Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-07-2011) 01-08-2011, n. 30470

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 ottobre 2010 la Corte d’appello di Venezia ha confermato la condanna alla pena di mesi 1 di arresto ed Euro 100,00 di ammenda, inflitta dal Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Conegliano, a M.L., siccome ritenuto penalmente responsabile del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, commi 2 e 3, per aver portato fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, un coltello della lunghezza complessiva di centimetri 10,5, dei quali cm. 4 di lama, da qualificare come strumento da punta e da taglio atto ad offendere.

2. Avverso detta sentenza della Corte d’Appello di Venezia ricorre personalmente per cassazione M.L., deducendo erronea applicazione la legge penale, in quanto l’oggetto rinvenuto in suo possesso, per le sue ridotte dimensioni, non poteva essere ritenuto come strumento da taglio atto ad offendere.

La sentenza impugnata aveva poi errato nel non avergli concesso l’attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, in quanto l’applicazione dell’attenuante anzidetta avrebbe costituito l’unico modo per ricondurre il fatto concreto alla dimensione che esso oggettivamente meritava;

inoltre la sentenza non aveva indicato i motivi per cui detta attenuante non gli era stata concessa, essendosi limitata a fare sul punto un mero richiamo giurisprudenziale.

La sentenza impugnata infine non aveva indicato le ragioni per le quali non gli erano state concesse le pur chieste attenuanti generiche.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso proposto da M.L., concernente la sussistenza a suo carico del reato ascrittogli, è infondato.

2. Con esso il ricorrente ha invero proposto una censura di fatto non proponibile nella presente sede di legittimità.

Non può questa Corte riesaminare gli elementi di fatto posti dalla sentenza impugnata a fondamento del verdetto di colpevolezza del ricorrente, costituendo prerogativa esclusiva del giudice di merito valutare le risultanze processuali, si che non sono denunciabili come vizio di legittimità la prospettazione di diverse valutazioni delle stesse.

Il controllo di legittimità operato da questa Corte è infatti finalizzato a verificare se la decisione adottata dal giudice di merito consegua ad un apprezzamento ragionevole e coerente del materiale probatorio sottoposto al suo esame; e, nella specie, la motivazione adottata dalla Corte d’Appello di Venezia per confermare la sentenza di condanna emessa nei confronti del ricorrente dal primo giudice è immune da vizi logici e da contraddizioni.

3. La Corte territoriale ha infatti ritenuto che il coltello sequestrato all’odierno ricorrente avesse una certa offensività;

inoltre, trattandosi di soggetto con più precedenti penali, che non aveva fornito alcuna giustificazione circa il porto del coltello sequestratogli fuori della propria abitazione, ha ritenuto che non poteva essere esclusa la sussistenza del reato contestatogli (cfr., in termini, Cass. 2^ 23.5.07 n. 23419).

4. E’ altresì inammissibile ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 3. La doglianza del ricorrente concernente la mancata specificazione, nella sentenza impugnata, dei motivi per i quali non gli erano state concesse le attenuanti generiche.

Dall’esame degli atti non è infatti emerso che il ricorrente abbia proposto alla Corte d’appello di Venezia specifica censura in materia.

5. E’ invece fondato il motivo di ricorso concernente la mancata concessione in suo favore dell’attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 (fatto di lieve entità).

6.Ritiene invero il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, per l’applicazione dell’attenuante in parola, occorre partire dalla tradizionale distinzione fra armi proprie da un lato e cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, ed armi improprie dall’altro, costituite da tutti quegli oggetti che, pur avendo una diversa specifica destinazione, per le loro caratteristiche strutturali o per determinate circostanze di tempo e di luogo, possono altresì servire per l’offesa delle persone. La L. n. 110 del 1975, art. 4, ha accolto e fatta propria tale bipartizione, avendo previsto al primo comma un ampliamento della nozione di armi proprie, avendo ricompreso in essa, oltre agli strumenti da punta o da taglio la cui destinazione naturale è l’offesa, anche le mazze ferrate, i bastoni ferrati, gli sfollagente ed i noccoliere, mentre, al secondo comma, ha specificato l’ambito delle armi improprie, avendo ricompreso fra di esse non solo i bastoni muniti di puntale e gli strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, ma anche le mazze, le catene, i bulloni, le fionde, le sfere metalliche e qualsiasi altro strumento, non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, ma chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona; ed il coltello, di cui il ricorrente è stato rinvenuto in possesso, per le caratteristiche riscontrate, va inserito nel novero delle armi improprie, da ultimo citate.

E’ pertanto da ritenere che nel citato art. 4, comma 2, sono ricompresi strumenti che, pur essendo molto diversi tra di loro, sono tuttavia tutti riconducibili all’unica categoria di armi improprie, in quanto in detto comma sono contemplati oggetti o strumenti che, come quello sequestrato al ricorrente, solo occasionalmente possono ritenersi offensivi per la persona (cfr. Cass. Sez. 1 n. 10409 del 24/02/2010 dep. 16/03/2010, imp. Nartey, Rv. 246503).

7,Da quanto sopra consegue che l’attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, è applicabile a tutte le armi improprie indicate nel tale articolo, comma 2 e non ai soli oggetti atti ad offendere, sicchè essa non può essere esclusa, in via di principio, con riferimento al coltello sequestrato al ricorrente.

7. Da quanto sopra consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, affinchè, in piena autonomia di giudizio, esamini la richiesta formulata dal ricorrente, intesa ad ottenere l’attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3, tenendo presente il principio di diritto sopra enunciato.

8. Il ricorso proposto da M.L. va rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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