Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-07-2011) 01-08-2011, n. 30516

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. C. e G.G. venivano raggiunti il 13.2.2010, in Arpaia (Benevento), da decreto di fermo emesso nei loro confronti dal Pubblico ministero, in funzione di componente la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, per i reati di esercizio abusivo di attività finanziaria, usura continuata, e tentata estorsione, tutti aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 sotto l’aspetto dell’avvalimento di modalità mafiose.

Il 15 febbraio 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento, rigettava sia la richiesta di convalida sia la richiesta di emissione di misura cautelare osservando, quanto alla prima, che non v’era prova di pericolo di fuga; quanto alla seconda, che l’ipotesi accusatola riposava esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, insufficienti a fondare un grave quadro indiziario dal momento che non avevano trovato alcuna conferma nelle intercettazione e nelle perquisizioni; che non emergeva, in ogni caso, alcuna ragione d’urgenza perchè dovesse provvedere sulla richiesta di misura il giudice territorialmente incompetente.

Dichiarava quindi la propria incompetenza, individuando come giudice competente, ai sensi degli artt. 51 e 328 cod. proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli.

2. Il Pubblico ministero rinnovava la richiesta di misura cautelare al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, che con l’ordinanza in epigrafe propone conflitto affermando che i fatti non potevano ritenersi rientranti nella competenza del Tribunale in funzione distrettuale ex art. 328, comma 1-bis, in relazione all’art. 51 c.p.p., comma 3-bis.

Contrariamente a quanto ritenuto dal G.i.p. di Benevento, il G.i.p. del Tribunale distrettuale di Napoli ritiene in particolare che sussistano a carico degli indagati gravi indizi in ordine alla commissione dei reati di usura e tentata estorsione; non però per l’aggravante contestata, dalla quale discenderebbe l’individuazione della competenza distrettuale.

I fatti non risultavano difatti a suo avviso caratterizzati da metodologia prettamente camorristica; il riferimento all’intervento di persone "di Marcianise" che avrebbero costretto la persona offesa a pagare il pattuito era generico e non bastava ad integrare l’avvalimento delle condizioni dell’art. 416-bis cod. pen., dal momento che non era fatto cenno specifico a clan operativi in quella zona o a soggetti di elevato e rinomato spessore camorristico; non risultava inoltre alcun accertamento o controllo utile ad individuare un qualche collegamento tra gli indagati e soggetti legati a consorterie camorristiche operanti nella zona di Marcianise.

Motivi della decisione

1. Sussiste materia di conflitto ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen. giacchè entrambi i giudici investiti della richiesta di misura cautelare hanno declinato la propria competenza. E il conflitto va risolto dichiarando la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in funzione distrettuale ai sensi dell’art. 328, comma 1-bis, in relazione all’art. 51 c.p.p., comma 3- bis.

2. Stando alle contestazioni, parenti della persona usurata, e in particolare sua madre, erano stati minacciati con frasi del tipo "allora devo dire a quelle persone che Peppe lo devono andare a prendere"; "sono persone di Marcianise e non sono persone buone";

"non avete capito che vostro figlio può anche morire"; "gli mando quella gente (riferendosi a quelli di Marcianise) che gli mettono una corda in ganna". Tali espressioni rappresentano, secondo i capi d’imputazione, tipiche forme d’intimidazione mafiosa, evocando l’interesse e il possibile intervento criminale di gente di Marcianise.

Sostiene il Giudice per le indagini preliminari che ha proposto conflitto, che da tali espressioni non emerge però alcun riferimento a clan camorristici nè risultavano collegamenti degli indagati con tali clan. 3. Occorre dunque premettere che, ai fini della determinazione della competenza, la Corte di cassazione non è vincolata dal normale limite istituzionale del divieto di valutazione del merito, ma ha anzi il potere-dovere di esaminare anche sotto tale profilo le risultanze processuali, come d’altronde inequivocabilmente emerge dall’art. 32, comma, ultimo periodo, che assegna alla Corte anche il potere di assumere informazioni e acquisire atti o documenti che ritenga necessari (cfr., tra moltissime, Sez. 1, sent. n. 666 del 26/01/1999, Confl. comp. in proc. Grenci).

La Corte non può dunque non rilevare che esistono molti documenti ufficiali, costituiti non solo da sentenze, ma anche da atti parlamentari e di Governo, che consentono di ritenere acquisito al notorio che Marcianise è da tempo considerata luogo emblematico del radicamento territoriale di sanguinarie organizzazioni criminali di stampo camorristico. In risposta a interpellanza, nella Seduta parlamentare n. 374 del 16/10/2003 già si ricordava che qui nel gennaio del 1998 il Prefetto ebbe addirittura a proclamare il coprifuoco, qui che si sono succeduti emblematici omicidi di camorra, qui era egemone il gruppo Belforte, legato alla conserteria dei casalesi. Persino in relazione agli organismi politici locali di Marcianise sono state in tempi non lontani ipotizzate forme di condizionamento mafioso-camorristico (Consiglio dei Ministri n. 96 del 19 Marzo 2008).

La prospettazione secondo cui la minaccia di punizioni ad opera delle persone "non buone" di Marcianise, evocando l’intervento delle forze di camorra di quella terra era sufficiente a creare intimidazione e a forzare l’assoggettamento degli usurati, secondo tipiche modalità mafiose, non può perciò ritenersi palesemente priva di base fattuale. E non interessa in questa sede stabilire i fondamenti reali di tale evocazione, perchè l’aggravante del metodo mafioso può essere realizzata anche dal semplice impiego di tale metodo, a prescindere dall’esistenza o dall’appartenenza al sodalizio (Sez. U, Sentenza n. 10 del 28/03/2001, Cinalli).

E tanto è sufficiente per affermare che alla luce delle dichiarazioni delle persone offese non può ritenersi scorretta l’iscrizione della notizia di reato come aggravata ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 3. Le considerazioni in punto di competenza non rilevano, ovviamente, ai fini della colpevolezza per i reati contestati, e neppure possono essere perciò condizionate dalla eventuale insussistenza di gravi indizi di colpevolezza.

La mancanza o l’insufficienza di prove per i delitti ipotizzati dal Pubblico ministero non basta, in altri termini, a determinare di per sè uno spostamento di competenza, perchè questa dipende dalla prospettazione accusatoria per come è formulata e appare argomentata, ovverosia sulla base della sua correttezza formale e della sua coerenza con i dati che asseritamente la sostengono; e va distinta dall’aspetto relativo alla verifica della fondatezza della ipotesi d’accusa, che può determinare l’accoglimento o il rigetto della domanda formulata dall’accusa.

E’ d’altra parte affermazione consolidata che quando la risoluzione di un conflitto di competenza dipende dalla determinazione del titolo del reato o dalla sussistenza di una circostanza aggravante e allo stato degli atti, in base alla valutazione sommaria delle acquisizioni probatorie, non appaia manifestamente insussistente la più grave delle ipotesi prospettate, il conflitto va risolto ritenendo la competenza del giudice superiore, il quale è in grado di decidere definitivamente sull’esatta configurazione giuridica del fatto e di contestare eventuali aggravanti con il sussidio offerto dall’acquisizione e dal vaglio di ulteriori elementi di giudizio, senza che gli sia precluso pronunciarsi, ove occorra, anche sul reato meno grave (tra molte: Sez. 1, sent n. 666 del 26/01/1999, cit.; Sez. 1, sent. n. 6018 del 18/11/1996, Sibilloni; Sez. 1, Sent. n. 1420 del 23/03/1994, Sibilloni).

P.Q.M.

Dichiara la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, cui dispone trasmettersi gli atti.

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