Cons. Stato Sez. III, Sent., 05-09-2011, n. 5010 Fusione, concentrazione ed incorporazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con bando spedito per la pubblicazione alla G.U.C.E. in data 9.6.2006 la Azienda USL Roma D ha indetto un pubblico incanto, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 157/1995 e succ. mod. e integr., avente ad oggetto "la manutenzione e gestione del patrimonio immobiliare e impiantistico e servizi accessori da prestare alla Azienda" per la durata di cinque anni, con un importo complessivo a base d’asta di euro 32.550.000,00 IVA esclusa.

All’esito della gara, alla quale sono state ammesse quattro imprese, si è classificata al primo posto ATI M. s.p.a., alla quale l’Azienda ha aggiudicato definitivamente l’appalto con deliberazione 31.1.2007, n.78.

Prima di procedere alla stipula del contratto e alla consegna del servizio l’Azienda con deliberazione 12.6.2007, n. 498 ha dato la sua adesione alla convenzione stipulata tra la Regione Lazio e ATI E. per il "multiservizio tecnologico regionale" procedendo allo scorporo di una serie di servizi che avevano fatto parte della offerta di ATI M. (corrispondenti al 58,5% del valore complessivo dell’affidamento originario), e che, per effetto della adesione alla convenzione, sono passati ad ATI E..

La anzidetta determinazione è stata assunta in applicazione delle clausole contenute nell’art. 4 del disciplinare di gara, e nell’art. 5 del capitolato d’oneri.

Con nota del 14.8.2007 l’Azienda invitava ATI M. a rinegoziare l’importo contrattuale dei servizi residui non oggetto dello scorporo.

Con ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio ATI M. ha impugnato la delibera 12.6.2007, n. 498 e gli atti ad essa collegati, nonché l’art. 4 del disciplinare di gara e l’art.5 del capitolato d’oneri, instando anche per la declaratoria di nullità del contratto stipulato tra ATI E. e l’Azienda.

Questi i motivi di gravame dedotti in primo grado:

a) nullità della rinegoziazione, che costituirebbe una violazione delle norme imperative sull’attività contrattuale, ed in particolare del principio di immodificabilità della gara;

b) illegittimità dell’art.4 del disciplinare di gara con il quale l’Azienda si è riservata di aderire alla convenzione regionale sul "multiservizio" e di modificare l’entità dei servizi oggetto dell’appalto, nonché il relativo importo economico;

c) illegittimità della deliberazione 12.6.2007, n.498 nella parte in cui, senza alcun provvedimento di revoca o di annullamento dell’aggiudicazione già disposta, ha stralciato una parte consistente dei servizi da quelli aggiudicati, alterando gli elementi contrattuali.

Con un successivo atto contenente motivi aggiunti la ricorrente ha lamentato:

– il difetto di motivazione della deliberazione impugnata che, richiamando una incomprensibile tabella, non darebbe conto della maggiore convenienza della offerta di ATI E.;

– che non sarebbe stata effettuata la comunicazione di avvio del procedimento.

Costituitasi in giudizio, l’Azienda ha eccepito la tardività del gravame perché notificato solo in data 1.10.2007, e la inoppugnabilità dell’art. 4 del disciplinare di gara che sarebbe stato immediatamente lesivo.

Anche la controinteressata ATI E. si costituiva in giudizio proponendo ricorso incidentale.

Con ordinanza n.16634 del 2009, pronunciandosi sul regolamento di giurisdizione proposto da ATI E., la Corte di Cassazione dichiarava la competenza del giudice amministrativo sulla controversia in esame.

Con sentenza 19 luglio 2010, n. 26973 il TAR Lazio, Sez. III Quater, pronunciandosi solo nel merito del ricorso principale, lo ha respinto avendo ritenuto:

– che la disciplina di gara conteneva già in sé la condizione di una successiva riduzione dell’oggetto dell’appalto;

– che la fattispecie in esame non può essere ricondotta alla ipotesi di rinegoziazione;

– che la clausola del disciplinare oggetto di impugnativa non altera le condizioni iniziali della gara e non incide sulla "par condicio".

