Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-12-2011, n. 28292 Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 25 maggio 2006 C.S., premesso di essere rimasto coinvolto con il proprio automezzo in un sinistro stradale, verificatosi il (OMISSIS), conveniva in giudizio S. e F.R., rispettivamente proprietario e conducente di un autocarro, la srl Trio e R.A., proprietario e conducente di un altro autocarro, nonchè la Cattolica Assicurazioni e la Axa Assicurazioni, assicuratrici rispettivamente del primo e del secondo autocarro, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti. In esito al giudizio, in cui rimanevano contumaci i F., il Tribunale adito rigettava la domanda risarcitoria avanzata dal C., il quale avverso tale decisione proponeva appello. In esito al giudizio, la Corte di Appello di Lecce accoglieva per quanto di ragione l’impugnazione compensando le spese di primo grado tra le parti costituite, dichiarandole irripetibili rispetto a quelle contumaci, e confermando nel resto l’impugnata decisione con sentenza depositata in data 11 settembre 2008. Avverso la detta sentenza il C. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo. Resistono con controricorso la Axa Assicurazioni e la Cattolica Assicurazioni, la quale a sua volta propone ricorso incidentale.

Motivi della decisione

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Ciò posto, deve rilevarsi che con l’unica doglianza proposta, deducendo il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 2947 c.c., comma 3, il ricorrente principale ha censurato la tesi della Corte di Appello secondo cui sarebbe applicabile alla fattispecie la prescrizione biennale di cui alla norma citata. Invero, la Corte d’appello – questa, in sintesi, la doglianza del ricorrente principale – avrebbe errato nel ritenere che il diritto al risarcimento danni conseguente ad illecito civile, che integra gli estremi del fatto-reato, in assenza di querela, si prescriva nel termine di due anni dalla data di scadenza del termine per la presentazione della querela mentre avrebbe dovuto ritenere che la prescrizione si matura invece nel più lungo termine di cinque anni previsto dall’art. 2947 c.c., comma 3 a decorrere dalla data del fatto.

La doglianza è fondata. Come è noto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente composto il precedente contrasto giurisprudenziale alla luce del seguente principio di diritto: "Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato, si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto – reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto, atteso che la chiara lettera dell’art. 2947 c.c., comma 3, a tenore della quale "se il fatto è considerato dalla legge come reato", non consente la differente interpretazione, secondo cui tale maggiore termine sia da porre in relazione con la procedibilità del reato" (Sez. Un. n. 27337/08). Giova aggiungere che, nella motivazione della sentenza, le Sezioni Unite hanno quindi sottolineato che " E’ appena il caso di ricordare che in relazione al dies a quo per la decorrenza della prescrizione, sinteticamente indicato nell’art. 2947 c.c., comma 1, nella locuzione "giorno in cui il fatto si è verificato", rimangono validi i principi già fissati da queste S.U. con le sentenze 11.1.2008, n. 576, 580 e 582, ed altre in pari data, con riferimento al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto (o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche) sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato".

Alla stregua del principio di diritto sopra riportato, al quale questo Collegio intende uniformarsi non ricorrendo ragioni contrarie per discostarsene, la censura in esame merita di essere condivisa.

Nè vale osservare in senso contrario che "in assenza di una espressa richiesta rivolta al giudice, quest’ ultimo non è sarebbe, tenuto ad accertare di propria iniziativa alcuna fattispecie giuridicamente rilevante" (così la controricorrente Cattolica, cfr pag. 3 del controricorso), e non potrebbe accertare l’esistenza del fatto-reato al fine di verificare la sussistenza dei presupposti richiesti per l’applicabilità dell’art. 2947 c.c., comma 3.

Ed invero, l’argomento non è convincente, alla luce della considerazione che la questione relativa all’applicabilità di uno specifico termine di prescrizione (nella specie, quello indicato al comma 3 invece che all’art. 2947 cod. civ., comma 2) attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge. Con la conseguenza che, come ha già avuto modo di affermare questa Corte, costituisce una rilevazione che non è riservata al monopolio della parte ma può avvenire anche d’ufficio, (cfr Cass. 4238/011). Invero, la determinazione della durata prescrizionale, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una "quaestio iuris" concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge, (cfr Sez. Un. 10955/02).

Ne consegue che in applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sez. Un. n. 27337/08, il ricorso principale merita di essere accolto, ritenendosi in essa assorbito il ricorso incidentale, proposto dalla Cattolica di Assicurazione, fondato sulla pretesa violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 per avere la Corte territoriale disposto l’integrale compensazione delle spese tra le parti senza esplicitarne i motivi. Ne consegue che la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto con rinvio della causa alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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