Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-07-2011) 01-08-2011, n. 30540

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 23 novembre 2010 il Tribunale di Catanzaro, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., rigettava l’appello proposto da N. A., imputato dei delitto di concorso in omicidio pluriaggravato ( artt. 110 e 575 c.p., art. 577 c.p., comma 1, nn. 3 e 4), detenzione e porto continuato di un’arma clandestina, ( L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 4; L. n. 110 del 1975, art. 23, comma 3) ricettata ( art. 648 c.p.), avverso l’ordinanza del 27 settembre 2010 con la quale la Corte d’assise di Catanzaro aveva respinto l’istanza di revoca della misura cautelare, disposta il 30 luglio 2009 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lametia Terme. Quest’ultimo aveva reiterato la misura – dopo l’annullamento, per difetto di gravità indiziaria, della precedente da parte del Tribunale del riesame in data 20 agosto 2009 – sulla base del riconoscimento della voce dell’imputato, registrata, dopo l’omicidio, all’interno dell’auto della vittima ( A.R.) e delle dichiarazioni etero accusatorie rese il 18 agosto 2009 da M.A..

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, N., il quale deduce nullità assoluta degli atti di indagine su cui si fonda il provvedimento limitativo della libertà personale, poi confermato, per violazione dei criteri di competenza funzionale, in quanto l’iscrizione del procedimento penale era avvenuta anche in relazione all’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e, pertanto, le indagini erano state svolte da un’Autorità giudiziaria funzionalmente competente.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Occorre premettere che nei confronti di N.A. risultano emesse due ordinanze di custodia cautelare in carcere in ordine ai delitti di concorso in omicidio pluriaggravato, detenzione e porto continuato di un’arma clandestina, ricettazione: la prima, in data 7 agosto 2009, veniva annullata, il 20 agosto 2009, dal Tribunale del riesame di Catanzaro, per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; la seconda, adottata il 24 agosto 2009, veniva, invece, confermata il 19 settembre 2009 dal Tribunale del riesame.

L’11 maggio 2010, ossia in epoca successiva al secondo provvedimento limitativo della libertà personale in forza del quale N. si trova tuttora detenuto, il Procuratore della Repubblica di Lametia Terme trasmetteva gli atti alla Procura della Repubblica di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia – ravvisando una delle ipotesi di cui all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis.

Il 14 maggio 2010 la Procura della Repubblica di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia – iscriveva il nominativo di N.A. nel registro delle notizie di reato in ordine ai delitti di concorso in omicidio pluriaggravato, detenzione e porto continuato di un’arma clandestina, ricettazione, tutti aggravati ai sensi della L. n. 152 del 1991, art. 7, convertito in L. n. 203 del 1991. 2. Tanto premesso, il Collegio osserva che, in caso di trasmissione degli atti di un procedimento nella fase delle indagini preliminari da un ufficio del pubblico ministero ad un altro, per competenza funzionale o territoriale, non trova applicazione il disposto dell’art. 27 c.p.p. che impone, a pena di caducazione, la rinnovazione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere solo quando si tratti di incompetenza dichiarata dal giudice (Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 12823; Sez. 2^, 11 gennaio 2007, n. 5655;

Sez. 4, 13 dicembre 2002, n. 45328).

Alla luce di tale principio, pertanto, nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte non si è verificata alcuna inosservanza delle regole fissate dal codice di procedura penale in tema di competenza funzionale, in quanto la trasmissione degli atti del procedimento alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro è avvenuta ad opera della Procura della Repubblica di Lametia Terme e non è stata disposta dal giudice.

Ne consegue che il provvedimento limitativo della libertà personale non è affetto da alcuna invalidità e che tutti gli atti successivi sono stati compiuti nel rispetto della legge processuale.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *