T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 08-09-2011, n. 1372 Contratto preliminare Responsabilità precontrattuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. F., L. ed E.D. sono i proprietari e Lydia Cacherano D’Osasco è l’usufruttuaria di un terreno a Spinea (Venezia), censito a foglio 7, mappale 57.

1.2. Il Comune di Spinea, con la nota 22 novembre 2004, prot. n. 36134/MR/GDPI04 del Settore tecnicoufficio espropri, comunicò ai consorti D. – anche ai fini partecipativi ex art. 11 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 – che, con deliberazione consiliare 26 aprile 2004, n. 54, era stata approvata una variante parziale al p.r.g. per la realizzazione di una nuova strada che avrebbe attraversato la loro proprietà.

1.3. Si avviò così un confronto partecipativo tra l’Ente e gli interessati: in particolare, secondo quanto esposto in ricorso, il 6 dicembre 2004 i rappresentanti del Comune proposero una permuta, per cui, in cambio della parte della proprietà dei D. necessaria all’opera, ad essi sarebbe stata trasferita una porzione, di pari superficie del mappale 54, all’epoca appartenente al Comune.

1.4. Le trattative ebbero ancora un lungo decorso, sino a giungere, nell’aprile 2005, mediante scambio di dichiarazioni sottoscritte, alla formazione di un accordo preliminare di permuta, che non ebbe peraltro attuazione.

1.5. Il Comune, infatti, predispose un frazionamento dei terreni interessati dalla permuta, ed invitò i D. ad approvarlo, ma questi si rifiutarono: in un telefax del 31 gennaio 2006, rilevarono come tale frazionamento prevedesse l’acquisizione a favore del Comune di un’area maggiore di quella concordata nell’intesa preliminare dell’aprile 2005, sia pure giustificata dalla maggiore larghezza imposta alla strada da realizzare, ed invitarono il Comune ad una rettifica o, in alternativa, ad una modifica dell’accordo, che non giunse mai.

1.6. Infatti, il Comune di Spinea, con deliberazione consiliare 20 aprile 2009, n. 41, autorizzò la cessione di immobili comunali, fra i quali la porzione del mapp. 54, ad A. e B.B., e ad E.M., in permuta di altri beni immobili di proprietà di questi ultimi, cessione poi effettivamente perfezionata nel seguente mese di giugno.

1.7. Ne è scaturita la presente vertenza, in cui i consorti D. chiedono che questo T.A.R., accertata la responsabilità del Comune di Spinea per aver dapprima disatteso e poi violato l’accordo preliminare di permuta del 1226 aprile 2005, con essi sottoscritto, accertata altresì la responsabilità della stessa Amministrazione comunale per avere, nella vicenda di cui è causa, anche e comunque violato i principi di trasparenza, imparzialità, buona amministrazione e buona fede, dichiari il Comune di Spinea tenuto e, per l’effetto, lo condanni al risarcimento dei danni ingiustamente subiti a causa delle predette illecite violazioni, nella misura quantificata in complessivi Euro 580.000,00, ovvero in quella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa.

1.8. Si è costituito il Comune di Spinea il quale, dopo aver sollevato una preliminare eccezione di carenza di giurisdizione, ha altresì concluso per l’infondatezza della domanda, escludendo in radice una responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione e, comunque, che gli interessati abbiano subito un tangibile danno patrimoniale per la condotta tenuta dall’Ente resistente.

2.1. Orbene, prima di esaminare l’eccezione di carenza di giurisdizione, è intanto utile prendere in esame i due documenti, i quali costituiscono gli elementi salienti della controversia, tali da rendere comunque affatto superflua ed irrilevante – anche ammesso che fosse ammissibile – la prova testimoniale richiesta.

2.2. Il primo documento è l’atto, separatamente sottoscritto nell’aprile 2004 dai D. e dal Comune, ed intitolato "accordo preliminare".

2.2.1. In esso, viene intanto premesso che il Comune "sta operando per risolvere il problema annoso della viabilità sul territorio comunale", e, a tale scopo, "una soluzione vincente per risolvere uno di questi problemi è quello di eliminare i semafori e per fare questo occorre intervenire con la realizzazione di rotatorie e con l’incanalamento dei traffico lungo ben determinate direttrici".

