Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-07-2011) 01-08-2011, n. 30509 Affidamento in prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5 novembre 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Trento ha dichiarato l’esito negativo fin dalla data d’inizio (29 luglio 2009) dell’affidamento in prova in casi particolari concesso a P.S. dal medesimo Tribunale con ordinanza del 29 giugno 2009. 2. Il Tribunale di Sorveglianza ha rilevato che il P., condannato in via definitiva per il reato di guida in stato di ebbrezza, aveva concluso il periodo di affidamento in prova il 28 gennaio 2010 e che già il 9 febbraio 2010 e quindi a distanza di pochi giorni dallo scadere dell’affidamento, era stato sorpreso dalla polizia municipale alla guida del suo motociclo in stato di ebbrezza;

nel successivo mese di marzo si era sottratto ad una fase residenziale del programma, omettendo il ricovero disintossicante in ospedale e la successiva collocazione in comunità; nei successivi mesi di agosto e settembre era stato per due volte sorpreso alla guida di un motociclo in stato di ebbrezza, commettendo per di più i reati di guida senza patente, per essergli stata la stessa revocata e di utilizzo di un veicolo sottratto al vincolo del sequestro.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Trento ricorre per cassazione P.S. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione di legge e motivazione manifestamente illogica, in quanto il periodo di affidamento in prova disposto nei suoi confronti dal Tribunale di sorveglianza dal 29 luglio 2009 al 28 gennaio 2010 era trascorso in maniera positiva, tanto che il Magistrato di sorveglianza di Trento aveva chiesto il 12 marzo 2010 al Tribunale di sorveglianza di volere dichiarare estinta la pena per il positivo esito dell’affidamento in prova; pertanto il Tribunale erroneamente si era avvalso, per formare il proprio convincimento, di fatti avvenuti posteriormente alla fine del periodo di affidamento in prova di riferimento; sarebbe stato invero necessario, al fine di dichiarare l’esito negativo dell’affidamento, la commissione da parte sua di violazioni particolarmente gravi commesse dopo la fine temporale dell’affidamento in prova e prima della dichiarazione di estinzione della pena; al contrario nella specie il comportamento da lui tenuto non era stato così grave, siccome in parte giustificato dall’essere stato egli colpito da un grave lutto, consistito nella perdita dell’anziana madre con lui convivente.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da P.S. è infondato.

2. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito la distinzione tra revoca dell’affidamento in prova e valutazione negativa del periodo di prova, trattandosi di istituti regolati da diverse disposizioni della legge penitenziaria e contraddistinti da peculiari caratteristiche strutturali.

La revoca dell’affidamento in prova ha natura sanzionatoria ed ha effetto impeditivo dell’ulteriore svolgimento dell’esperimento della prova, sul presupposto dell’incompatibilità dello stesso con la condotta tenuta dal condannato (art. 47, comma 11, Ord. Pen.); essa non può pertanto se non intervenire nel corso della prova, di cui determina la cessazione. Al contrario la valutazione dell’esito negativo dell’affidamento (art. 47, u.c., Ord. Pen.) attiene necessariamente all’intero periodo di prova già concluso, dovendosi con essa valutare globalmente l’atteggiarsi del condannato durante lo svolgimento dell’intero periodo di prova, per decidere se sia o meno avvenuto il recupero sociale del condannato; è quindi necessario accertare elementi di comportamento, tali da poter escludere che vi sia stato, da parte del condannato, solo una parentesi di sterile adesione alle prescrizione ed ai canoni formali della buona condotta, dovendosi al contrario poter ritenere che sia avvenuta la sua rieducazione ai fini del suo reinserimento nella società. 3. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di sorveglianza di Trento ha valutato negativamente l’affidamento in prova espletato dal ricorrente, avendo formulato un giudizio negativo riferito all’intero periodo e dopo la scadenza dello stesso, avendo esplicitamente ritenuto in motivazione il fallimento della prova, per aver ravvisato nella commissione di altri reati l’indice sicuro della mancata risocializzazione del condannato.

