Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-07-2011) 01-08-2011, n. 30526

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 gennaio 2011 il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di riesame proposta da K.A. avverso l’ordinanza del 20 dicembre 2010, con la quale il G.I.P. del Tribunale di Vercelli aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere, siccome gravemente indiziato del delitto di omicidio aggravato in danno di R.S., attinto nella notte fra il 4 ed il 5 dicembre 2010 da otto colpi di coltello, che ne avevano determinato il decesso quasi immediato.

2. Il Tribunale ha rilevato la sussistenza a carico dell’indagato di gravi indizi di colpevolezza, peraltro neppure contestati dal K., ed ha altresì ritenuto l’esistenza di gravi esigenze cautelari, tali da giustificare la misura custodiale in carcere adottata nei suoi confronti, avendo tenuto conto delle gravissime modalità con cui l’omicidio era avvenuto, per l’inaudita ferocia con cui erano stati inferti i colpi di coltello alla vittima e per l’insussistenza di valide motivazioni, il che era indice di una personalità incline alla violenza ed incapace di contenersi;

sussistevano poi indicazioni inequivoche circa l’intenzione dell’indagato di darsi alla fuga, anche per le sue condizioni di vita, per l’assenza di fissa dimora e di attività lavorativa lecita, unita alla sua propensione a vivere dei proventi di reati contro il patrimonio; il che consentiva di ritenere sussistente l’elevato pencolo di reiterazione di reati della medesima specie, anche per l’inaffidabilità del prevenuto, privo di significativi radicamenti sul territorio, si che solo la custodia inframuraria poteva assicurarne il controllo continuo e pressante.

Il Tribunale ha fatto altresì riferimento alla norma di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, di presunzione legislativa di adeguatezza della sola misura custodia in carcere, in presenza del reato di omicidio volontario a lui ascritto.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Torino ha proposto personalmente ricorso per cassazione K.A., che ha dedotto due motivi di ricorsa, Col primo motivo lamenta violazione di legge, in quanto il suo difensore aveva presentato richiesta di riesame ex art. 209 cod. proc. pen. in data 30 dicembre 2010 avverso l’ordinanza con la quale il G.I.P. di Vercelli aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere; era emerso in modo incontestabile che il fascicolo relativo ad esso ricorrente era stato trasmesso alla cancelleria del Tribunale del riesame di Torino in data 5 gennaio 2011, data nella quale era stato emesso provvedimento di fissazione dell’udienza camerale tenutasi il 12 gennaio 2011 e l’ordinanza confermativa della custodia in carcere nei suoi confronti era stata depositata, compresa la parte motiva, il 18 gennaio 2011 ed era stato notificato al suo difensore avv. MICHELATTI a mezzo posta e 25 gennaio 2011.

Nel caso in esame il termine perentorio di cinque giorni, di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, non era stato rispettato, in quanto l’istanza di riesame era stato depositato il 30 dicembre 2010, mentre il fascicolo era stato trasmesso ed era giunto al Tribunale di Torino il 5 gennaio 2011 e quindi sei giorni dopo, senza computare il giorno iniziale; da quanto sopra derivava che il Tribunale del riesame avrebbe dovuto prendere atto di tale violazione e disporre la perdita di efficacia della misura custodia emessa nei suoi confronti.

Col secondo motivo lamenta violazione di legge e carenza di motivazione, non essendo l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Torino conforme alle norme dettate in materia di adeguatezza della scelta della misura cautelare da applicare al caso concreto, in quanto era stato solo affermato che l’unica misura applicabile era quella della custodia in carcere, siccome la sola che avrebbe consentito un suo costante monitoraggio; il che tuttavia non era sufficiente per giustificare l’emissione dell’ordinanza custodiale impugnata.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, proposto da K.A. avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Torino in data 12 gennaio 2011, è inammissibile siccome manifestamente infondato.

2. Con esso il ricorrente lamenta violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 5, in quanto il proprio difensore aveva presentato istanza di riesame presso il Tribunale di Vercelli il 30 dicembre 2010, mentre il fascicolo era stato trasmesso alla cancelleria del Tribunale del riesame di Torino solo il 5 gennaio 2011 e quindi oltre il termine di giorni cinque fissati dalla norma innanzi citata.