La sentenza del TAR ha conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti.

Con atto di appello notificato il 26.11.2010 ATI M. ha impugnato la sentenza di primo grado denunciandone la erroneità sotto i seguenti profili.

1) Lo stralcio di gran parte dell’oggetto dell’appalto originariamente aggiudicato non può considerarsi legittimo (come ritenuto dal primo giudice) in quanto è avvenuto sulla base di una clausola da considerarsi nulla ai sensi dell’art. 1335 Cod.Civ., in quanto recante una "condizione meramente potestativa". L’oggetto dell’appalto era poi immodificabile anche perché ai sensi dell’art. 53, 4° comma, d.lgs. n. 163/2006 per le "prestazioni a corpo" (come nel caso in esame) il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione.

2) Diversamente da quanto sostenuto dal primo giudice, nella fattispecie è sorta l’esigenza di una rinegoziazione, stante la natura della remunerazione, consistente non in un canone "a misura", bensì "a corpo", come si evince dal capitolato tecnico: essendo il corrispettivo unico e non frazionabile, ATI M. si è trovata ad espletare il servizio senza che fosse determinato il relativo prezzo e senza che lo stesso potesse in alcun modo essere ricavato per analogia dagli altri prezzi di appalto. E’ irragionevole il "modus procedendi" della stazione appaltante, posto che l’adesione della Azienda alla convenzione regionale è postuma rispetto alla aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore di ATI M..

Non è vero poi che la clausola in questione non abbia inciso sulla "par condicio" dei concorrenti, perché l’unica impresa che ha ricevuto un concreto pregiudizio nella circostanza è ATI M..

3) Lo stralcio dei servizi operato dall’Azienda non può considerarsi un "atto dovuto"; e la delibera impugnata è carente di motivazione, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza di primo grado, non risultando con chiarezza la maggiore convenienza della adesione al Multiservizio.

4) La sentenza di primo grado ha omesso di pronunciarsi sulla mancata comunicazione di avvio del procedimento: poiché il provvedimento di stralcio costituiva una parziale revoca della aggiudicazione, tale comunicazione avrebbe dovuto essere effettuata.

Si è costituita in giudizio l’Azienda contestando la fondatezza dei motivi di gravame dedotti nell’atto di appello, del quale ha chiesto il rigetto.

Si è altresì costituita C. I. s.p.a, già E. I. s.r.l. (così denominata a seguito di fusione per incorporazione di E. I. s.r.l. in Cofathec Servizi s.p.a. per atto notarile in data 11.11.2009), in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATI già formata da E. I. s.r.l., la quale ha eccepito la inammissibilità dell’appello in quanto notificato soltanto ad E. I. s.r.l. che al momento non era più esistente, mentre non è stato notificato alla deducente nonostante che della anzidetta incorporazione l’appellante fosse venuta a conoscenza già nel giudizio dinanzi al TAR; ed ha altresì eccepito che il vizio della notifica non può essere sanato dalla avvenuta costituzione della stessa deducente.

Con una successiva memoria C. I. s.p.a. ha svolto le seguenti tesi difensive:

A) Ha insistito sulla eccezione di inammissibilità dell’appello per l’omessa notifica.

B) Ha riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado deducendo:

l a acquiescenza del ricorrente rispetto alle clausole della "lex specialis" che prevedevano lo stralcio dei servizi del "multiservizio";

– la inammissibilità del ricorso per omessa impugnativa del provvedimento con il quale l’Azienda ha delegato la Regione Lazio ad esperire apposita gara per l’affidamento in convenzione del "multi servizio" presso le ASL regionali;

– la tardività della impugnativa rispetto alle clausole della "lex specialis" (dal momento che il ricorso risale al 26.9.2007, mentre la delibera di aggiudicazione risale al 31.1.2007), e rispetto anche allo stralcio (posto che il provvedimento dell’Azienda del 12.6.2007 è "meramente esecutivo di delibere di stralci già assunti e noti alla ricorrente principale…");