Ritiene questa Corte che tale valutazione negativa ben possa trovare basi giustificativa in condotte compiute dal condannato non durante il periodo esperimento, ma in epoca successiva alla scadenza dello stesso. Si osserva invero che comportamenti posti in essere dal condannato in epoca successiva all’esaurimento del periodo di affidamento, sebbene non siano mai idonei a giustificare la revoca della misura alternativa ormai conclusa, ben possono tuttavia essere apprezzati quali indici sintomatici dell’esito dell’esperimento, a condizione che essi intervengano, come nel caso in esame, prima che il Tribunale di sorveglianza abbia formulato il giudizio relativo al detto esito, e che, inoltre, escluso ogni automatismo, tali comportamenti vengano ritenuti realmente significativi, per la loro gravita, del mancato recupero sociale del condannato; occorre cioè che la valutazione sia compiuta, caso per caso, con un apprezzamento globale all’interno del quale tener conto da un lato della condotta del condannato durante l’esecuzione della prova e dall’altro dell’effettiva entità del fatto successivo, della distanza cronologica dalla scadenza dell’affidamento e dell’eventuale collegamento di esso con le modalità di espletamento dell’affidamento in prova.

Invero l’effetto estintivo della pena scaturisce dall’esito positivo della prova, cioè dai risultati che, sul piano dell’emenda, l’esperienza della misura hanno consentito al condannato di conseguire; ed in tale prospettiva anche i comportamenti successivi possono formare oggetto di valutazione, sempre che tali comportamenti presentino caratteristiche tali da saldarsi con la condotta tenuta ed all’esperienza maturata nel corso della prova, in un unico contesto finalisticamente orientato all’integrale recupero del condannato, recupero che costituisce il reale obiettivo della misura.

Il Tribunale sorveglianza quindi, al termine dell’esperimento, non deve limitarsi a riscontrare il formale ossequio del condannato alle prescrizioni impartite ma deve tener conto di qualsiasi elemento fattuale seriamente sintomatico del mancato raggiungimento delle finalità cui è destinata la misura; deve trattarsi cioè di fatti e comportamenti i quali, pur non riconducibili storicamente al periodo temporale della prova, si appalesino tuttavia, per la loro qualità e gravita, significativi ed in grado di illuminare retrospettivamente il processo rieducativo del condannato al fine del suo reinserimento sociale e dell’auspicata prognosi di non recidivanza; ed il Tribunale di sorveglianza, nell’ipotesi in cui, dopo il periodo di prova, sia stato commesso dal condannato un reato per il quale non sia stata ancora pronunciata condanna irrevocabile, deve autonomamente delibare il fatto per accertarne sia la reale attribuibilità al condannato che la consistenza di elementi idonei a ricondurre la matrice al pregresso espletamento della prova e quindi per determinarne la concreta incidenza sul giudizio di recupero sociale (cfr. Cass. SS.UU. n. 10530 del 27/02/2002 dep. 13/03/2002, imp. Martola, Rv.

220878).

4. Nel caso in esame la valutazione negativa dell’esito dell’affidamento in prova è stata correttamente effettuata dal Tribunale di sorveglianza di Trento con riferimento all’intero periodo di svolgimento della stessa.

Il Tribunale invero, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome conforme ai canoni della logica e della non contraddizione, ha sottolineato come le condotte contestate al ricorrente (guida di motoveicolo in stato di ebbrezza; guida di motoveicolo senza patente di guida; uso di motomezzo compendio di sequestro) sono state contestate al ricorrente in epoca immediatamente successiva alla conclusione della prova (la prima di esse successiva di pochi giorni); che si è trattato di fatti particolarmente significativi, i quali avevano trovato le proprie radici in epoca precedente e concomitante alla misura alternativa disposta nei suoi confronti e quindi sorretta da motivi a delinquere che la misura stessa non aveva in alcun modo permesso di superare, 5. Il ricorso proposto da P.S. va pertanto respinto, con sua condanna, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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