2.2.2. Una delle zone critiche, prosegue l’atto, "è il quadrante che va da via Luneo, via Roma, via delle Industrie, via Baseggio, via Martiri"; e, per risolvere il relativo problema, "si è deciso di realizzare una rotatoria in via Roma – via delle Industrie ed una arteria tra via delle Industrie -via Martiri attraverso via Baseggio", per la cui realizzazione "occorre acquisire un’area di proprietà degli eredi del sig. D. C.".

2.2.3. Viene quindi ricordato che "l’Amministrazione Comunale è proprietaria di un’area confinante con il lato ovest della restante proprietà degli eredi del sig. D. C., e che si è addivenuto ad una compensazione a sostanziale parità di superficie".

2.2.4. Si decide inoltre (ma nell’originale qui la prosa perde di coerenza sintattica), di prevedere "la concessione a favore della proprietà esproprianda di un’indennità ai sensi dell’art. 33 del DPR. 327/01 e successive modifiche ed integrazioni, aggiuntiva rispetto a quella costituita dai valore della striscia di terreno offerta in permuta", nonché "di garantire la proprietà esproprianda che l’area comunale offerta in permuta è e sarà non solo assolutamente libera da pesi, oneri e/o vincoli di sorta, ma anche che sarà, al momento della realizzazione della nuova viabilità, nelle medesime condizioni di fatto in cui verrà ceduta al Comune l’area di sedime del nuovo collegamento tra via Baseggio e via delle Industrie, e cioè perfettamente pianeggiante, senza avvallamenti e ripulita dalla vegetazione spontanea attualmente ivi insistente fatto salvo il mantenimento del fossato ad ovest"; infine, si stabilisce anche di disporre "che le pratiche amministrative, tecniche e notarili necessarie alla permuta delle sopra richiamate aree vengano esperite a totale cura e spese dell’Amministrazione, senza alcun onere per la proprietà esproprianda".

2.2.5. Fatta questa articolata premessa, il documento continua affermando – in gran parte ripetendo quanto aveva in precedenza sostenuto – che "il presente accordo preliminare si prefigge di raggiungere l’obiettivo della compensazione dell’area degli eredi del sig. D. C. censita al Fg. 7 Mapp. 57/parziale di mq. 1710 con quella di proprietà comunale censita al Fg.7 Mappale 54/parziale per complessivi mq. 1693 così come evidenziato nell’allegata planimetria", nonché di "prevedere la concessione a favore della proprietà esproprianda di un’indennità ai sensi dell’art. 33 del DPR 327/01 e successive modifiche ed integrazioni, aggiuntiva rispetto a quella costituita dal valore della striscia dì terreno offerta in permuta"; di "disporre che le pratiche amministrative, tecniche e notarili necessarie alla permuta delle sopra richiamate aree vengano esperite a totale cura e spese dell’Amministrazione, senza alcun onere per la proprietà espropriando".

Seguono poi le firme, precedute dall’ultima precisazione per cui "Le parti concordano che detta compensazione soddisfa entrambi trattandosi di aree con la medesima destinazione urbanistica e sostanzialmente della medesima consistenza".

2.3. A sua volta la nota D. del 31 gennaio 2006 rappresenta, anzitutto, di aver verificato, con l’ausilio di tecnici di fiducia, i frazionamenti predisposti "in vista della permuta in oggetto": era stato così appurato che "detti frazionamenti non (erano) coerenti con l’accordo preliminare… sottoscritto nello scorso aprile 2005".

Mentre, infatti, questo aveva previsto "aree comunali in cessione per complessivi mq. 1693 ed aree private da acquisire per complessivi mq. 1710", per effetto dei frazionamenti proposti, "risultano, rispettivamente, complessivi mq. 1502 di aree comunali in cessione e complessivi mq. 2116 di aree private da acquisire, il tutto a svantaggio" della proprietà D., e da ciò la conclusione che "occorre pertanto rivedere i frazionamenti o, in alternativa, i termini dell’accordo".

3.1. A questo punto si deve ricordare che rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo da un canto le controversie in materia di "formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo" (art. 133, I comma, lett. a, n. 2, del c.p.a.), dall’altro quelle "aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità" (id., lett. g).

Infine, ex art. 7, V comma, c.p.a., nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.