– la omessa impugnazione del paragrafo del capitolato di oneri denominato "disciplina d’oneri", che prevedeva la possibilità dello stralcio;

la omessa impugnazione degli atti relativi alla gara indetta dalla Regione Lazio relativamente al "multiservizio", che non potrebbe far conseguire alla ATI M. alcuna utilità, poiché ATI E. manterrebbe integra la aggiudicazione conseguita;

– la inammissibilità della impugnativa della deliberazione 12.6.2007, n. 498, trattandosi di atto che non costituisce esercizio di potere autoritativo e che pertanto non era suscettibile di autonoma impugnazione, trattandosi di atto "meramente dichiarativo" rispetto alla convenzione;

– la inammissibilità delle censure prospettate nei confronti della adesione alla convenzione da parte della Azienda, in relazione all’obbligo di legge che a questa era imposto in forza dell’art. 6 L.R. Lazio 3 agosto 2001, n. 16;

– la inammissibilità delle censure riguardanti la normativa di gara, in quanto clausole essenziali ai fini della determinazione della Azienda di indire la gara: l’annullamento di dette clausole travolgerebbe l’intera gara e la stessa aggiudicazione in favore di ATI M..

C) Ha poi riproposto i motivi del ricorso incidentale di primo grado con cui si contestava l’ammissione alla gara della controparte per difetto dei requisiti di ammissione e vizi della documentazione amministrativa, osservando che alla stregua del principio affermato dalla Adunanza Plenaria n. 11 del 2008 i motivi del ricorso incidentale avrebbero dovuto essere esaminati, poiché dall’accoglimento degli stessi deriverebbe la carenza di interesse e/o di legittimazione in capo alla ATI M..

Questi i motivi del ricorso incidentale:

1) illegittimità del bando di gara con cui l’Azienda ha indetto il pubblico incanto per contrasto con il bando della Regione Lazio e con la convenzione del 4.8.2006; conseguente illegittimità degli atti di gara e della aggiudicazione in favore di ATI M.;

2) illegittimità della deliberazione dell’Azienda 31.1.2007, n. 78; violazione del punto III.3, pag. 4 del bando della Regione Lazio pubblicato sulla G.U.R.I. n. 155/2003; incapacità della soc. M. di assumere servizi rientranti in lotti diversi da quello di aggiudicazione;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. IV.3 del bando di gara e degli artt. 5 e 7.2.1 n.10 del disciplinare di gara; violazione dell’obbligo di sopraluogo dei due plessi più consistenti dell’Azienda;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. III.2.1. lett.D, e III.2.3.lett.A del bando di gara; violazione e falsa applicazione art. 7.2.1. del disciplinare di gara; inidoneità della referenza bancaria prodotta dalla capogruppo M. per omessa attestazione della solvibilità dell’impresa;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. III.2.4. lett.E e dell’art. 7.2.1. n.9 del disciplinare di gara (omessa produzione da parte di M. di idonea certificazione di qualità);

6) violazione e falsa applicazione art. III.2.4.lett.B del bando di gara e art. 7.2.1. n. 12 del disciplinare di gara: ciò in relazione alla omessa documentazione dei servizi svolti negli ultimi tre anni;

7) violazione e falsa applicazione art. III.2.4. lett. D del bando di gara e art. 7.2.1. n. 14 del disciplinare di gara: ciò in quanto, mentre la "lex specialis" imponeva a ciascuna associata di indicare apposito responsabile per i "controlli di qualità", le imprese dell’ATI M. hanno invece delegato tali funzioni ad altre associate indicando i responsabili di queste ultime;

8) violazione e falsa applicazione dell’art. III.2.4. lett. E del bando di gara e art. 7.2.1. n. 15 del disciplinare di gara: in quanto le imprese di ATI M. non hanno dichiarato in modo idoneo e conforme a legge le misure adottate per garantire la qualità (il possesso di certificati o altra documentazione alternativa);

9) violazione art. 7.2.1. del disciplinare di gara, pag. 12, nella parte in cui prescrive la produzione del certificato del casellario e dei carichi pendenti per ciascuno dei soggetti indicati dall’art. 75, comma 1, lett. b) e c) D.P.R.n.554/1999; omessa produzione del certificato dei carichi pendenti relativo al sig. M., amministratore di M. E. cessato nell’ultimo triennio.

