T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 08-09-2011, n. 2193

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La A.I. s.p.a. impugna l’atto del Comune di Milano prot. n. 144981/2010 del 23.2.2010 – nella parte in cui chiede il versamento di 1.367.145,60 euro a titolo di monetizzazione delle aree a standard, a fronte della presentazione di due denuncie di inizio attività, aventi ad oggetto interventi di mutamento di destinazione d’uso del complesso immobiliare di sua proprietà, situato tra viale del Ghisallo e viale De Gasperi – e le deliberazioni dirigenziali n. 7/04 del 2.2.2004 e n. 15/06 del 4.4.2006.

2. Questi i profili di doglianza:

I. violazione dell’art. 23 Cost. in relazione agli artt. 42 e 51, l. Regione Lombardia n. 12/2005 in quanto il Comune ha preteso il pagamento di una monetizzazione che non è prevista dal vigente piano regolatore generale ed applicando una tariffa che non è stata determinata da tale piano; illegittimità degli eventuali provvedimenti di carattere generale diversi dal p.r.g. con cui il Comune di Milano dovesse avere fissato le regole per la determinazione della tariffa in quanto l’art. 51, l. reg. Lombardia n. 12/2005 riserverebbe tale compito esclusivamente allo strumento urbanistico generale;

II. illegittimità delle deliberazioni dirigenziali n. 7/04 del 2.2.2004 e n. 15/06 del 4.4.2006 per violazione dell’art. 23 Cost. in relazione all’art. 1, l. Regione Lombardia n. 1/2001 ed all’art. 51, l. Regione Lombardia n. 12/2005; incompetenza; violazione dell’art. 1, l. n. 241/1990, dell’art. 22, l. Regione Lombardia n. 51/1975 e dell’art. 5, d.m. n. 1444/1968; eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione, del travisamento dei fatti, dell’illogicità manifesta, dell’equivocità e dell’indeterminatezza;

III. eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti, violazione delle disposizioni dirigenziali n. 7/04 e n. 15/06 e dell’art. 2195 c.c.

3. L’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio e, oltre a contestare la fondatezza delle censure dedotte ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza della ricorrente alla pretesa comunale.

4. All’udienza pubblica del 19 maggio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

5. Il Collegio ritiene di poter tralasciare l’esame della questione di rito sollevata dall’amministrazione resistente, stante l’infondatezza nel merito del ricorso che va dunque respinto.

6. La ricorrente lamenta la violazione dell’art. 23 Cost. in relazione agli artt. 42 e 51, l. Regione Lombardia n. 12/2005 in quanto il Comune ha preteso il pagamento di una monetizzazione che non sarebbe prevista dal vigente piano regolatore generale ed applicando una tariffa che non sarebbe stata determinata da tale piano.

La A.I. s.p.a. si duole, poi, dell’illegittimità degli eventuali provvedimenti di carattere generale diversi dal p.r.g. con cui il Comune di Milano dovesse avere fissato le regole per la determinazione della tariffa – in quanto l’art. 51, l. reg. Lombardia n. 12/2005 riserverebbe tale compito esclusivamente allo strumento urbanistico generale – e delle disposizioni dirigenziali n. 7/04 e n. 15/05 in quanto illogiche, carenti di istruttoria, di motivazione, equivoche ed indeterminate e – nella parte in cui individuano i casi in cui i mutamenti di destinazione d’uso comportano un aumento del fabbisogno di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico – in contrasto con l’art. 1 della l. regionale n. 1/2001, l’art. 51, l. reg. Lombardia n. 12/2005 ed affette da incompetenza.

I motivi, che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico, sono privi di fondamento.

Con atto del 2 luglio 2009, la A.I. s.p.a. ha assunto l’impegno a pagare all’amministrazione comunale quanto dovuto per l’aggravio di standard – quantificato sulla base dei coefficienti aggiornati al giugno 2008 dal Comune – connesso al cambio di destinazione d’uso, con opere, da industriale a terziario, dell’immobile sito in viale De Gasperi, n. 2, oggetto delle denuncie di inizio attività presentate l’8.7.2009 ed il 16.12.2009 (doc. 3 dell’amministrazione).

Con la tavola n. 25, allegata alla d.i.a. del 16.12.2009, la stessa A.I. s.p.a. ha individuato in 6.550,39 mq. la superficie totale da monetizzare ed ha calcolato il costo della monetizzazione in euro 1.155.752,35 (doc. n. 15.2 della ricorrente).