3. La giurisprudenza di questa Corte ha invero più volte affermato che, se il difensore deposita il ricorso presso un ufficio giudiziario diverso dal Tribunale del riesame, in tal modo esercitando la facoltà prevista dall’art. 582 c.p.p., comma 2, il deposito, pur assumendo rilievo ai fini della tempestività dell’impugnazione, non incide sul calcolo dei termini fissati dall’art. 309 c.p.p., comma 5, i quali iniziano a decorrere dalla data in cui il ricorso perviene al Tribunale competente per il riesame.

Pertanto la facoltà concessa alla sola parte privata di depositare l’impugnazione presso un luogo diverso da quello fissato in via generale dall’art. 309 c.p.p., comma 4, non può comportare una compressione dei termini a disposizione del Tribunale del riesame per ricevere gli atti dall’autorità procedente ed emettere la propria ordinanza; quindi se l’indagato od il suo difensore decidono di non depositare l’impugnazione presso la cancelleria del Tribunale del riesame, ma di trasmetterla mediante le procedure previste dall’art. 582 c.p.p., comma 2 o dall’art. 583 cod. proc. pen., devono porre a proprio carico il lasso di tempo intercorrente fino a quando l’impugnazione non pervenga al Tribunale indicato dal citato art. 309 quarto comma. Va in tal modo escluso che, nel caso in esame, i termini fissati dall’art. 309 c.p.p., comma 5, decorrano dal deposito della richiesta di riesame alla cancelleria del Tribunale di Vercelli; deve invece ritenersi che essi decorrono dalla data in cui l’impugnazione è pervenuta al Tribunale del riesame di Torino competente per il riesame (cfr., in termini, Cass. Sez. 3 n. 4113 del 17/12/2007 dep. 28/01/2008, imp. Tanase ed altri, Rv. 239242).

4. E’ altresì inammissibile siccome manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta violazione di legge e carenza di motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto la sussistenza di gravi esigenze cautelari nei suoi confronti, tali da giustificare la custodia cautelare inframuraria disposta nei suoi confronti.

5. Va infatti rilevato che il provvedimento impugnato non ha fatto solo riferimento alla presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, tenuto conto del tipo di reato ascrittogli, presunzione da ritenere venuta meno, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 164 del 2011, la quale ha ritenuto costituzionalmente illegittima la norma anzidetta nella parte in cui non fa salva altresì l’ipotesi di acquisizione di elementi specifici, relativi al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misura. Il provvedimento impugnato ha invero offerto una motivazione completa ed esaustiva, incensurabile nella presente sede di legittimità, siccome conforme ai canoni della logica e della non contraddizione, circa la sussistenza di esigenze cautelari idonee a giustificare la misura cautelare inframuraria adottata, sia con riferimento al pericolo di fuga, sia con riferimento al concreto pericolo che il ricorrente potesse reiterare la condotta criminosa ( art. 274 c.p.p., lett. b) e c)), avendole desunte da elementi specifici, inerenti al fatto, alle sue motivazioni ed alla personalità del soggetto, ritenuto come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi ad una diversa misura (cfr. Cass. Sez. 1 n. 30561 del 15/07/2010 dep. il 30/07/2010, imp. Micelli, Rv. 248322).

Il Tribunale ha invero fatto riferimento:

– alle gravissime modalità con cui l’omicidio era avvenuto, caratterizzato dall’inaudita ferocia con cui erano stati inferti i colpi di coltello alla vittima e dall’inesistenza di validi motivi, idonei a giustificare un comportamento così violento ed accanito; il che era indice di una personalità incline alla violenza ed incapace di contenersi;

– alle inequivoche manifestazioni dell’intenzione dell’indagato di darsi alla fuga, avendo egli contattato, subito dopo la commissione del delitto, uno dei suoi fratelli, al quale aveva chiesto di recarsi presso la sua ex moglie per prendere il passaporto e portarglielo, "perchè aveva fatto una cosa brutta";

– alle sue condizioni di vita, all’assenza di una sua fissa dimora e di un’attività lavorativa lecita, unite alla sua propensione a vivere dei proventi di reati contro il patrimonio, con conseguente sussistenza di elevato pericolo di reiterazione di reati della medesima specie, anche per la sua inaffidabilità e per non avere egli alcun radicamento sul territorio, si che solo la custodia inframuraria poteva assicurarne il controllo continuo e pressante.

6. Il ricorso proposta da K.A. va pertanto dichiarato inammissibile, con sua condanna, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della soma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

6. Si provveda all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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