D) Ha contestato poi la fondatezza di tutti i motivi dedotti nell’atto di appello.

E) Infine ha sostenuto la intangibilità della convenzione e del contratto stipulato da ATI E., dal momento che l’appellante non ha mai chiesto né in primo grado, né nel giudizio di appello, di subentrare nell’appalto in questione; e la carenza di interesse all’annullamento degli atti impugnati, in assenza di domanda rivolta al risarcimento di eventuali danni conseguenti alla pretesa illegittimità degli atti impugnati.

Con una successiva memoria difensiva ATI M. ha controdedotto:

– che E. I. s.r.l. non può considerarsi estinta, ed è dunque da disattendere l’eccezione di inammissibilità dell’appello in quanto non notificato a C. I. s.p.a. per la considerazione che l’incorporazione per fusione di una società in un’altra non comporta l’estinzione del soggetto giuridico incorporato; che la nullità dell’impugnazione notificata a società estinta sarebbe comunque sanata con effetto ex tunc dalla costituzione della società incorporante; che ai sensi dell’art. 95 c.p.a. il giudice dovrebbe semmai ordinare la integrazione del contraddittorio;

– che sono inammissibili le eccezioni proposte da C. ai sensi dell’art. 101, 2° comma, c.p.a., perché non espressamente riproposte nell’atto di appello;

– che non può avere ingresso nel giudizio la nota dell’Ufficio Tecnico della Azienda depositata unitamente alla memoria di costituzione della stessa Azienda, depositata in data 16.2.2011, perché non rispetta il termine di 20 giorni liberi previsto dal c.p.a..

Alla pubblica udienza del 17 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Secondo quanto esposto in narrativa l’odierna appellante ATI M. ha impugnato nel giudizio di primo grado il provvedimento in data 31.1.2007 con il quale la Azienda USL Roma D, aderendo alla convenzione del ".Multiservizio Tecnologico" tra Regione Lazio e ATI E., per la gestione degli impianti tecnologici di una serie di strutture sanitarie della Regione, ha scorporato dall’appalto già aggiudicato ad ATI M. i servizi contemplati da detta convenzione (corrispondenti a più della metà del valore complessivo dell’affidamento originario), riducendo in tal modo l’oggetto dell’appalto alla sola manutenzione delle opere edili.

2. Preliminarmente deve essere disattesa la eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata da C. I. s.p.a. (società derivante dalla fusione per incorporazione di E. I. s.r.l. in Cofatech Servizi s.p.a.), la quale lamenta che il ricorso in appello sia stato notificato solo ad E. I. s.r.l., non più esistente al momento della proposizione dell’appello in quanto incorporata da Cofatech Servizi s.p.a., che ha poi assunto la denominazione di C. I. s.p.a..

Invero, come è stato ribadito anche in una recente pronuncia di questo Consiglio (vedi Cons. St. IV, 5 gennaio 2011, n. 18), e ciò sulla scia di una giurisprudenza ormai consolidata delle Sezioni Unite della Cassazione (da ultimo Cass., Sez. Un., n. 19509 del 2010), a seguito della modificazione dell’art. 2504 bis Cod. Civ., come operata dall’art 6 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la incorporazione per fusione di una società in un’altra non comporta l’estinzione del soggetto giuridico incorporato e l’insorgenza di un soggetto giuridico nuovo e distinto dal primo che succede a quest’ultimo a titolo universale. E ciò in quanto la fusione non è più prevista come evento determinante l’estinzione della società incorporata, bensì costituisce una "vicenda meramente evolutivomodificativa" del medesimo soggetto giuridico (non diversamente da quanto avviene con la trasformazione).

Ne deriva che ad E. I. s.r.l. va riconosciuta la condizione di legittimata passiva del rapporto processuale, e pertanto deve ritenersi rituale la notifica dell’atto di appello effettuata nei suoi confronti.

Giova comunque osservare che anche in sede di applicazione della normativa previgente in tema di fusione di società la giurisprudenza della Cassazione aveva sostenuto che la nullità della impugnazione notificata a società estinta perché incorporata a seguito di fusione era sanata d’ufficio dalla costituzione in giudizio della società incorporante, posto che con la costituzione l’atto aveva comunque raggiunto il suo scopo (in tal senso Cass. Civ. I, 28 maggio 2008, n. 14066 e giurisprudenza ivi citata). Dal che consegue che la avvenuta costituzione nel presente giudizio di C. I. s.p.a. avrebbe in ogni caso l’effetto di sanare la asserita nullità della notifica.

Alle considerazioni che precedono si deve aggiungere che nella sentenza impugnata la parte contro interessata risulta essere E. I. s.r.l., mentre non è fatta menzione di C. I. s.p.a.; sì che, a norma dell’art. 93, 1° comma, c.p.a., la notifica dell’appello appare eseguita correttamente nei confronti del soggetto "risultante dalla sentenza".

3. Accertata la regolare costituzione del rapporto processuale, il Collegio ritiene di poter prescindere per economia di giudizio dall’esame degli ulteriori profili di inammissibilità dell’atto di appello prospettati dalla resistente C. I. s.p.a. (alcuni dei quali sollevati per la prima volta), dal momento che i motivi di gravame sono comunque infondati.

4. Per una corretta valutazione di detti motivi occorre premettere:

a) che al momento in cui la USL Roma D ha indetto con delibera 16.2.2006 la gara d’appalto che ha visto aggiudicataria ATI M., era stato già deliberato dalla Regione Lazio con atto di Giunta 18.72003, n. 653, d’intesa con le ASL interessate (le quali avevano delegato la Regione alla indizione della gara) il bando per la gestione degli impianti tecnologici di una serie di strutture sanitarie, tra le quali la USL Roma D;

b) che l’appalto indetto dalla Regione era stato aggiudicato ad ATI E. con verbale del 22.9.2004, mentre la relativa convenzione non era stata ancora stipulata, pendendo ricorso davanti al Consiglio di Stato avverso gli atti della gara;

c) che all’art. 4 del Disciplinare di gara la USL Roma D aveva così precisato: " L’Azienda sanitaria si riserva, altresì, la facoltà di mutare l’entità degli interventi di manutenzione e dei servizi….Ciò soprattutto alla luce del fatto che l’appaltatore è pienamente edotto che l’Amministrazione regionale del Lazio ha indetto la gara del Multiservizio Tecnologico di cui al BURL del 20 agosto 2003, aggiudicato con la Determinazione n. C 1820 del 19.10.04 del Direttore del Dipartimento Economico Occupazionale della Regione. Pertanto l’Appaltatore dovrà rinunciare a servizi o parte di essi che eventualmente il contraente del Multiservizio Tecnologico Regionale dovrà svolgere dal momento della effettività del proprio contratto. Al riguardo l’Appaltatore rinuncia espressamente, con la presentazione dell’offerta per il presente appalto, a qualsiasi eccezione e/o riserva, anche in espressa deroga a quanto disposto dal Codice Civile al riguardo";