Con il provvedimento impugnato è, quindi, intervenuta l’adesione dell’amministrazione all’impegno unilateralmente assunto dall’istante: l’unico dato da cui l’amministrazione si è discostata rispetto a quanto indicato dalla ricorrente nella tavola n. 25, attiene alla localizzazione dell’area da monetizzare (individuata dall’amministrazione nella zona n. 58 Accursio) e, quindi, al corrispondente valore minimo di monetizzazione (208,70 euro anziché 176,43 euro), elemento che, però, non è oggetto di contestazione con il presente ricorso.

L’obbligo di versare la somma corrispondente all’incremento di fabbisogno di aree a standard, dovuto al passaggio dalla destinazione industriale a quella terziaria, è sorretto da un’autonoma fonte negoziale.

Quanto convenuto ha, quindi, forza di legge tra le parti, ai sensi dell’art. 1372 c.c.: l’obbligo grava, perciò, sulla ricorrente a prescindere dalla doverosità di tale impegno in base alla legge, alle previsioni dello strumento urbanistico o alle disposizioni dirigenziali impugnate.

Invero, poiché si verte in tema di diritti disponibili, ben può la parte promittente liberamente assumere impegni patrimoniali a prescindere da un obbligo normativo o, comunque, più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 settembre 1999, n. 1209; Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2005, 4015; Tar Lombardia, Milano, sent. n. 196/2010).

La legge non vieta, invero, l’assunzione di un obbligo di versare le somme corrispondenti alla maggiore necessità di standard legata alla realizzazione di un mutamento di destinazione d’uso; tanto meno un simile impegno si pone in contrasto con norme imperative.

Né l’atto del 2 luglio 2009 è oggetto di contestazione in merito al corretto formarsi della volontà di parte.

7. Per le medesime ragioni sono infondate: la censura proposta avverso la disposizione dirigenziale n. 15/06 – nella parte in cui ha previsto che, in caso di mutamento di destinazione d’uso da "produttivo" a "terziario" degli edifici compresi entro la zona "I", il fabbisogno di aree a standard ammonta al 100% della slp oggetto di variazione che eccede la quota massima del 30%, mentre con la disposizione n. 7/04 detto fabbisogno era quantificato nel 75% della predetta slp; la censura sollevata avverso la deliberazione n. 7/04 – laddove fissa il fabbisogno nel 75% della slp oggetto di variazione che eccede la quota massima del 30% anziché nella differenza tra il fabbisogno indotto dalla destinazione terziaria e quello indotto dalla destinazione produttiva – e l’ultimo motivo di ricorso, con cui viene lamentato il vizio dell’eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti e la violazione delle disposizioni dirigenziali n. 7/04 e n. 15/06 e dell’art. 2195 c.c.

È stata la stessa ricorrente ad individuare, nella tavola n. 25 allegata alla d.i.a., in 6.550,39 mq. la superficie totale da monetizzare e l’amministrazione, con il provvedimento impugnato, si è attenuta a tale indicazione, avendo calcolato l’importo facendo riferimento ad una misura pressoché identica, pari a 6.550,77 mq.

A fronte di un atto con cui il privato ha quantificato – oltretutto per mezzo di un tecnico che ha operato sotto la propria responsabilità – l’ammontare della monetizzazione dovuta in conseguenza dell’aggravio degli standard connesso alla nuova destinazione d’uso ed ha assunto l’impegno con l’amministrazione a versare la somma così quantificata, non è consentito alla parte promittente porre unilateralmente in discussione, in un momento successivo, quanto da essa stessa dichiarato e sottrarsi ad obblighi liberamente assunti (tranne che faccia valere – ma ciò non ricorre nel caso di specie – una causa di invalidità dell’accordo).

8. Sono, infine, inammissibili per carenza di interesse le censure rivolte alle disposizioni dirigenziali n. 7/04 del 2 febbraio 2004 e n. 15/06 del 4 aprile 2006 nella parte in cui prevedono, in caso di mutamento di destinazione d’uso realizzato mediante l’esecuzione di opere edilizie, che il ricorso alla procedura di monetizzazione delle aree a standard possa comunque essere richiesto anche a chi non vi provveda spontaneamente e laddove dispongono l’irrogazione di una sanzione per l’ipotesi in cui l’impegnativa a cedere o monetizzare le aree non venga prodotta nei casi previsti.

La ricorrente non ha, invero, alcun interesse a contestare le previsioni richiamate in quanto esse non hanno trovato applicazione nel caso di specie: il ricorso alla procedura di monetizzazione è, difatti, avvenuto su libera iniziativa del privato e non è stata irrogata alcuna sanzione.

9. Per le ragioni esposte il ricorso è, dunque, infondato e va, pertanto, respinto.

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento, a favore del Comune di Milano, delle spese del presente giudizio che quantifica in euro 3000,00 (tremila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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