Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 01-08-2011, n. 30368

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 21.5.2008 il tribunale di Perugia dichiarò F. G. colpevole dei reati di sequestro di persona, lesioni personali, violenza sessuale in danno di B.E. e lo condannò alla pena di anni 6 di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno in favore della parte civile, mentre dichiarò estinti per prescrizione i reati di minaccia e ingiuria.

La corte d’appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe, dichiarò prescritti i reati di lesioni personali di cui ai capi B) ed E), rideterminò la pena in anni 5 e mesi 6 di reclusione e confermò nel resto la sentenza di primo grado.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo manifesta illogicità della motivazione osservando: che la B. aveva riferito dell’episodio delle lesioni subite nel 1999 solo nel 2000, raccontando ad un teste di esserle procurate da sola; che sull’episodio del 2000 le dichiarazioni della donna erano inattendibili perchè in contrasto con l’oggettività dei luoghi e con la deposizione della madre dell’imputato T.; che nessuno dei testi aveva riferito dei fatti per scienza propria.

Motivi della decisione

Il ricorso si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed manifestamente infondato perchè la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione, estesa a tutti gli elementi forniti dal processo, sulle ragioni per le quali ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per i fatti contestatigli.

La corte d’appello, tra l’altro, ha dettagliatamente e congruamente valutato gli elementi indicati dall’imputato nel ricorso, ed in particolare il contenuto del racconto della B. e la deposizione della madre dell’imputato T., ampliamente e plausibilmente dando conto dei motivi per i quali il primo è stato ritenuto pienamente credibile e riscontrato da diversi elementi oggettivi, mentre la seconda è stata ritenuta in parte inattendibile, perchè contrastante con elementi certi, ed in parte irrilevante. La sentenza impugnata è in sostanza basata su motivazione esaustiva e plausibile, in ordine alla quale non sono riscontrabili vizi di mancanza o manifesta illogicità.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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