Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-07-2011) 01-08-2011, n. 30500

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza 16 – 23.09.2010 il Tribunale monocratico di Ascoli Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto, in funzione di giudice dell’esecuzione e pronunciando in sede di opposizione, respingeva l’istanza di P.A. di applicazione dell’indulto ex L. n. 241 del 2006 sulla pena di cui a sentenza 20.02.2004, rilevando la sussistenza di condizione ostativa per avere detto P. commesso in data (OMISSIS) delitto per cui riportava condanna definitiva a pena detentiva superiore ad anni due.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo: il condono poteva essere concesso perchè la sentenza, cui doveva essere applicato, era diventata definitiva dopo la commissione del reato che ne avrebbe determinato la revoca.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiaro inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Ed invero è del tutto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità – che qui va richiamata e ribadita – che la presenza, già accertata, di una sentenza di condanna che comporterebbe la revoca dell’indulto, ne diventa condizione ostativa, non potendo ammettersi la concessione concreta del beneficio che dovrebbe contestualmente essere revocato (in tal senso cfr., ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 1, n. 15462 in data 31.03.2010, Rv. 246842, Jouini;

ecc.).

Nè rileva – come erroneamente sostiene il ricorrente – la data di irrevocabilità della sentenza in questione, essenziale essendo la data di commissione del reato che in concreto impone la revoca in quanto commesso nel quinquennio (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 1848 in data 09.12.2008, Rv. 242725, P.G. in proc. Romano), così determinando la condizione negativa di legge.

In definitiva il ricorso, manifestamente infondato, risulta inammissibile, ex art. 591 c.p.p. e ex art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria d’inammissibilità segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille/00) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso proposto in termini palesemente infondati (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente P. A. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille/00) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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