T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 07-09-2011, n. 7131 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 7 marzo 2008, depositato il successivo 12 marzo, l’istante ha impugnato il decreto del Ministro della giustizia del 25 gennaio 2008, in forza del quale è stato revocato dall’incarico di giudice onorario del Tribunale penale di Latina, a motivo dell’esercizio della professione forense in materia civile dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario territoriale presso il quale svolgeva le funzioni giurisdizionali, in violazione del dovere di correttezza inerente alla funzione ricoperta, con pregiudizio del prestigio e della credibilità dell’ordine giudiziario, ed in contrasto con il disposto dell’art. 5, n. 2, della circolare del Consiglio Superiore della Magistratura 10358/2003 e con l’art. 42quater, comma secondo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12.

L’impugnazione è stata estesa ai conformi atti del relativo procedimento, delibera del CSM 8 gennaio 2008 e parere 11 luglio 2007 del Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Roma.

Nell’ambito delle difese svolte, il ricorrente ha anche spiegato questioni di legittimità costituzionale.

Queste le censure, che il ricorrente ha fatto precedere da una diffusa esposizione degli incarichi ricoperti quale giudice onorario del richiamato Tribunale e delle connesse vicende procedimentali.

1) Violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – eccesso di potere per motivazione insufficiente – travisamento dei fatti – violazione e falsa applicazione dei principi di buona fede ed affidamento.

Il provvedimento finale non dà conto delle difese svolte dall’interessato nel corso del procedimento di revoca, con particolare riferimento a quelle relative alla individuazione della normativa applicabile alla fattispecie.

Il ricorrente ha sempre confidato in perfetta buona fede nella legittimità dell’incarico ricoperto di GOT presso il Tribunale penale di Latina, avallato dagli atti che lo hanno confermato nell’incarico e dal notevole lasso di tempo nel corso del quale ha esercitato le funzioni giurisdizionali, pur in costanza dell’esercizio della professione forense in materia civile dinanzi agli uffici giudiziari compresi nello stesso circondario territoriale.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42quater, quinquies e sexies del r.d. n. 12 del 1941 e dell’art. 12, n. 2, lett. c) e n. 3 e dell’art. 13 della circolare CSM 10358/2003 – violazione ed errata interpretazione della l. 19 gennaio 2001, n. 4 e del d. lgs. 24 dicembre 2003, n. 354 – eccesso di potere per sviamento.

Ove correttamente interpretata ed applicata la normativa di riferimento, il ricorrente risulterebbe del tutto legittimato a proseguire nell’esercizio di funzioni giurisdizionali, in quanto oggetto di specifiche proroghe e previsioni di carattere eccezionale, connesse alla necessità di ricoprire i vuoti di organico della magistratura giudicante.

3) Violazione dell’art. 3 della l. 241/90 – motivazione insufficiente – violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza con riferimento al pubblico interesse – ingiustizia manifesta.

La sanzione irrogata non garantisce l’adeguatezza rispetto all’illecito, tenuto conto della circostanza che il ricorrente ha sempre espletato in maniera impeccabile le funzioni dell’ufficio ricoperto, come testimoniato dagli stessi superiori, ciò che avrebbe richiesto di attendere la scadenza naturale dell’incarico.

Il provvedimento non dà conto dell’avvenuto apprezzamento di eventuali sanzioni alternative, né del pregresso rendimento disciplinare e di servizio assicurato dall’interessato.

Il provvedimento non ha diffidato il ricorrente a scegliere in un termine congruo e in via definitiva quale carriera proseguire (forense o magistratura onoraria).

Manca nella fattispecie l’elemento soggettivo della colpevolezza o dell’antigiuridicità della condotta.

4) Illegittimità dell’art. 42quater del r.d. 12/41 e della circolare CSM P 10358/2003, in relazione agli artt. 3, 97, 102, 106, 107, 108 Cost..

Il sistema introdotto per i G.O.T. rispetto a quello dei giudici di pace, quanto a prerogative di astensione e cause di decadenza, è notevolmente ed ingiustificatamente deteriore.

Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti impugnati, il ricorrente ne ha domandato l’annullamento.

Si è costituita in resistenza l’intimata amministrazione, domandando il rigetto del gravame perché infondato.

Con ordinanza 19 marzo 2008, n. 1586 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione interinale degli effetti degli atti impugnati, formulata in via incidentale dalla parte ricorrente.

La difesa erariale ha fatto constare che la predetta ordinanza è stata confermata con ordinanza 23 settembre 2008, n. 5014 del Consiglio di Stato, Sez. IV.

