Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-05-2011) 01-08-2011, n. 30418

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.S. propone ricorso contro l’ordinanza del tribunale del riesame di Roma, che ha rigettato la richiesta di revoca del decreto di convalida di sequestro emesso in data 3 dicembre 2010 dal pubblico ministero presso il tribunale di Velletri.

Con un unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle norme processuali, nonchè manifesta illogicità della motivazione, in quanto gli oggetti in sequestro non sarebbero in alcun modo utili a provare il capo di imputazione in relazione al reato ipotizzato dall’accusa (art. 497 ter c.p.).

In particolare, ritiene il ricorrente che nessuno degli oggetti in sequestro (il lampeggiante intermittente; la paletta per segnalazione stradale; la pistola giocattolo;

la tessera associativa della associazione Europea operatori di polizia) possa definirsi come segno distintivo delle forze dell’ordine.

Sostiene inoltre il ricorrente la totale mancanza del fumus commissi delicti.

Per tali motivi F.S. chiede la cassazione dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

Va detto innanzitutto che il ricorrente non indica quale sarebbe la norma processuale violata, per cui sotto questo profilo il ricorso è inammissibile per eccessiva genericità, derivante dalla mancata indicazione specifica della norma oggetto di violazione. Quanto alla illogicità della motivazione, essa sembra strettamente correlata con la censura relativa alla violazione di legge (anch’essa assai genericamente enunciata nella rubrica e non adeguatamente sviluppata nella parte motiva del ricorso); il ricorrente si duole del fatto che il tribunale abbia ritenuto i beni in sequestro quali segni distintivi delle forze dell’ordine, ai sensi dell’art. 197 ter c.p..

In realtà, l’ordinanza impugnata è sorretta da adeguata e corretta motivazione, pur se necessariamente succinta, atteso lo scarso valore dei beni in sequestro; il tribunale ha mantenuto il vincolo su detti beni sia sulla considerazione che in caso di condanna i beni dovranno essere confiscati, sia perchè proprio ai fini dell’accertamento del reato contestato è necessario sottoporre detti beni a verifiche per accertarne la provenienza. E tale ultima considerazione, in particolare, non può che essere condivisa. Quanto, infine, alla doglianza principale, relativa alla impossibilità di qualificare i beni in sequestro come segni distintivi delle forze dell’ordine, ritiene questo Collegio che il tribunale abbia correttamente effettuato una considerazione complessiva dei fatti, anche alla luce del comportamento tenuto dal ricorrente all’atto del sequestro. Se anche i beni, singolarmente presi, potessero non ritenersi segni inequivocabili che distinguono le forze di polizia, non vi è dubbio che nel contesto in cui furono utilizzati e soprattutto nel loro complesso assumano una valenza idonea ad identificare la funzione di polizia, latamente intesa. Ma, soprattutto, si deve tener conto della seconda parte dell’art. 497 bis, comma 1, n. 1, il quale punisce chi illecitamente detiene non solo i segni distintivi dei corpi di polizia, ma anche oggetti o documenti che ne simulano la funzione. E gli oggetti sequestrati al F. certamente sono idonei, se complessivamente ritenuti, ad ingenerare la convinzione che il suo utilizzatore svolga una funzione di polizia; nè si deve dimenticare che al momento del controllo eseguito dalla polizia stradale di Albano Laziale, il F. sostenne che egli, con i suoi complici, doveva eseguire una perquisizione.

Per questi motivi il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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