lamenta dell’adozione della procedura camerale, e richiama, come dimostrazione, solo la sentenza impugnata. Ma, nella intestazione della sentenza, risulta che la causa è stata decisa all’udienza collegiale e, appunto, è stata decisa con sentenza; cioè con provvedimento conclusivo, normalmente, della pubblica udienza.

Inoltre, la ricorrente non ha neanche dedotto l’interesse in concreto leso dalla procedura camerale, che sarebbe stata seguita.

In numerose pronunce, rispetto a fattispecie molteplici, la Corte ha ritenuto che In materia di impugnazioni civili, dai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si desume quello per cui la denunzia di vizi dell’attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa, concretamente subito dalla parte che denuncia il vizio, con la conseguenza che l’annullamento della sentenza impugnata si rende necessario solo allorchè nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (Cass. 7 febbraio 2011, n. 3024; Cass. 23 febbraio 2010 n. 4340). Comunque, in generale, va ricordato che la Corte – rispetto alla revocazione delle sentenze della Cassazione – ha affermato che l’oralità non è un connotato indefettibile per realizzare lo scopo e la funzione del diritto di difesa, che può attuarsi anche in un procedimento dalle forme più rapide, quale il rito camerale (Cass. 23 febbraio 2000 n. 2057).

4. Con il secondo motivo si deduce errore di valutazione (o vizio logico) sull’ammissibilità della domanda di revocazione in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Dalla parte esplicativa sembra che il vizio fatto valere è l’errore di fatto (ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4), riferito alla data del nuovo documento. La parte ricorrente sembra lamentarsi del fatto che, nonostante nell’atto di revocazione avesse riportato la data errata del 18 marzo 2008 rispetto al documento fatto valere per la revocazione, l’esame del documento avrebbe rivelato che la data esatta era quella del 28 marzo.

3.1. Il motivo è inammissibile, stante la violazione dell’art. 366- bis cod. proc. civ. Se si volesse considerare come contenente, sostanzialmente, la prospettazione di una violazione di legge, sarebbe inammissibile per mancanza del quesito di diritto (Cass. 7 novembre 2007, n. 23153) Considerando, invece, l’esplicita prospettazione del vizio di motivazione, è del pari inammissibile per la mancanza del momento di sintesi, omologo al quesito di diritto secondo la giurisprudenza consolidata (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; 14 ottobre 2008, n. 25117; 30 ottobre 2008 n. 26014).

3.2. Senza considerare, poi, che il motivo sarebbe stato manifestamente infondato sulla base della giurisprudenza della Corte.

Infatti, costituisce principio consolidato quello secondo cui, con riferimento alla revocazione, l’esatta individuazione della data in cui si è verificato l’evento indicato dall’art. 395 c.p.c., n. 2, (scoperta del dolo o della falsità o recupero di documenti), rilevante agli effetti della decorrenza del termine di impugnazione per revocazione e prescritta a pena di inammissibilità della domanda dall’art. 398 c.p.c., comma 2, deve essere sin dall’inizio di chiara ed immediata percezione, in guisa da consentire la possibilità di accertare l’osservanza o meno del termine perentorio di impugnazione e costituisce, pertanto, un onere di allegazione della parte istante, oggetto di un preciso thema probandum, in quanto consente di dare ingresso al giudizio rescindente. (in riferimento al processo tributario, Cass. 25 maggio 2011, n. 11451).

Ed ancora, L’impugnazione per revocazione correlata, a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 3, al ritrovamento di documenti non potuti produrre nel giudizio conclusosi con la pronuncia della sentenza impugnata, deve essere proposta a pena di inammissibilità, a norma degli artt. 325 e 326 cod. proc. civ., entro trenta giorni dalla data della scoperta dei documenti medesimi e l’onere della prova dell’osservanza del termine, e quindi della tempestività e dell’ammissibilità dell’impugnazione, incombe alla parte che questa abbia proposto, la quale deve indicare in citazione, a pena d’inammissibilità della revocazione, le prove di tali circostanze, nonchè del giorno della scoperta o del ritrovamento del documento.

(Cass. 4 febbraio 2005, n. 2287).

La parte, in definitiva, non può dolersi di aver indicato una data errata, e a sè sfavorevole, del documento rilevante, gravando sulla stessa un onere di allegazione (corretta) del documento.

4. Anche il terzo e quarto motivo di ricorso deducono vizi di motivazione (insufficienza e illogicità il terzo; omissione e insufficienza il quarto), senza la prescritta sintesi. Conseguente è l’inammissibilità per le stesse ragioni di cui al secondo motivo.

5. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna Babagula srl al pagamento, in favore della Le Ninfee sas di Benedetta Salvatore & C. (già Saies di Camillo Salvatore & C. snc), delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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