La controversia è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 22 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Si controverte in ordine alla legittimità di un provvedimento di revoca di incarico di giudice onorario di tribunale.

La questione è proposta dal ricorrente, GOT presso il Tribunale penale di Latina, revocato per aver esercitato la professione forense in materia civile dinanzi agli uffici giudiziari compresi nello stesso circondario territoriale, in violazione del dovere di correttezza inerente alla funzione ricoperta, con pregiudizio del prestigio e della credibilità dell’ordine giudiziario, ed in contrasto con il disposto dell’art. 5, n. 2, della circolare del Consiglio Superiore della Magistratura 10358/2003 e con l’art. 42quater, comma secondo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12.

Resistono il Ministero della giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura.

2. Il ricorso è infondato.

3. Con il primo motivo di doglianza il ricorrente lamenta che il provvedimento di revoca non dà conto dell’apprezzamento delle difese procedimentali svolte, con particolare riferimento a quelle relative alla individuazione della normativa applicabile alla fattispecie.

La censura è completamente destituita di fondamento.

Risulta infatti dalla delibera del CSM del 19 dicembre 2007 che, proprio tenendo conto delle dette difese, l’Organo di autogoverno ha espressamente ritenuto "…che non si riscontra nessuna incertezza normativa in quanto il regime sull’incompatibilità è disciplinato dall’art. 42 dell’O.G. e dal D.L. 341/2000 successivamente convertito in legge, senza, tra l’altro, distinzione tra patrocinio penale e civile.".

Né vale, in contrario, osservare che la delibera in parola non abbia partitamente negato la validità di ogni argomentazione esposta dal ricorrente.

Per costante e nota giurisprudenza, infatti, l’espansione del principio generale del giusto procedimento, che si realizza anche con l’obbligo per la pubblica amministrazione di garantire l’effettività della partecipazione dell’interessato, mediante il concreto apprezzamento degli elementi da questi addotti nel corso dell’iter procedimentale, incontra il limite della razionalità e del buon andamento dell’azione pubblica, ciò che comporta, quanto al giudizio della sufficienza dell’istruttoria e della motivazione, che a quest’ultima si richiede solo di attestare esplicitamente che le osservazioni del privato, ai fini della decisione, sono state valutate nella loro portata sostanziale – come risulta avvenuto nel caso di specie, secondo quanto sopra – e non di esporre e confutare analiticamente ogni passaggio delle osservazioni formulate.

Con lo stesso motivo, sul presupposto del risalente esercizio dell’attività professionale in materia civile nel circondario territoriale di cui trattasi, il ricorrente fa presente di aver sempre confidato in perfetta buona fede nella legittimità dell’incarico pubblico ricoperto, avallato dai provvedimenti confermativi e dal notevole lasso di tempo nel corso del quale ha parimenti esercitato funzioni giurisdizionali.

Il rilievo è inconferente.

Prescrive l’art. 42quater, secondo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, che gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono esercitare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice onorario e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successive, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici.

L’incompatibilità è ribadita dalla circolare CSM recante i criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari di tribunale, n. 10358/2003, all’art. 5, punto 2.

Tali disposizioni sono chiaramente orientate a garantire l’effettiva e piena terzietà del magistrato onorario, anche sotto il profilo della sua apparenza, oltre che ad evitare forme di strumentalizzazione dell’attività giurisdizionale a fini professionali, ivi comprese quelle connesse all’accrescimento del valore sul mercato dell’attività professionale di soggetti che svolgano funzioni onorarie o che possano vantare una relazione con il magistrato onorario.

Al cospetto di tali prescrizioni, di carattere assoluto, e dei preminenti valori, di fonte costituzionale, di cui esse assumono la salvaguardia, risulta del tutto irrilevante la eventuale risalente sussistenza dell’incompatibilità, atteso che l’interesse pubblico alla immediata rimozione della condizione non è suscettibile in alcun modo di soffrire limitazioni o di recedere in dipendenza di stati di fatto o di precedenti diverse determinazioni amministrative, venendo in rilievo, nel momento in cui l’incompatibilità diviene apprezzabile con la necessaria evidenza, la portata dirompente, rispetto ad ogni altro profilo della fattispecie, dell’esigenza di ripristino della legalità violata, che rende del tutto inconfigurabile la possibilità che il soggetto che si trovi nell’accertata situazione di incompatibilità possa continuare nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali.

