T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 07-09-2011, n. 1614 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato all’Amministrazione resistente e depositato il 13.7.2009 L.R., premesso che con provvedimento del 27.6.2008 la Questura di Palermo aveva proposto al Prefetto della provincia l’adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente nei suoi confronti, evidenziando come lo stesso fosse stato segnalato all’Autorità giudiziaria per omessa custodia di armi e omessa denuncia di armi; che in data 12.1.2009 gli era stato comunicato l’avvio del procedimento amministrativo per l’adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi e munizioni; che egli aveva fatto pervenire all’Amministrazione una memoria difensiva; che in data 12.5.2009 il Prefetto aveva emesso il provvedimento impugnato, onerandolo altresì di cedere ad un terzo armi e munizioni in proprio possesso; che in data 27.5.2009 il medesimo aveva ottemperato all’ordine impartitogli; che con successivo decreto del 26.5.2009 il Prefetto aveva revocato il proto di fucile per uso caccia; che i provvedimenti impugnati traevano origine dal sequestro probatorio eseguito in data 15.4.2008 dagli agenti della Squadra di polizia amministrativa del Commissariato di P.S. "San Lorenzo" presso l’abitazione del padre del ricorrente; che in occasione di tale sequestro il ricorrente era stato trovato in possesso delle proprie armi presso l’abitazione del padre, ove le stesse si trovavano occasionalmente per la manutenzione e la loro pulizia; che in data 18.4.2008 aveva ricevuto l’avviso di garanzia per il reato di cui all’art. 698 c.p.; che il sequestro era stato successivamente revocato dal P.M., che aveva disposto la restituzione delle armi al ricorrente; che si era visto modificare i reati contestati e notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per i reati di cui agli art. 34 R.D. 731/1931 e 58 R.D. 635/1940; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati lamentandone l’illegittimità per 1) violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 11, 39, e 42 del T.U. Leggi di P.S., approvato con R.D. 773/1991 e 3 della L. 241/90; 2) illegittimità per eccesso di potere.

Alla adunanza camerale del 29.7.2009, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare della ricorrente, si è costituita l’Amministrazione resistente senza depositare memoria scritta, producendo documenti ed instando per il rigetto del ricorso avversario.

All’udienza del 15.7.2011 il ricorso, su concorde richiesta dei procuratori delle parti, è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con un primo ed articolato motivo di ricorso – rubricato violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 11, 39, e 42 del T.U. Leggi di P.S., approvato con R.D. 773/1991 e 3 della L. 241/90 – il L. si duole che i provvedimenti adottati siano stati presi prospettando un pericolo di abuso in realtà insussistente, sulla base di una iscrizione dello stesso nel registro degli indagati per omessa custodia di armi; tale reato non sarebbe ascrivibile al medesimo ricorrente, base sussistendo, allo stato, una mera indagine non sfociata in alcun provvedimento di condanna.

La censura è priva di pregio.

I provvedimenti impugnati sono stati adottati alla luce della nota del 27.6.2008, con la qualei la Questura di Palermo ha proposto il divieto di detenzione di armi nei confronti del ricorrente, ritenendo venute meno le garanzia di affidabilità dello stesso nella loro gestione.

La predetta nota, a sua volta, richiama la comunicazione di notizia di reato redatta in data 17.4.2008, dalla quale emerge che tre fucili di proprietà del ricorrente erano stati rubati presso l’abitazione del padre ove all’evidenza gli stessi si trovavano, il che integra il reato di omessa ripetizione di denunzia di armi di cui all’art. 58 regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 recante regolamento di esecuzione del T.U.L.P.S., poiché le predette armi erano state denunziate al diverso commissariato di zona dell’abitazione del ricorrente medesimo.

Ciò posto in punto di fatto, osserva il Collegio che "in materia di revoca del porto d’armi, l’Autorità di p.s. ha un’ampia discrezionalità nel valutare l’affidabilità del soggetto di fare buon uso delle armi, per cui la revoca può essere sufficientemente sorretta anche da valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di "fumus", in quanto nella materia de qua l’espansione della sfera di libertà dell’individuo è destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva. Al fine di valutare la logicità dell’apprezzamento discrezionale posto in essere dall’amministrazione, occorre orientarsi in una visione non meramente formalistica, quale risulterebbe quella che ritenesse rilevanti esclusivamente i precedenti penali dell’interessato, ma sostanzialistica, per cui non ostano al diniego dell’autorizzazione fatti che, pur non assumendo o non avendo più rilievo nell’ambito dell’ordinamento penale, siano tuttavia considerati tali da far ritenere il richiedente non affidabile quanto al loro uso, anche per non avere posto in essere le cautele necessarie per la loro custodia; pertanto, è legittimo il decreto di revoca di licenza di porto di fucile per uso caccia motivato dall’accertamento che il soggetto aveva compiuto, senza alcuna valida ragione, una serie di violazioni agli obblighi imposti dalla disciplina in tema di detenzione di armi, quali la detenzione di armi non dichiarate e lo spostamento di quelle dichiarate in luogo diverso " (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 16.10.2007, n. 167).

In altri termini, la violazione delle norme poste a tutela del controllo e della sorveglianza sull’uso delle armi da parte dell’Autorità di Pubblica sicurezza deve ritenersi sufficiente a giustificare i provvedimenti impugnati.

Tanto basta a far ritenere infondato anche il secondo motivo di censura con cui il ricorrente si duole, in sostanza, del difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati perché basati solo sulla segnalazione di polizia sopra detta.

Le spese di lite possono essere compensate, avuto riguardo alla natura ampiamente discrezionale dei provvedimenti impugnati ed alla peculiarità della situazione di fatto sottesa alla loro adozione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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