Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-07-2011) 01-08-2011, n. 30465 Scriminanti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 9 giugno 2009 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava B.I. colpevole del delitto di concorso nell’omicidio aggravato del cittadino albanese D.O. ed, esclusa l’aggravante dei motivi abietti e ritenuta quella dei motivi futili, concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla suddetta aggravante, con la riduzione per il rito, lo condannava alla pena di sedici anni di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

2. Il 9 luglio 2010 la Corte d’assise d’appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di primo grado, appellata dall’imputato, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1, rideterminava la pena in quattordici anni di reclusione, confermano nel resto la precedente sentenza.

3. Da entrambe le sentenze di merito emergeva che il 3 febbraio 2008 si verificava una rissa tra un gruppo di cittadini albanesi e un gruppo di rumeni; l’origine della stessa era da ricondurre al fatto che uno dei rumeni ( N.) aveva palpeggiato la donna di uno degli albanesi ( G.U.), il quale aveva reagito lanciando una sigaretta accesa che, per errore, aveva colpito B. anzichè il suddetto G.. Questo gesto aveva costituito l’occasione di una rissa nel corso della quale B. aveva dapprima sferrato un pugno al volto di G.Y. e, quindi, aveva colpito D. con due coltellate – una all’addome sinistro che determinava la parziale eviscerazione della vittima, l’altra in regione precordiale che trapassava il cuore – mentre gli altri due correi ( N. e Du.) lo affiancavano, contrapponendosi agli altri antagonisti.

La responsabilità dell’imputato veniva ritenuta provata sulla base delle testimonianze rese dalle persone presenti al fatto ( D. V., S.D., C.L., G.A.C., F.A., C.A., K.F., B. L., D.M.), degli accertamenti medico-legali, del contenuto delle intercettazioni disposte subito dopo l’accaduto, della chiamata in correità di Du., delle stesse dichiarazioni rese dall’imputato che ammetteva di essere stato l’autore dell’omicidio.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale lamenta violazione ed erronea applicazione della legge penale, mancanza, manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’omesso riconoscimento dell’esimente della legittima difesa, tenuto conto delle dichiarazioni acquisite, della circostanza che B. aveva estratto l’arma che custodiva in tasca solo al momento di fronteggiare D.O. (con alta probabilità anch’egli munito di uno strumento atto ad offendere) e non per usarla contro G. e, infine, del fatto che al momento dell’accaduto erano varie le persone in possesso di armi.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa (Sez. 1, 25 ottobre 2005, n. 45425).

L’esimente della legittima difesa non è applicabile al reato di rissa e a quelli commessi nel corso di essa, in quanto i corrissanti sono animati dall’intento reciproco di offendersi e di accettare la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicchè la loro difesa non può dirsi necessitata. Il principio ora affermato può essere derogato solo in situazioni eccezionali e cioè solo ove, in costanza di tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia una reazione assolutamente imprevedibile e sproporzionata e, pertanto, un’offesa che, in quanto diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Sez. 1^, 14 dicembre 2009, n. 710; Sez. 5^, 9 ottobre 2008, n. 4402; Sez. 5^, 16 novembre 2006, n. 7635).

2. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi, laddove ha evidenziato che, quand’anche si volesse accedere alla tesi difensiva, secondo cui D.O. aveva colpito al dito l’imputato con un coltello o un cacciavite, in ogni caso il contesto in cui essa si era verificata (una lite tra cittadini di diversa nazionalità) e le sue caratteristiche di modesta offensività non integravano i presupposti di imprevedibilità e di sproporzione idonei a giustificare l’azione di B. che colpì il suo aggressore sia all’addome (determinandone la parziale eviscerazione), che al torace (oltrepassandogli il cuore) e serbò, in tal modo, una condotta del tutto sproporzionata rispetto all’offesa e non ispirata da finalità difensive, bensì deliberatamente aggressiva e diretta a uccidere il proprio antagonista.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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