Cons. Stato Sez. V, Sent., 08-09-2011, n. 5057 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – La E. A. impugnava la nota prot. n. 9304 del 26/04/2010, con la quale le si era comunicata l’aggiudicazione definitiva alla F. s.p.a. della gara d’appalto (sorretta dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) relativa ai lavori per la realizzazione del programma innovativo in ambito urbano denominato contratto di quartiere II; la determinazione dirigenziale 23 aprile 2010 n. 317, recante detta aggiudicazione; il bando ed il disciplinare di gara, nonché ogni altro atto comunque connesso, con correlative richieste risarcitorie.

Essa proponeva censure di eccesso di potere per difetto istruttorio e motivazionale, disparità di trattamento, violata par condicio, violazione del punto 4.4, sezione 4, e della sezione 8, disciplinare di gara, nonché degli artt. 46 ed 86 e ss., codice dei contratti pubblici.

Il Comune di Capua si costituiva in giudizio e resisteva al ricorso, depositando tutta la pertinente documentazione.

Con motivi aggiunti, la stessa ricorrente originaria impugnava pure tutti gli atti di gara e specialmente quelli nei quali non era stata rilevata l’anomalìa dell’offerta della Finseco, con la prospettazione di analoghe doglianze.

B) – Considerato che le censure di cui al ricorso non apparivano sorrette da condivisibili argomentazioni, in ragione della congruenza motivazionale degli impugnati atti, attesa l’univocità nella formulazione della contestata offerta in relazione alla voce tempo (180 giorni differenziali per l’aggiudicataria, rispetto ai circa 540 del relativo cronoprogramma), di fronte ai circa 730 di cui al bando, e considerato che, per altro verso, il giudizio sull’anomalia non presentava evidenti profili d’illegittimità, alla stregua di macroscopiche inesattezze e/o manifeste illogicità, il Tribunale amministrativo territoriale respingeva il ricorso in epigrafe con sentenza breve, assunta in esito alla camera di consiglio cautelare, a spese ed onorari processuali compensati tra le parti in causa.

Donde l’appello della soccombente, proposto per errore di giudizio e di procedura (non essendo consentite integrazioni postume dell’offerta: cfr. C.S., sezione V, dec. n. 5597/2009), oltre che per le stesse censure già dedotte in prime cure, apparendo inverosimile una riduzione del monte ore di mano d’opera quantificata nel 25% e poi ulteriormente ristretta in sede di giustificazioni, fino a giungere talvolta al 90%, con ingiustificabile anomalìa dell’offerta, per l’aggiunta di ulteriori migliorìe, conducenti ad un inverosimile ribasso di circa il 40%.

C) – Il Comune di Capua appellato si costituiva in giudizio ed eccepiva (pure in apposita memoria conclusiva) l’ininfluenza della dedotta carenza motivazionale dell’impugnata sentenza breve, grazie all’effetto pienamente devolutivo dell’appello (cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 4244/2010); il mero errore materiale commesso dalla F., che lo avrebbe spiegato, come permesso ad ogni partecipante – senza alcuna integrazione documentale, prevalendo comunque il cronoprogramma rispetto alle offerte pertinenti alle singole lavorazioni – come semplice indicazione dei giorni in meno occorrenti per completare i lavori, rispetto alle previsioni del disciplinare di gara (cfr. C.S., sezione IV, dec. n. 5040/2007; sezione V, dec. n. 3703/2006 e dec. n. 3457/2004; C.G.A.R.S., dec. n. 733/2008), in ossequio al principio della più ampia partecipazione, ferma restando l’esclusione prevista unicamente per la mancata produzione della dichiarazione dell’offerta tempo e/o del cronoprogramma, ma non per un’eventuale loro discordanza di contenuti; l’inconfigurabile anomalìa, alla luce del congruo costo dei materiali, della percentuale di spese generali e di utili d’impresa proporzionale alle previsioni del disciplinare di gara e del costo unitario della mano d’opera conforme ad un 20% accettato dal tavolo di concertazione 17 maggio 2007; l’inesistenza di alcun danno risarcibile, in rapporto alla riscontrata legittimità degli atti gravati; l’intervenuta stipulazione del contratto d’appalto in data 2 agosto 2010, dopo la consegna dei lavori effettuata il 28 giugno 2010; infine, l’infondatezza della proposta istanza cautelare (poi respinta con ordinanza di questo Consiglio di Stato n. 4526/2010).

