T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 06-09-2011, n. 2161

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente impugnava l’atto indicato in epigrafe che aveva rigettato la sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato poiché il datore di lavoro segnalato risulta essere indagato per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Faceva presente a tal fine che si trovava in Italia da circa dieci anni inizialmente per motivi familiari avendo contratto matrimonio con cittadino italiano, e successivamente prima per attesa lavoro e poi per lavoro subordinato avendo lavorato per varie ditte.

Veniva poi assunta dalla P.C. s.r.l. e presentava la domanda di rinnovo conclusasi con il provvedimento impugnato e, dopo aver lavorato alcuni mesi con tale società, nelle more della conclusione del procedimento lavorava in nero per altri soggetti fino a quando non veniva assunta in data 21.12.2009 dalla ditta B.Y.M. con contratto a tempo determinato e successivamente dalla ditta Schifosi Cosimo Antonio con contratto a tempo indeterminato dove tuttora si trova.

Nell’unico motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 5,comma 5, D.lgs. 286\98 e l’eccesso di potere per travisame4nto dei fatti, contraddittorietà e difetto di motivazione.

Pur non negando di essere stata spesso impiegata in nero da datori di lavoro che non hanno mai regolarizzato la sua posizione contributiva, la ricorrente afferma che dal dicembre 2009 la sua situazione si è stabilizzata e di questo la Questura avrebbe dovuto tenere conto ai sensi dell’art. 5,comma 5, T.U. Imm. considerando altresì che non poteva a lei essere imputata la circostanza del mancato versamento dei contributi previdenziali.

Oltretutto anche per quanto attiene al lavoro con la P.C. s.r.l., la presunzione che il rapporto di lavoro fosse fittizio non era suffragata da un accertamento penale con valore di giudicato, ma solo sulla base di un’ordinanza cautelare.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato.

In più occasioni questo Tribunale ha affermato che, la circostanza che il lavoratore extracomunitario presenti documentazione di una ditta che viene giudicata in base ad indagini penali come ditta di comodo, non significa necessariamente che in quel periodo lo stesso non abbia lavorato in nero per altri datori di lavoro che si celavano dietro l’apparente assunzione di un soggetto in realtà insussistente.

Ma al di là di tale considerazione, nel caso di specie rileva il fatto che dal dicembre 2009 la ricorrente lavora regolarmente e ormai stabilmente e che pertanto sussistono tutte le condizioni per rinnovare il suo permesso di soggiorno.

Il provvedimento va dio conseguenza annullato per consentire all’amministrazione di procedere a nuova valutazione della situazione rappresentata dalla ricorrente nel ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’Interno alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.000 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 250.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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