3.2. Ora, non pare dubbio che la vertenza in esame discende da un’attività di formazione – ovvero da un comportamento – finalizzata alla stipulazione di un accordo, peraltro mai attuato, sostitutivo di provvedimento in materia di espropriazione, in funzione della realizzazione di opere pubbliche: accordo dunque mediatamente riconducibile all’esercizio di un pubblico potere.

La richiesta risarcitoria, per il combinato effetto delle norme appena citate, rientra quindi nella giurisdizione di questo giudice.

4.1. Passando così al titolo della richiesta risarcitoria, i ricorrenti affermano che la trasparenza, l’imparzialità, la buona amministrazione, la correttezza nelle trattative ed il rispetto degli impegni assunti costituiscono, nel vigente ordinamento, "principi cardine e basilari dell’azione amministrativa, specie nelle materie della pianificazione urbanistica e dell’espropriazione per pubblica utilità in cui, secondo quanto previsto e consentito dalle rispettive norme d’azione della P.A., è sempre più frequente l’utilizzo, da parte di quest’ultima, di modelli consensuali in sostituzione dell’esercizio del potere amministrativo".

4.2.1. Nella fattispecie, il Comune di Spinea avrebbe utilizzato appunto tali modelli, nel momento in cui ha proposto ai D. un accordo bonario di permuta, sostitutivo del provvedimento espropriativo, così da contemperare "l’interesse pubblico all’apprensione, al patrimonio comunale, del sedime necessario per la realizzazione dell’opera pubblica e l’interesse del privato a vedersi – quantomeno parzialmente – compensato di tale sacrificio con l’attribuzione in proprietà di una equipollente porzione d’area", evidentemente reputata dall’Amministrazione non necessaria a soddisfare direttamente bisogni collettivi.

4.2.2. E se, fino al frazionamento proposto, l’Amministrazione si sarebbe attenuta ai modelli procedimentali previsti dalla normativa in materia di procedimento amministrativo e d’espropriazione per pubblica utilità, in seguito essa li avrebbe violati, dapprima procrastinando la formalizzazione, per atto notarile, dell’accordo di permuta con i ricorrenti per poi addirittura cedere a terzi, all’insaputa dei ricorrenti, la medesima area comunale oggetto dell’accordo sottoscritto.

4.3. La condotta tenuta dal Comune costituirebbe "un comportamento gravemente scorretto ed apertamente contrario ai principi di buona fede, imparzialità e buona amministrazione", il quale andrebbe "ben oltre la semplice violazione delle regole della correttezza nelle trattative precontrattuali", assumendo, invece, "connotati di una grave violazione pattizia e di regole di agire amministrative autovincolanti, con ogni consequenziale ricaduta sul piano della valutazione dell’elemento soggettivo e della risarcibilità del danno".

Secondo i ricorrenti, insomma, sussisterebbero "tutti gli elementi per potersi fondatamente attribuire, in capo al Comune di Spinea, la responsabilità per inadempimento contrattuale, con conseguente presunzione di colpa".

4.4. Peraltro, anche se si volesse circoscrivere il comportamento comunale nell’ambito della responsabilità aquiliana, la gravità dei fatti farebbe ritenere sussistente in re ipsa l’elemento della colpa in capo all’Amministrazione, la cui condotta è stata prima descritta: questa avrebbe fatto si che i ricorrenti "si ritrovano ora con un nuovo vincolo espropriativo gravante sulle proprie aree, senza neppure poter più opporsi, nel merito, alla scelta pianificatoria connessa all’opera pubblica, essendo stati indotti a prestarvi acquiescenza nella prospettiva di ottenere, in compensazione, un’area comunale di eguale superficie".

A parte ciò, prosegue il ricorso, i D. avrebbero subito intanto un danno rappresentato "dall’impiego di risorse umane e tecniche, dalle spese e dai costi inutilmente sostenuti… nella fase di trattativa che ha condotto le parti alla stipula dell’accordo preliminare dell’aprile 2005", e che ammonterebbe ad Euro 8.500,00.

Ancora, la condotta del Comune avrebbe ad essi causato "il danno rappresentato dalla mancata acquisizione in permuta…, dell’area di cui all’ex mapp. 54 parte, già di proprietà comunale", e che può quantificarsi in complessivi Euro 468.000,00, nonché quello della diminuzione di valore subita del mapp. 57 di loro proprietà, per effetto della variante viabilistica, approvata dal Comune con deliberazione consiliare 89/05, ed alla quale i ricorrenti sarebbero stati indotti a prestare acquiescenza proprio nella prospettiva dell’accordo di permuta in questione, e si tratterebbe di un danno quantificabile in Euro 103.000,000.