Correlativamente, alcun legittimo affidamento, in buona fede o meno, in ordine alla continuazione delle funzioni giurisdizionali può ritenersi maturato in capo al ricorrente per effetto del pregresso svolgimento dell’attività professionale in costanza dell’incarico pubblico.

Altrettanto è a dirsi per non aver l’amministrazione precedentemente rilevato che il medesimo, in occasione della presentazione nel 2000 dell’istanza di riconferma a GOT del Tribunale penale di Latina, abbia dichiarato di impegnarsi a non esercitare la professione forense esclusivamente nell’ambito del Circondario del Tribunale penale di Latina, atteso che il mancato tempestivo rilievo della irritualità della dichiarazione in parola non involve in una consumazione del potere pubblico di rilevare l’incompatibilità e di adottare i conseguenti provvedimenti atti alla sua rimozione.

Nulla muta, tenendo conto, infine, della circostanza che il ricorrente, GOT presso il Tribunale penale di Latina, risulta aver esercitato l’attività professionale nella sola materia civile: infatti, come pure rilevato dal CSM, l’art. 42quater, secondo comma, del r.d. n. 12 del 1941 e la circolare CSM n. 10358/2003 non distinguono tra patrocinio penale e civile.

4. Con altra censura l’interessato opina che la normativa di riferimento, ove correttamente interpretata ed applicata, renderebbe il ricorrente del tutto legittimato a proseguire nell’esercizio di funzioni giurisdizionali, in quanto oggetto di specifiche proroghe e previsioni di carattere eccezionale, connesse alla necessità di ricoprire i vuoti di organico della magistratura giudicante.

In particolare, il ricorrente illustra che, alla data di entrata in vigore dell’art. 22, comma 2bis, del d.l. 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modifiche, dalla l. 19 gennaio 2001, n. 4 (che ha introdotto il citato comma 2bis, che ha effetto dalla data della legge di conversione) egli era prorogato nell’incarico per effetto diretto di disposizioni legislative, che hanno previsto la proroga dei GOT scadenti entro la data del 31 dicembre 2003 e non riconfermabili ( d.l. 24 dicembre 2003, n. 354 e successivi).

E poiché detto art. 22, comma 2bis, ha previsto che le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all’articolo 42quater, secondo comma, hanno effetto per i giudici onorari di tribunale all’atto in servizio decorsi nove mesi dalla scadenza del triennio di nomina in corso, secondo il ricorrente l’incompatibilità prevista dall’art. 42quater del r.d. n. 12 del 1941 e dalla circolare CSM 10358/2003 non era a lui opponibile, per espressa volontà del legislatore.

L’ argomentazione deve essere respinta.

L’incompatibilità di cui trattasi è prevista dal secondo comma dell’art. 42quater dell’o.g., inserito dall’art. 8 del d. lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 ("Gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono esercitare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice onorario e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successive, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici.").

L’art. 35 dello stesso d. lgs. n. 51 del 1998 prevede poi che:

"1. I magistrati onorari, già addetti quali vice pretori e vice procuratori agli uffici soppressi, sono addetti di diritto ai tribunali ed alle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, in qualità, rispettivamente, di giudici onorari e di vice procuratori onorari.

2. Le disposizioni di cui agli articoli 42ter, 42quater, primo e secondo comma, 42quinquies e 71 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come aggiunti o sostituiti dal presente decreto, si applicano ai predetti magistrati onorari alla scadenza del triennio in corso alla data di efficacia del presente decreto.".

Indi, il ridetto art. 22, comma 2bis, del d.l. n. 341 del 2000, invocato dal ricorrente, nel derogare "a quanto previsto dall’articolo 35 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51" (e non dall’art. 42quater, secondo comma) e nel disporre che "le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all’articolo 42quater, secondo comma, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, hanno effetto per i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari attualmente in servizio decorsi nove mesi dalla scadenza del triennio di nomina in corso" non possono che riferirsi alla scadenza del triennio in corso alla data dello stesso d. lgs. n. 51 del 1998, che, come chiarito dall’amministrazione resistente, è quello del 1998/2000.

E’ corretto, quindi, che gli impugnati provvedimenti abbiano considerato esauriti gli effetti derogatori del citato art. 22, comma 2bis alla data del 1° ottobre 2001, ovvero, in altre parole, che abbiano ritenuto entrate in vigore le disposizioni sull’incompatibilità anche per i GOT in servizio decorsi nove mesi dal 31 dicembre 2000.

Si osserva, infine, che anche la circolare CSM P 11357 del 22 maggio 2000 – delibera del 18 maggio 2000, recante i precedenti criteri per la nomina e conferma dei giudici onorari di tribunale, nel delineare il regime di incompatibilità previsto dall’art. 42quater o.g., al par. VI, punto 2, così come la successiva circolare CSM 10358/2003, prevedeva che "Gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono esercitare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice onorario di tribunale e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successive, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici.".

5. Vanno disattese anche le considerazioni formulate dal ricorrente nel terzo motivo di gravame.

In particolare, non ha rilievo alcuno che nel procedimento che ha condotto alla revoca dell’incarico non siano stati apprezzati né la circostanza, ritenuta dal ricorrente comprovata, di aver sempre espletato in maniera impeccabile le funzioni dell’ufficio ricoperto, né il pregresso rendimento disciplinare e di servizio dal medesimo assicurato, né, infine, la possibilità di sanzioni alternative.

A fronte dell’accertamento della sussistenza in capo al ricorrente della situazione di incompatibilità delineata dalla legge, l’adozione dei conseguenti provvedimenti atti a rimuoverla non richiedeva alcuna valutazione specifica in ordine alle modalità con le quali le funzioni giurisdizionali sono state dal ricorrente medesimo espletate in costanza dello stato di incompatibilità.

Tale valutazione, infatti, non sarebbe stata, in ogni caso, suscettibile di arrecare utile alcun effetto all’interessato, e meno che mai quello di condurre alla determinazione di consentire la continuazione dell’esercizio delle funzioni sino alla naturale scadenza dell’incarico, ovvero all’irrogazione di sanzioni alternative, eventualità entrambe che risultano completamente estranee alla lettera ed alla ratio sia del secondo comma dell’art. 42quater del r.d. n. 12 del 1941 sia del successivo art. 42sexies, comma 3, che prescrive che il giudice onorario di tribunale è revocato dall’ufficio in caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo.

Quanto al mancato accertamento dell’elemento soggettivo della colpevolezza, si osserva che l’antigiuridicità della condotta è in re ipsa.

Che il ricorrente dovesse essere diffidato a scegliere in un termine congruo e in via definitiva quale carriera proseguire (forense o magistratura onoraria) è, infine, pretesa priva di qualsiasi fondamento normativo.

6. Con l’ultimo motivo di ricorso il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 42quater e della circolare CSM P 10358/2003, in relazione agli artt. 3, 97, 102, 106, 107, 108 Cost..

Ciò in quanto ritiene il regime introdotto per i GOT quanto a prerogative di astensione e cause di decadenza, rispetto a quello dei giudici di pace, notevolmente ed ingiustificatamente deteriore.

Al riguardo, in disparte ogni altra questione, il Collegio, rilevato, alla luce delle considerazioni sin qui espresse, che i gravati provvedimenti risultano immuni dalle dedotte censure, osserva che la spiegata questione di illegittimità costituzionale non si presenta assistita dal carattere di rilevanza ai fini del decidere la presente controversia, con conseguente carenza di uno dei presupposti necessari per investire la Corte Costituzionale della questione stessa.

Può, comunque, essere ricordato che la Sezione ha ritenuto manifestamente infondata la questione relativa all’incostituzionalità dell’art. 42sexies, comma 3, della legge sull’ordinamento giudiziario, nella parte in cui prevede la revoca come unica sanzione disciplinare a carico dei magistrati onorari, in raffronto al diverso regime operante per i giudici di pace (Tar Lazio, I, 25 settembre 2007, n. 9397).

La sentenza è stata, di recente, confermata dal giudice di appello (C. Stato, IV, 23 agosto 2010, n. 5899), che, rilevata la notevole specialità della disciplina sulla nomina e sulla decadenza dall’incarico dei giudici onorari di tribunale (nominati con decreto del Ministero della giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, su proposta del Consiglio giudiziario competente per territorio, come prevede l’ art. 42ter, comma 1, del r.d. 12/1941; revocati dall’ufficio, a norma dell’art. 42sexies, comma 3, dello stesso decreto, in caso di inosservanza dei doveri inerenti al medesimo, con provvedimento disposto con le stesse modalità previste per la nomina), ha concluso che la disposizione è giustificata dalla differenza esistente tra i giudici onorari ed i giudici di pace, anch’essi onorari, stante il differente modus di reclutamento, per l’effetto escludendosi qualsiasi esigenza di assimilare tra loro posizioni ontologicamente differenziate.

7. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Pone a carico della parte ricorrente e a favore dell’amministrazione resistente le spese di lite, complessivamente liquidate in Euro 2.000,00 (euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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