Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-07-2011) 01-08-2011, n. 30539 Fermo Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 febbraio 2011, il G.I.P. del Tribunale di Sulmona ha disposto la convalida del fermo e l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere a C.L., siccome indagato: – per il reato di cui al capo A) della rubrica ( art. 575 c.p., art. 576 cp., nn. 1 e 2, art. 61 c.p., nn. 1, 4 e 5 ed art. 11 cod. pen.: omicidio volontario di M.N.V., per averne cagionato la morte sbattendole ripetutamente il capo sul pavimento e storcendole il collo; con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di commettere il reato sub B); di aver approfittato dell’età avanzata della vittima e di avere approfittato dei rapporti di prestazione d’opera, essendo abituale fornitore di bombole di gas presso l’abitazione della parte offesa); – per il reato di cui al capo B) della rubrica ( art. 623 c.p., comma 3, n. 3 bis, art. 61 c.p., n. 11: rapina aggravata in danno della M.N.V., per essersi impossessato di danaro ed altri beni mobili presenti nell’abitazione di quest’ultima al fine di trame ingiusto profitto, mediante violenza consistita nell’averla percossa fino a cagionarne la morte).

2. Il G.I.P. ha ritenuto la sussistenza a carico dell’indagato di gravi indizi di colpevolezza per entrambi i reati ascrittigli, fondati sugli esiti di accertamenti tecnici ripetibili effettuati dai carabinieri del R.I.S. di Roma, dai quali era emerso che sul giaccone e sui pantaloni dell’indagato erano presenti tracce ematiche, il cui dna era risultato sovrapponibile al sangue della vittima. Inoltre sull’arto superiore sinistro dell’indagato erano state rinvenute lesioni risultate coeve all’ora in cui erano stati sentiti rumori inusuali provenienti dall’abitazione della vittima.

Il G.I.P. ha altresì rilevato che sussisteva pericolo di fuga dell’indagato, essendo stato il medesimo rinvenuto in Isernia, e quindi in località lontana dalla propria residenza senza alcun plausibile motivo; che sussisteva fondato rischio di reiterazione dei reati commessi, tenuto conto delle specifiche modalità dei fatti, dai quali era dato desumere la tendenza dell’indagato ad acquisire beni altrui con l’uso della violenza.

3. Avverso detto provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Sulmona C.L. ha personalmente proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 2, deducendo:

a) – violazione di legge in quanto, nell’udienza di convalida, il G.I.P. non gli aveva dato lettura integrale degli atti pervenutigli dall’ufficio del P.M.; non gli aveva dato piena lettura dei fatti addebitatigli e delle contestazioni mossegli; non gli aveva letto ed illustrato i motivi per i quali il P.M. aveva chiesto la convalida del suo fermo.

Non gli era stato infine consentito di accedere agli atti relativi alla richiesta di convalida del fermo e di contestuale applicazione nei suoi confronti della misura cautelare inframuraria;

b) – violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 384 cod. proc. pen., in quanto il G.I.P. si era limitato a ricalcare la tesi del P.M., senza aggiungere nulla di più rispetto a quanto indicato nel provvedimento di fermo; gli era stato infatti detto dal G.I.P. che era stato rintracciato in Isernia, ma nulla era stato detto in ordine:

– al fatto che, una volta rintracciato e portato nella caserma dei carabinieri di Castel di Sangro, era stato ispezionato con acquisizione delle impronte digitali, ed era stato poi lasciato libero senza alcun vincolo;

– al fatto che egli si era allontanato da Castel di Sangro non perchè avesse voluto nascondersi, ma per dissidi col coniuge ed il figlio, essendo egli alcoolista;

– al fatto che mai egli aveva dato adito ad episodi di violenza o minaccia;

– al fatto che era rimasto in Castel di Sangro nei tre giorni successivi al suo fermo senza mai allontanarsi, in quanto mai aveva cercato di fuggire;

Illegittimamente inoltre il G.I.P. aveva fatto riferimento a presunte aggressioni di altre due anziane persone, ascrittegli senza alcun minimo indizio che potesse collegare la sua persona a tali due episodi criminosi, per i quali egli non aveva mai avuto notificato alcun atto.

Non era poi condivisibile la motivazione adottata dal G.I.P. per ritenere possibile la reiterazione del reato da parte sua, non essendo sufficiente argomentare la sua pericolosità sociale solo con l’efferratezza del presunto crimine commesso.

Motivi della decisione

1. E’ noto che il ricorso immediato per cassazione avverso un’ordinanza del G.I.P. che, come quella in esame, oltre a convalidare il fermo, ha altresì applicato una misura coercitiva, può essere proposta, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 2, dall’indagato o dal suo difensore solo per violazione di legge, la quale è ravvisabile, in caso di allegazione di vizi attinenti alla motivazione, unicamente se il provvedimento impugnato risulti assolutamente privo dei requisiti minimi di esistenza di una motivazione.

Il ricorso per saltum in cassazione è invero un tipo di gravame alternativo rispetto a quello proponibile innanzi al Tribunale del riesame, innanzi al quale possono essere invece proposte anche censure riguardanti lo sviluppo logico e giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato, ovvero prospettazioni alternative circa gli elementi probatori acquisiti agli atti e posti a fondamento della misura coercitiva (cfr. Cass. 6A, 13.11.08 n. 44996, rv. 241664).

2. Nella specie, almeno la censura proposta dal ricorrente sub b) è da ritenere sostanzialmente riferita all’insufficienza degli elementi indiziari emersi a suo carico in ordine ai due delitti ascrittigli ed all’insussistenza di esigenze cautelari, tali da giustificare la misura custodiale in carcere, emessa nei suoi confronti. Detta censura, siccome riferita alla sussistenza di adeguata motivazione, non è per sua natura suscettibile di esame nella presente sede di legittimità, non integrando il vizio di violazione di legge, con conseguente qualificazione del ricorso in esame come istanza di riesame della misura cautelare adottate nei suoi confronti dal G.I.P. di Sulmona (cfr. Cass. sez. 3 n. 10232 del 25/02/2010 dep. 15/03/2010, imp. Fernandez Tejeda, Rv. 246350).

3. Quanto sopra è da ritenere sussistente sebbene il ricorrente abbia altresì proposto il motivo di ricorso sub a), più propriamente riferibile a presunte violazioni di legge, asseritamente commesse nei suoi confronti. Essendo invero il motivo di ricorso dal medesimo proposto sub b) chiaramente inteso a censurare la motivazione del provvedimento impugnato, è da ritenere che l’intero ricorso in esame vada qualificato come istanza di riesame, ritenendosi all’uopo sufficiente che almeno uno dei motivi di ricorso non sia strettamente riferibile ad una violazione di legge.

4. Ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5, il ricorso proposto da C.L. va pertanto qualificato come richiesta di riesame, con sua rimessione al competente Tribunale del riesame dell’Aquila.

5.Dovrà provvedersi all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come richiesta di riesame, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale dell’Aquila.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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