Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-06-2011) 01-08-2011, n. 30449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 24.03.2010 la Corte d’assise d’appello dell’Aquila, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa in esito a rito abbreviato, esclusa l’aggravante dei futili motivi, riduceva la pena nei confronti di N.F., in concorso di attenuanti generiche, ad Euro 150 – di multa per il reato di rissa, ad anni 13 di reclusione per il delitto di omicidio volontario, ferma mantenendo la pena di mesi uno di arresto ed Euro 100 di ammenda per la contravvenzione di porto ingiustificato di un coltello, fatti commessi in (OMISSIS). Con la stessa sentenza erano applicate le pene accessorie di legge, era revocato una precedente sospensione condizionale della pena, ed il predetto imputato era condannato al risarcimento dei danni, più spese di lite, in favore delle costituite parti civili. Entrambi i giudici del merito ritenevano invero provato che il N., nel corso di una rissa, avesse ucciso con tre coltellate al costato sinistro I.E. M.. La vicenda aveva avuto inizio con un diverbio all’interno di un locale ed era proseguita all’esterno con la contrapposizione di tre extracomunitari, tra cui la vittima, e tre italiani (il N. ed i suoi amici T. e M.), con l’esito anzidetto. La Corte territoriale ribadiva la sussistenza di elementi certi di colpevolezza basati : a) sulle intercettazioni ambientali relative al colloquio tra l’imputato ed il T. nella Stazione di Carabinieri; b) sulla confessione stragiudiziale resa dal N. all’amico M. e da quest’ultimo ben credibilmente riferita, posto che era stata anche confermata de relato dalla sorella del predetto teste; c) sulla traccia di sangue appartenente alla vittima rinvenuta sul giubbotto dell’imputato; d) sul complesso di ogni dato raccolto sia oggettivo che testimoniale. Ciò posto, i giudici del secondo grado escludevano le prospettazioni difensive con cui si chiedevano la legittima difesa, l’eccesso colposo in legittima difesa, l’omicidio preterintenzionale e l’attenuante della provocazione, ritenute ipotesi tutte estranee al panorama fattuale chiaramente emerso.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava l’impugnazione deducendo: a) vizio di motivazione nella ricostruzione della vicenda, posto che il fatto omicidiario si era verificato in un momento successivo alla fine della rissa, e dunque esso ricorrente si era solo difeso dall’aggressione del gruppo contrapposto che l’aveva inseguito; tanto ritenuto, si doveva dare ingresso alla chiesta legittima difesa; b) sussistenza, comunque, dell’eccesso colposo in tale sua legittima difesa; c) in subordine, doveva essere riconosciuta l’attenuante della provocazione, per avere l’altro gruppo trasmodato rispetto alla contesa; d) violazione del divieto di reformatio in pejus rispetto al primo grado, quanto alla pena, con riferimento alle generiche dichiarate equivalenti in prime cure e non concesse nella loro massima estensione in secondo grado.

3. Il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve essere dichiarato inammissibile con tutte le dovute conseguenze di legge.

3.1 – Deve essere dapprima rilevato come l’odierno ricorrente non proponga alcun motivo di ricorso nel merito dei reati (rissa e porto di coltello) diversi dall’omicidio volontario.

3.2 – Quanto, dunque, alle deduzioni in ordine a tale ultimo delitto, è del tutto infondato il primo motivo di ricorso v. sopra sub 2.a, posto che esso postula una diversa ricostruzione in fatto, non consentita in questa sede di legittimità, dovendosi rilevare, di contro, la corretta e coerente lettura degli eventi resa in modo concorde da entrambi i giudici del merito. Deve poi essere nel concreto rilevata – comunque – la decisa insostenibilità logico – giuridica della tesi difensiva (secondo cui la rissa sarebbe stata già esaurita al momento dell’accoltellamento della vittima), posto che lo stesso atto di ricorso prospetta che i componenti del gruppo antagonista avrebbero inseguito esso N. in quella che, non essendovi stata apprezzabile soluzione di continuità, non può definirsi che una frazione (ancorchè l’ultima) della rissa stessa.