d) che clausole analoghe erano contenute nel Capitolato d’oneri alle voci "Disciplina dell’appalto" e "Oggetto ed importo dell’appalto". In quest’ultima si specificava: "….In caso che tale appalto regionale abbia corso ed interessi l’Azienda Sanitaria, saranno automaticamente esclusi i servizi tutti inerenti le manutenzioni ordinarie e/o straordinarie riguardanti gli impianti tecnologici, (o parte di essi ad insindacabile giudizio dell’Azienda Sanitaria) oggetto del Multiservizio Tecnologico. Di ciò il concorrente e, quindi, l’Appaltatore è pienamente edotto e non potrà in alcun modo avanzare riserve, eccezioni e/o richieste di indennizzi e compensi……"

e) che con provvedimento 31.1.2007, n.78 l’Azienda aggiudicava i servizi oggetto dell’appalto ad ATI M.;

f) che con delibera 12.6.2007, n.498 la stessa Azienda ha dato la sua adesione alla convenzione stipulata tra Regione ed ATI E. (a conclusione del contenzioso pendente davanti al Consiglio di Stato), procedendo allo scorporo di una parte dei servizi costituenti l’oggetto dell’appalto aggiudicato ad ATI M..

5.1. Ciò premesso, si può passare all’esame del primo motivo d’appello, con il quale ATI M. ripropone con diversa argomentazione la tesi della nullità della clausola contenuta nel Disciplinare di gara, già disattesa dal giudice di prime cure.

Se nel giudizio di primo grado l’odierno appellante aveva sostenuto la tesi della incapacità di diritto privato della Azienda di poter prevedere una clausola siffatta perché in violazione di norme pubblicistiche, a fondamento della nuova prospettazione si adduce che la clausola in questione darebbe luogo ad una "condizione meramente potestativa" in quanto riconosce all’ente pubblico un insindacabile potere di modificazione dell’oggetto dell’appalto, e pertanto dovrebbe considerarsi nulla ai sensi dell’art. 1335 Cod.Civ..

Al riguardo deve però osservarsi che nessun potere di modifica è stato esercitato dalla stazione appaltante. A ben vedere infatti questa si è limitata ad applicare la disciplina di gara che già conteneva in sé la condizione di una successiva riduzione dell’oggetto dell’appalto a seguito del verificarsi di una situazione di maggiore economicità per l’Amministrazione, vale a dire l’attivazione del Multiservizio Tecnologico per effetto della gara indetta dalla Regione.

Si aggiunga che si può parlare di "condizione meramente potestativa" laddove il suo avveramento dipenda unicamente dal mero arbitrio della parte: Ma nella vicenda in esame non può dirsi che la stazione appaltante abbia esercitato unilateralmente ed arbitrariamente il potere di modificare le condizioni del contratto, posto che lo stralcio di una parte dei servizi, previsto dalla clausola del Disciplinare, non è dipeso dall’arbitrio della Azienda, bensì dalla attivazione del Multiservizio Tecnologico; e che tale circostanza, oltre a non dipendere unicamente dalla Azienda, era ben conosciuta da tutti i concorrenti, compresa l’odierna appellante la quale, partecipando alla gara, aveva dimostrato di accettarne le condizioni.

Con altro profilo del primo motivo l’appellante lamenta la violazione dell’art. 53, comma 4, del codice dei contratti, secondo il quale nei contratti stipulati "a corpo" il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione. Ma la doglianza è priva di pregio in quanto nessuna modifica del prezzo è stata effettuata dalla stazione appaltante, essendosi solo manifestata l’esigenza di un ricalcolo del prezzo dell’appalto in relazione allo scorporo effettuato a seguito della adesione della Azienda alla convenzione regionale.

5.2. Con il secondo motivo di gravame l’appellante lamenta anzitutto che lo stralcio dei servizi operato dalla Azienda configurerebbe una ipotesi di rinegoziazione dell’appalto, non consentita dall’ordinamento.

In realtà la stazione appaltante non ha operato alcun tipo di rinegoziazione, né ha mutato le condizioni del contratto. Come già rilevato, essa si è limitata ad applicare il disposto dell’art. 4 del Disciplinare provvedendo al riconteggio del prezzo dei servizi di manutenzione edile residuati in capo ad ATI M. a seguito dello scorporo dell’appalto, e ciò sulla base dei valori indicati nella stessa offerta.

