Cons. Stato Sez. VI, Sent., 05-09-2011, n. 4987 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 31 maggio 2004 e depositato il 10 giugno 2004, i signori F. B., T. D. e R. M. chiedevano la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 553/04 del 13 febbraio 2004, con la quale era stato accolto l’appello dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) avverso una sentenza di annullamento – n. 1749/97, emessa dal Tribunale amministrativo del Lazio, Roma, sez. III – riferita al ricorso proposto da alcuni avvocati dell’ente per l’accertamento del diritto al computo, ai fini dell’indennità di buonuscita e del trattamento integrativo di previdenza, dell’indennità professionale di toga e degli onorari legali (da valutare in base all’ultima retribuzione annua degli onorari stessi e non alla media dell’ultimo triennio). Nella sentenza era stata ritenuta fondata la pretesa diretta al riconoscimento, ai fini anzidetti, degli onorari legali, quale "emolumento (…) ormai entrato a far parte in via generale, a termine degli articoli 26, comma 4 della legge n. 70/1975 e 30, comma 2, del D.P.R. n. 411/1976, dello stipendio ordinario del personale professionale legale degli enti pubblici, di cui alla stessa legge n. 70". Detta quota onorari, pertanto, avrebbe dovuto seguire la stessa sorte del restante trattamento, nel senso che anch’essa, oltre ad essere variabile nel tempo ai fini pensionistici (in applicazione della cosiddetta "clausola oro", posta dall’art. 30 del regolamento) avrebbe dovuto essere calcolata in base all’importo percepito dagli interessati nell’ultimo anno di servizio, ovvero in base al parametro dell’"ultima retribuzione annua spettante". Ugualmente fondata era ritenuta la questione relativa alla cosiddetta indennità di toga, introdotta dall’art. 14, comma 17, d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, da includere nella retribuzione pensionabile "per la misura annua lorda prevista in ragione dei (…) livelli di iscrizione all’albo professionale di ciascun ricorrente all’epoca della cessazione dal servizio", con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle differenze dovute, con interessi e rivalutazione monetaria nei limiti legislativamente previsti.

In sede di appello, l’INAIL contestava la sentenza, ma"limitatamene all’accertamento del diritto (…) al computo, ai fini dell’indennità di quiescenza e previdenza, dell’indennità di toga", di cui avrebbe dovuto essere escluso il carattere stipendiale. Nella sentenza con cui il Consiglio di Stato accoglieva l’appello (sez. VI, n. 553/04 del 13 febbraio 2004) si attribuivano invece all’ente i seguenti motivi di gravame (con finale accoglimento del primo e del terzo di essi):

I) correttezza del criterio di calcolo della quota onorari – e della conseguente riliquidazione del 20% riscosso in capitale – in base alla media degli ultimi tre anni di servizio;

II) variabilità della quota onorari solo in presenza di provvedimenti a carattere generale, ovvero riferiti a tutto il personale, come precisato dall’art. 30 del regolamento del 1969;

III) carattere non stipendiale dell’indennità di toga, come espressamente previsto dalle relative norme regolatrici.

Col ricorso per revocazione in esame gli originari ricorrenti contestavano la violazione dell’art. 395, nn. 4 e 5 Cod. proc. civ., risultando la decisione del Consiglio di Stato fondata in parte sull’erroneo presupposto di motivi di gravame, in realtà insussistenti, ed in parte (relativamente all’indennità di toga) su argomentazioni non rispondenti alle "puntuali confutazioni espresse nella memoria" dei ricorrenti stessi.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che il ricorso per revocazione in esame sia solo in parte fondato.

Deve ritenersi pacifico che costituisca errore di fatto, idoneo a sostenere il giudizio revocatorio, in effetti, il travisamento dovuto a mera svista, ovvero un cosiddetto "abbaglio dei sensi" che, con carattere di evidenza, induca a considerare inesistenti circostanze indiscutibilmente esistenti o viceversa. Non può non rientrare in tale ambito l’erronea percezione di una realtà processuale, non soggetta ad interpretazione ma a mero riscontro oggettivo (in claris non fit interpretatio). Solo ove un apprezzamento, in punto sia di fatto che di diritto, fosse invece possibile risulterebbe individuabile un errore di giudizio, che costituisce motivo non di revocazione, ma di eventuale censurabilità della pronuncia in Corte di Cassazione, per motivazione contraddittoria o insufficiente, ex art. 360, n. 5 Cod. proc. civ. (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 17 maggio 2010, n. 2; IV, 12 settembre 2007, n. 4833).

Nel caso di specie, l’erronea percezione indicata appare senz’altro riferibile alla sentenza n. 553/04, nella parte in cui vengono esaminate e decise questioni estranee all’oggetto dell’impugnativa (con particolare riguardo al calcolo annuale o triennale della "quota onorari"). Tali questioni non vengono infatti valutate in deroga al principio di cui all’art. 329, secondo comma, Cod. proc. civ., applicabile anche al processo amministrativo (tantum devolutum quantum appellatum: cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 13 ottobre 2003, n. 6195; V, 18 febbraio 2003, n. 856), ma con esplicito riferimento a motivi di gravame, che nella medesima sentenza si attribuiscono all’INAIL, in palese contrasto con il reale contenuto dell’atto di appello.

Tale capo della decisione deve pertanto essere revocato, essendosi formato – sulle parti della sentenza di primo grado, non rese oggetto di impugnativa – il giudicato parziale.

Ad opposte conclusioni il Collegio perviene, invece, per quanto riguarda l’indennità di toga, della quale la sentenza n. 553/04 in esame esclude il carattere stipendiale, con approfondita disamina della normativa di riferimento, di modo che le argomentazioni al riguardo svolte dagli attuali ricorrenti appaiono estranee ai contenuti della revocazione e tali da costituire un’inammissibile contestazione del contenuto del giudizio. Non può costituire causa di revocazione, in particolare, il discostamento del giudice dal percorso argomentativo dell’impugnativa, quando la valutazione dei presupposti di fatto e di diritto della questione controversa appaia completa, o comunque tale da far ritenere assorbite alcune tesi difensive (come avvenuto, nel caso di specie, per prospettate esigenze istruttorie e dubbi di costituzionalità, il cui superamento appare implicito nella compiuta rappresentazione della ratio e degli effetti dell’art. 14, comma 17 d.P.R. 13 gennaio 1990, n. 43, come interpretato dalla prevalente giurisprudenza).

Il Collegio ritiene pertanto, in conclusione, che debbano disporsi la parziale revocazione della sentenza di cui trattasi e, in riforma della medesima, l’accoglimento dell’appello limitatamente all’inclusione nella base retributiva pensionabile della cosiddetta indennità di toga, con conferma della sentenza di primo grado per le altre questioni nella medesima trattate, non rese oggetto di impugnativa. Quanto alle spese giudiziali, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto dell’esito solo in parte favorevole del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso per revocazione indicato in epigrafe e, in riforma della sentenza da revocare, accoglie il ricorso in appello n. 3641/98 nei termini precisati in motivazione. Compensa le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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