Pure l’appellata F. si costituiva in giudizio, formulando analoghe eccezioni e ponendo in luce come il suo punteggio complessivo, pari ad 89,331, benché depurato dei 5 punti relativi all’offerta tempo (quindi: 84,331) sarebbe sempre stato superiore a quello dall’antagonista attuale appellante (60,687).

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

Motivi della decisione

I) – L’appello è infondato e va respinto, dovendosi soltanto integrare la motivazione fornita dai primi giudici al riguardo, avendo la F. prodotto una dichiarazione ardua da comprendere, dato che, pur in presenza di un cronoprogramma (destinato comunque a prevalere sulla discussa offerta tempo, per il c.d. favor partecipationis: cfr. C.G.A.R.S., dec. n. 733/2008; C.S., sezione IV, dec. n. 5040/2007) contemplante una dettagliata tempistica circa la conclusione dei lavori in 18 mesi (o 540 giorni), essa aveva offerto un tempo di 180 giorni per completare i lavori, di fronte ai 24 mesi (o 720 giorni) indicati dal bando di gara: il tutto poi spiegato come frutto di un mero errore materiale, estrinsecatosi in un’offerta tempo al ribasso, indicante i giorni in meno proposti rispetto alla previsione del bando di gara (24 mesi o 720 giorni – 18 mesi o 540 giorni = 6 mesi o 180 giorni).

II) – Conseguentemente, la F. (in possesso, comunque, di un punteggio complessivamente maggiore di quello vantato dall’E. A.) non poteva essere esclusa dalla gara (poi conclusasi con la consegna dei lavori il 28 giugno 2010 e con la stipulazione contrattuale il 2 agosto 2010), avendo dimostrato il suo errore materiale, poi rettificandolo in sede di richiesta di chiarimenti e manifestando la propria concreta volontà in modo agevolmente intuibile, in rapporto ad un’offerta prezzo sostanzialmente unitaria (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 3457/2004), fermo restando che non doveva necessariamente sussistere alcun rapporto consequenziale fra cronoprogramma onnicomprensivo e tempistiche specificamente indicate in ogni singola offerta.

III) – Al che deve aggiungersi come il disciplinare di gara sanzionasse con la comminata esclusione unicamente la mancata produzione della discussa dichiarazione e dell’allegato cronoprogramma, ma non l’eventuale discordanza fra i contenuti dei due documenti, non essendosi compromessi interessi sostanziali della p.a. né pregiudicata la par condicio tra le imprese concorrenti (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 6410/2007 e dec. n. 3703/2006): in proposito, la stazione appaltante non aveva mai chiesto chiarimenti sull’offerta prezzo, ma solo precisazioni circa la concreta volontà sottesa alla ripetutamente rammentata dichiarazione, comunque permettendo a tutte le altre imprese partecipanti di esporre le rispettive valutazioni al riguardo (v. art. 46, codice dei contratti pubblici: le varianti migliorative proposte dovevano intendersi come sostitutive e non aggiuntive rispetto alle voci di prezzo poste a base della gara).

Infine, quanto alla paventata anomalìa dell’offerta, il costo dei materiali appariva giustificato dalle prospettate offerte commerciali, con percentuali di spese generali e di utili d’impresa indubbiamente conformi alle previsioni del disciplinare di gara e costi unitari della mano d’opera in armonia con le percentuali (20%) emergenti dal tavolo di concertazione 17 maggio 2007, allegato agli atti.

A questo punto, la riscontrata legittimità degli atti originariamente impugnati giustificava e giustifica la denegata tutela risarcitoria, per cui, conclusivamente, l’appello va respinto.

Le spese sono liquidate come in dispositivo, secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello n. 6892/2010 e condanna l’appellante E. A. a rifondere al Comune di Capua ed alla Finseco le spese del secondo grado di giudizio, liquidate in complessivi euro seimila/00, di cui euro seicento/00 per esborsi (in ragione di metà per ciascuno), oltre ai dovuti accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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