Cons. Stato Sez. III, Sent., 06-09-2011, n. 5017 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la decisione 17 gennaio 2011, n. 227 il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, in riforma della sentenza del TAR Campania, Napoli, Sez. I, n. 13720/2010, respingeva il ricorso introduttivo proposto avverso lo scioglimento del Consiglio comunale di San G. Vesuviano dai componenti della disciolta Amministrazione.

Avverso l’anzidetta decisione questi ultimi hanno avanzato ricorso in revocazione, adducendo la sussistenza dei presupposti cui all’art. 395, nn. 3, 4, 5 C.P.C.sotto i seguenti profili:

1) il Consiglio di Stato ha fondato la sua decisione sulla supposizione della esistenza di un fatto, quale l’incontro tra il dott. A. (candidato Sindaco alle elezioni comunali) e C. A. (esponente di un clan camorristico), finalizzato a concordare un sostegno elettorale in cambio della attribuzione di incarichi nella nuova Amministrazione comunale, nonostante che l’esistenza di tale incontro fosse stata incontrovertibilmente esclusa dal giudice penale con sentenza del Tribunale di Nola del 30.9.2009;

2) solo dopo la pubblicazione della decisione del Consiglio di Stato i ricorrenti hanno potuto acquisire copia della ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli il 30.12.2006 nei confronti di C. A., e copia degli interrogatori resi da quest’ultimo alla Direzione distrettuale antimafia nel 2007, da cui emerge che quanto affermato nella relazione della Commissione d’accesso, e cioè che tali atti di indagine attesterebbero l’esistenza di contatti tra il C. e in candidato Sindaco, non corrisponde al vero;

3) nella decisione oggetto dell’istanza di revocazione l’attività compiuta dalla Amministrazione comunale con riferimento agli affidamenti del servizio smaltimento rifiuti è stata ritenuta sintomatica di un condizionamento camorristico degli amministratori, nonostante l’esistenza di altra decisione del Consiglio di Stato che sulla stessa questione aveva ritenuto legittimo il comportamento dell’Amministrazione.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Napoli, contestando la fondatezza dei motivi di revocazione dedotti nel ricorso del quale ha chiesto la reiezione.

Hanno poi proposto intervento ad adiuvandum i signori M. N., C. C., B. G., C. S., già interventori ad opponendum nel giudizio d’appello, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso in revocazione.

Con successive memorie le parti hanno ribadito e ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 15 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Tutti i motivi di revocazione prospettati con il ricorso in esame sono destituiti di fondamento.

2. Secondo quanto esposto in narrativa, l’errore di fatto ex art. 395, n. 4 C.P.C. in cui sarebbe incorsa la decisione del Consiglio di Stato consisterebbe nell’aver ritenuto come esistenti fatti che sono stati esclusi dalla sentenza del Tribunale Penale di Nola del 30 settembre 2009, e segnatamente l’incontro avvenuto nella imminenza delle elezioni comunali tra C. A. e il candidato Sindaco dott. A. (incontro che, secondo la relazione della Commissione di accesso, avrebbe avuto lo scopo di assicurare l’appoggio elettorale del C., esponente di un clan camorristico, in vista del conferimento dell’incarico di responsabile dell’area tecnica comunale ad un suo cugino).

Senonché ad una attenta lettura della decisione anzidetta deve escludersi che tale incontro sia stato dato per avvenuto.

Al riguardo il Collegio, dopo aver osservato che la dichiarazione resa dal C. alla Autorità Giudiziaria in ordine al predetto incontro non era stata "oggetto di riscontro" nella sentenza di primo grado, nel senso che alla stessa non era stato attribuito un rilievo specifico, ha però ritenuto "giustificato che nella relazione della Commissione d’accesso tale elemento sia stato considerato comunque rilevante", poiché effettivamente all’indomani delle elezioni si è avverato il conferimento al cugino del C. della responsabilità dell’intera area tecnica comunale, incluso il servizio di gestione e raccolta rifiuti. Nella decisione di cui è chiesta la revocazione non si è sostenuto dunque che l’incontro sia realmente avvenuto, ma più semplicemente si è espresso un giudizio di verosimiglianza relativamente all’ipotesi di un accordo preelettorale prospettato nella relazione della Commissione d’accesso.

Ricostruita nei termini ora esposti la vicenda per la quale si è denunciato l’errore di fatto, è palese l’infondatezza del motivo revocatorio.

Come è infatti noto, l’errore di fatto che legittima il ricorso per revocazione consiste in una falsa percezione, da parte del giudice, della realtà risultante dagli atti di causa, e più precisamente in una svista materiale che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto che obiettivamente non esiste, oppure a considerare inesistente un fatto che viceversa risulta positivamente accertato. Non è invece errore di fatto, ma semmai errore di diritto, quello che attiene alla attività valutativa del giudice, e segnatamente alla interpretazione che questi abbia dato dei fatti posti alla base del giudizio.

Nel caso in esame non può dirsi pertanto che il Collegio sia incorso in qualche svista laddove si è limitato a ritenere attendibile la conclusione cui era pervenuta la Commissione d’accesso.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti invocano la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 3 C.P.C. assumendo che soltanto dopo la pubblicazione della decisione del Consiglio di Stato hanno potuto acquisire documenti dai quali risulterebbe la non veridicità delle affermazioni contenute nella relazione della Commissione d’accesso relativamente ai contatti intercorsi tra il C. e il dott. A..

Ma in disparte ogni altra considerazione relativamente alla asserita impossibilità di non aver potuto produrre la documentazione in corso di giudizio, va rilevato che in ogni caso non si tratta di documenti "decisivi". La circostanza che dalla ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del C., e dagli interrogatori resi da questi alla Direzione distrettuale antimafia, non risultasse comprovata l’esistenza di contatti tra il C. e il dott. A., nulla aggiunge e nulla innova rispetto agli elementi considerati rilevanti nella decisione oggetto della istanza di revocazione. La quale infatti non fonda il "decisum" sulla comprovata esistenza di un incontro o di un contatto intercorso tra i due soggetti, bensì sulla convinzione che l’incarico attribuito al cugino del C. costituisca la spia di un accordo preelettorale.

4. Infondato è, infine, il motivo dì revocazione ex art. 395, n. 5 C.P.C., con il quale si ipotizza un contrasto tra la decisione in esame, nella quale si è sostenuto che lo scioglimento del Consiglio comunale (che era stato l’oggetto del ricorso introduttivo proposto dagli odierni ricorrenti) fosse giustificato anche alla luce dell’affidamento del servizio di smaltimento rifiuti alla società S., che sarebbe stato sintomatico di un condizionamento da parte della criminalità organizzata; e altra decisione dello stesso Consiglio di Stato (la n. 6902 del 2007) che, definendo il giudizio avviato dalla stessa società S., confermava la legittimità dell’atto di revoca dell’aggiudicazione disposto dal Comune (a seguito di informativa prefettizia) nei confronti della anzidetta società, risultando in tal modo dimostrata la correttezza dell’operato della Amministrazione comunale in materia di affidamento del servizio rifiuti.

Ma il motivo revocatorio così prospettato è privo di pregio, dal momento che la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 5 C.P.C. presuppone, secondo il concorde indirizzo della giurisprudenza, che tra i due giudizi ritenuti in conflitto tra loro sussista identità di soggetti e identità di oggetto, che non ricorre nella fattispecie.

4. Per quanto precede il ricorso in revocazione proposto dagli odierni istanti deve ritenersi inammissibile.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore delle Amministrazioni statali resistenti liquidandole nella misura complessiva di euro 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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