Pacifico, del resto, deve ritenersi che il reato di rissa, per la sua natura necessariamente plurisogettiva, si possa articolare in vari segmenti particolari che, nell’unità di tempo e di spazio, da intendere funzionalmente, non ne compromettono la struttura unitaria (in tal senso già si era espressa Cass. Pen. Sez. 5, n. 3866 in data 23.01.1986, Rv. 172731, Palaia). Per unità funzionale del reato di rissa, in tal senso, deve intendersi la non ancora esaurita carica di aggressività reciproca e generalizzata – nel che in definitiva consiste il reato – e ciò anche se alcuno dei corrissanti, nel frangente, possa avere la peggio (o, viceversa, prevalere).- Ciò posto, è del tutto evidente come – pur anche, per ipotesi, seguendo in fatto il discorso difensivo – la tesi non possa qui avere ingresso.

Tanto ritenuto, è di tutta evidenza la conseguenza in diritto che impedisce il riconoscimento dell’invocata scriminante della legittima difesa, pacifico essendo che la stessa risulta incompatibile nell’ambito di una rissa in cui gli animi sono contestualmente volti all’aggressione reciproca (secondo il tradizionale insegnamento di questa Corte di legittimità). Solo ove qualcuno dei corrissanti ecceda dalle modalità comuni della rissa, con condotta anomala e non prevedibile, si potrebbe dare spazio alla legittima difesa (cosi, in particolare, Cass. Pen. Sez. 5, n. 4402 in data 09.10.2008, Rv.

242596, P.G. in proc. Corrias), ma ciò non può, nella presente fattispecie, essere invocato proprio dall’imputato, atteso che nessuno degli antagonisti era armato e solo il N., di contro, ebbe ad usare il coltello. La motivazione della Corte territoriale, sul punto, logica e coerente, nonchè rispettosa della normativa e della giurisprudenza di legittimità, è dunque del tutto immune dalle infondate censure del ricorrente.

3.3 – Tanto ritento, è del pari conseguente che non possa avere ingresso neppure il tema dell’eccesso colposo in legittima difesa, come proposto nel secondo motivo di ricorso v. sopra sub 2.b. Ed invero è del tutto consolidata la giurisprudenza di questa Corte regolatrice secondo cui non è configurarle l’eccesso colposo allorchè, in radice, sia esclusa la legittima difesa (v., da ultimo, Cass. Pen. Sez. 5, n. 26172 in data 11.05.2010, Rv. 247898, P.), a tacere che – nella fattispecie – il prospettato eccesso (tre colpi penetranti alPemitorace sinistro) non sarebbe di certo frutto di mera colposa valutazione.- Anche sul punto la motivazione dei giudici territoriali è del tutto corretta.

3.4 – Del tutto infondato si rivela altresì il terzo motivo di ricorso (v. sopra sub. 2.c) nel quale si censura il mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione.- Pacifica è, invero, la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’attenuante in parola è strutturalmente incompatibile nell’ambito della rissa (v.

Cass. Pen. Sez. 5, n. 43383, in data 17,10.2005, Rv. 232455, Da Pieve; ecc.), non potendo comunque essere ravvisate, nella fattispecie, condotte anomale prevaricanti e trasmodanti a carico degli antagonisti (e della vittima in particolare), come appena sopra già rilevato. Anche sul punto il ricorso è del tutto infondato.

3.5 – Non può avere ingresso neppure l’ultimo motivo di ricorso v. sopra sub 2.d con il quale la difesa censura la mancata concessione delle generiche nella loro massima estensione. Ed invero la Corte territoriale ha effettuato sul punto ampia e convincente motivazione (v. ff. 26 e 27 della sentenza), basata in particolare sulle negative caratteristiche personali dell’imputato (diffusamente riportate), con la quale, in modo logico e coerente, fornisce ragione del proprio giudizio di applicazione ridotta delle generiche e dunque dell’uso della discrezionalità, che la legge riserva al giudice del merito, nella docimasia sanzionatoria. Del tutto eccentrico, rispetto alla nonnativa, l’argomento del ricorrente secondo cui la mancata concessione delle generiche nella loro massima estensione configurerebbe vizio di reformatio in pejus, posto che in primo grado le stesse vennero ritenute equivalenti, ed atteso che, esclusa l’aggravante, il giudice dell’appello non aveva vincoli nel determinare la giusta riduzione ex art. 62 bis c.p.. Anche sul punto il ricorso è palesemente infondato.

3.6 – In definitiva il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve essere dichiarato inammissibile ex art. 591 c.p.p., e art. 606 c.p.p., comma 3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente N. F. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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