Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 01-08-2011, n. 30481

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 22.10.2010 il Tribunale di Catania, costituito ex art. 310 cod. proc. pen., ha rigettato l’appello proposto da C.S. avverso l’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Ragusa, il 17.5.2010, disattendeva l’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere, applicata al predetto in relazione al reato di omicidio volontario in danno di C.D.. Per quanto emerge dall’ordinanza impugnata la vittima era stata aggredita e colpita alla testa con bastoni da parte di più persone, in (OMISSIS), riportando lesioni che ne cagionavano la morte il successivo 9 dicembre.

La richiesta di revoca della misura custodiale applicata all’indagato era fondata sul contenuto delle sopravvenute spontanee dichiarazioni rese il 6.2.2010 dalla convivente dell’Indagato, A.C. fecondo la quale i colpi mortali erano stati inferti alla vittima dai coindagati D.G. e R.D., mentre il C. era stato inerte spettatore. Dette dichiarazioni confortavano la ricostruzione fornita da S.P.D. nell’immediatezza del fatto.

Riteneva, di contro, il Tribunale, condividendo le argomentazioni del Gip, che le dichiarazioni di A.C. non potevano ritenersi attendibili non avendo la stessa spiegato la ragione per la quale si era determinata a riferire tale ricostruzione dei fatti soltanto a distanza di tanto tempo. Inoltre, quanto riferito dalla predetta non contraddiceva le circostanze di fatto, ritenute attendibili, tratte dalle dichiarazioni specifiche di V.N., presente ai fatti che aveva dichiarato che il C. aveva indotto la vittima a recarsi nel luogo dell’agguato e, quindi, si era unito all’azione degli aggressori colpendo la vittima con un bastone; dette circostanze trovavano, peraltro, conferma nella chiamata in correità del D., trovato sul posto dell’aggressione insieme al C. al momento dell’intervento della polizia giudiziaria.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il C., personalmente, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento ai presupposti di cui all’art. 299 cod. proc. pen. e all’art. 273, comma 1 bis, e art. 192 cod. proc. pen.. In specie il ricorrente: richiama le dichiarazioni di S.P.D. e A.C., evidenziandone la coincidenza; censura la valutazione del Tribunale, affetta da illogicità, in ordine all’inattendibilità della A. in ragione del solo dato temporale, senza peraltro tenere conto che la predetta aveva riferito i fatti prima della completa discovery, quindi, particolarmente rilevante doveva ritenersi la coincidenza con quanto aveva già dichiarato S.P.D.; sottolinea come, all’evidenza, detta ricostruzione dei fatti renda vulnerabile il quadro indiziario fondato sulle dichiarazioni di V.N. e del coindagato, quest’ultima contraddittoria e priva di riscontri in ordine alla circostanza che era stato il C. a provocare la rissa.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La motivazione della ordinanza impugnata si sottrae alle censure che le sono state mosse su tutti i punti contestati dal ricorrente.

Il Tribunale, infatti, ha rappresentato con argomenti logici e coerenti che le sopravvenute dichiarazioni di A.C. non possono ritenersi attendibili non avendo la stessa spiegato il motivo per il quale si era determinata a riferire i fatti a distanza di tanto tempo. Ciò a fronte di un compendio indiziario già valutato desunto da quanto affermato da un testimone presente al fatto e dalle dichiarazioni rese dal chiamante in correità che era stato trovato sul posto dell’aggressione insieme al C..

Il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

Invero, le censure del ricorrente si sostanziano in questioni di merito volte ad una rilettura dei fatti, non consentita in questa sede, peraltro, sulla base di dichiarazioni di una testimone solo parzialmente riportate del testo del ricorso che, sotto tale profilo, non è neppure autosufficiente.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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