La circostanza poi che l’adesione alla convenzione sia successiva alla aggiudicazione dell’appalto in favore di ATI M. non rende affatto irragionevole il "modus operandi" dell’Azienda, essendo stato già evidenziato che gli atti di gara attribuivano alla stazione appaltante il potere di annullare o revocare all’appaltatore "in qualsiasi momento" i servizi tecnologici ricompresi nel Multiservizio Tecnologico.

Quanto infine al rilievo che l’appellante sarebbe stata la sola impresa a ricevere un concreto pregiudizio dal provvedimento di scorporo, non può che ribadirsi la conclusione cui è pervenuto il primo giudice, vale a dire che la clausola del Disciplinare recante la previsione di una "riduzione" dell’appalto non ha alterato la "par condicio", poiché tutti i concorrenti si sarebbero trovati nella medesima situazione al verificarsi della condizione prevista da detta clausola.

5.3. Infondato è anche il terzo motivo d’appello con il quale l’istante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’adesione alla convenzione regionale costituisse atto vincolato.

Invero, stante il preventivo accordo intercorso tra Azienda e Regione per la indizione della gara diretta alla attivazione del Multiservizio Tecnologico, e la conseguente obbligazione assunta dalla stessa Azienda di aderire alla stipulando convenzione regionale -della quale peraltro si era dato atto sia nel Disciplinare di gara che nel Capitolato d’oneri- la intervenuta convenzione per il Multiservizio Tecnologico vincolava l’Azienda a prestarvi la propria adesione

Anche a non voler tener conto della asserita convenienza dell’Azienda a fruire del Multiservizio (come si desume dalla relazione dell’Ufficio Tecnico della Azienda: vedi nota 21.1.2011, prot. n.5773 allegata alla memoria difensiva della Azienda), va sottolineato che nella delibera di Giunta regionale 18.7.2003, n.653 che indiceva la gara per il Multiservizio si dava atto dell’apposito protocollo di intesa del 9.10.2001 con cui anche la ASL Roma D, al pari di altre ASL, si era impegnata "ad aderire agli accordi quadro in ambito regionale delegando la Regione Lazio alla stipula di specifici contratti".

In definitiva gli impegni assunti dalla Azienda le imponevano di aderire alla convenzione regionale, e di procedere conseguentemente allo scorporo di una parte dei servizi oggetto dell’appalto aggiudicato ad ATI M..

E’ inoltre priva di pregio anche la censura che si appunta su una asserita carenza di motivazione del provvedimento impugnato, il quale ha avuto cura di motivare in termini di convenienza la adesione alla convenzione regionale, quantunque la stessa costituisse un atto dovuto.

5.4. Infine è infondato il quarto e ultimo motivo di appello riferito alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Invero, a norma di quanto statuito dall’art. 21octies L. n. 241/1990, siffatta omissione non può comportare alcuna illegittimità dal momento che il provvedimento impugnato, con il quale si procedeva allo scorporo dell’appalto, non avrebbe potuto avere un diverso contenuto dispositivo, trattandosi di atto vincolato in relazione agli impegni assunti dall’Azienda ed accettati dalla stessa appellante.

6. La infondatezza dell’appello principale proposto da ATI M., per le considerazioni che precedono, esime il Collegio dall’esame dei motivi prospettati nell’appello incidentale di C. I. s.p.a., che deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

7. Per quanto suesposto l’appello principale deve essere respinto, mentre va dichiarato improcedibile l’appello incidentale.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; dichiara improcedibile l’appello incidentale.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio in favore delle parti resistenti liquidandole nella misura complessiva di euro 3.000,00 (tremila/00), da ripartirsi in parti uguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Luigi Lodi, Presidente

Lanfranco Balucani, Consigliere, Estensore

Marco Lipari, Consigliere

Salvatore Cacace, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *