Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 05-07-2011) 01-08-2011, n. 30457

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 26.11.2010 la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa in esito a rito abbreviato, riduceva la pena a D.F.C. ad anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 1.000 di multa per i reati in materia di armi e per quello ex art. 497 ter c.p., di cui alla rubrica, fatti accertati il 10.07.2009. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava l’impugnazione, con atto personale, deducendo :

a) la pistola Walter P38 non aveva la matricola abrasa; b) il silenziatore non era vietato; i caricatori e gli strozzatori non sono parti di armi; c) non era stato accertato se le bombe a mano fossero in libera vendita, quali simulacri; d) legittimità della detenzione dei militaria, pur se la licenza era scaduta; e) mancata verifica di materiale detenuto legittimamente e pur confiscato; f) doversi ritenere un unico reato assorbente anche i fatti relativi ai militaria.

3. Il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere respinto con ogni dovuta conseguenza di legge.

3.a – E’ del tutto infondato, invero, il primo motivo di ricorso (v. sopra sub 2.a) posto che l’imputato sia stato già assolto dal reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 23, limitatamente alla pistola Walter P38, in quanto arma da guerra: la proposta questione è dunque irrilevante.

3.b – E’ del pari infondato il secondo motivo di ricorso (v. sopra sub 2.b): la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che caricatori, silenziatori e strozzatori sono parti di armi, come tali rientranti nella specifica disciplina, atteso il rapporto di stretta funzionalità (caricatori) o di aumento delle potenzialità (silenziatori e strozzatori); su tali punti, v. Cass. Pen. Sez.. 3, n. 5329 in data 12.12.2007, Rv. 238860, Cagnin (per i caricatori);

Cass. Pen. Sez. 1, n. 42291 in data 08.11.2007, Rv. 238116, Spezia (per i silenziatori); Cass. Pen. Sez. 1, n. 13552 in data 20.02.2009, R. 243136, Berbeglia (per gli strozzatori).

3.C – 11 terzo motivo di ricorso v. sopra sub 2.c è infondato, atteso il divieto di vendita delle armi da guerra (ad eccezione dell’autorizzato equipaggiamento delle Forze Armate) e del relativo munizionamento. A nulla rileva che si tratti di bomba a mano disattivata, posto che sia sempre possibile il ricaricamento:

peraltro la questione in fatto, qui riproposta (e già disattesa nei precedenti gradi di giudizio), esula dai limiti del presente scrutinio di legittimità. 3.d – Quanto al quarto motivo di ricorso (v. sopra sub 2.d) risulta corretta la riconosciuta sussistenza del reato di cui all’art. 497 ter c.p., (introdotto con L. n. 49 del 2006) per l’illegittima detenzione (per scadenza della licenza) di contrassegni di identificazione in uso a Corpi di Polizia (v. Cass. Pen. Sez. 5, n. 41080 in data 30.06.2009, Rv. 245388, B.). Trattasi, comunque, di riproposizione di questione già correttamente risolta nei precedenti gradi di giudizio.

3.e – E’ infondato anche il quinto motivo di ricorso (v. sopra sub 2.e) posto che la commissione di reati in materia di armi comporta la caducazione delle licenze in materia, con conseguente legittimità di sequestro e confisca : l’obbligatoria ablazione coattiva si estende dunque a tute le armi (e munizioni) detenute, senza possibilità di enucleare quelle eccedenti il limite (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 15575 in data 08.03.2001, Rv. 219273, Longobardi).

3.f – L’ultimo motivo di ricorso (v. sopra sub 2.f) è palesemente infondato, posto che il reato ex art. 497 ter c.p., si caratterizza come reato di falsità (in particolare detenzione di contrassegni falsi), dunque avente struttura e caratteristiche del tutto diverse dai reati di detenzione illegale di armi e munizioni, di tal che ne risulta inammissibile il proposto assorbimento.

3.g – In definitiva il ricorso, infondato in ogni sua prospettazione, deve essere rigettato.

Alla completa reiezione dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente D.F.C. al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 agosto 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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