5.1. Orbene, rileva il Collegio come i ricorrenti in via principale affermino – seppure con qualche perplessità – che l’intesa raggiunta nell’aprile 2004 costituirebbe un contratto già vincolante, le cui obbligazioni non sarebbero state osservate dal Comune, tenuto dunque al risarcimento del danno secondo i principi della responsabilità contrattuale: ma tale impostazione non può trovare accoglimento.

5.2.1. Il documento enuncia invero un’intesa raggiunta dalle parti su alcuni elementi essenziali, i quali avrebbero composto un futuro contratto, di cui manca però almeno un elemento essenziale, costituito dall’esatta entità dell’indennità integrativa, e qualsiasi termine determinato per l’esecuzione dell’accordo.

5.2.2. Questo, del resto, è definito appunto come "accordo preliminare": locuzione che, nel contesto di un intervento di trasformazione urbanistica, individua atecnicamente una fase dell’intera operazione, sottolineando che solo qualora l’intervento fosse stato realizzato (ciò che appunto non è avvenuto) l’impegno avrebbe trovato attuazione.

5.2.3. È perfettamente conferente alla fattispecie la distinzione tra il contratto preliminare, "ove le parti si obbligano a prestare il loro consenso alla conclusione del contratto definitivo, i cui elementi essenziali ed accidentali siano stati contestualmente precisati ed i cui effetti si produrranno al momento della sua stipulazione" e "la c.d. minuta o puntuazione di contratto – la quale ha la sola funzione di documentare l’intesa raggiunta su alcuni punti del contratto da concludere quando si sarà successivamente raggiunto l’accordo anche sugli altri punti da trattare", per cui "le parti conservano la libertà di recesso dalle trattative, la quale trova un limite soltanto nella responsabilità precontrattuale prevista dall’art. 1337 c.c." (cosi Cass. 4 agosto 1990, n. 7871).

6.1. È appunto alla responsabilità precontrattuale, per violazione della regola di condotta stabilita dall’art. 1337 c.c., a tutela del corretto svolgimento dell’iter formativo del contratto, che si deve guardare: a questa soltanto si può riferire il ricorso, quando parla subordinatamente di responsabilità extracontrattuale, di cui la prima costituisce una forma, "con la conseguenza che la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno è a carico del danneggiato" (così C.d.S. V, 10 novembre 2008, n. 5574)

6.2. Invero, secondo la condivisibile giurisprudenza, affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, "è necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, le interrompa senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto" (Cass. 29 marzo 2007 n. 7768).

6.3.1. Orbene, nella fattispecie si può ritenere che l’accordo preliminare in questione, anche soltanto per i suoi dettagliati contenuti, potesse far sorgere nei D. un ragionevole affidamento sulla stipulazione dell’accordo, né è possibile individuare un accadimento successivo, ad essi imputabile, che abbia determinato unilateralmente l’interruzione delle trattative.

6.3.2. In particolare, i rilievi contenuti nella nota D. del 31 gennaio 2006 non sono stati mai contestati dall’Amministrazione.

I frazionamenti non erano effettivamente coerenti con l’accordo preliminare, e, in base a ciò, del tutto congrua era la conclusione che occorresse rivederli, cioè renderli coerenti con il contenuto dell’accordo, oppure modificare quest’ultimo, in modo da ripristinare l’equilibrio economico precedente: non traspare invece in alcun modo dalle parole dei D. una loro ipotetica intenzione di rinunciare all’intesa medesima, né è dato rintracciarla in atti o comportamenti successivi.

6.4. Insomma, l’interruzione delle trattative non è imputabile ai D., e poiché il Comune di Spinea non ha saputo fornire un’accettabile giustificazione del suo comportamento, ad esso ne va fatto carico.

Il Collegio deve riconoscere che l’Amministrazione ha realizzato una condotta consapevole e volontaria, dapprima omissiva e poi commissiva (quando ha ceduto ad altri le aree oggetto di permuta), la quale costituisce un fatto astrattamente idoneo a generare, nella fattispecie, una responsabilità precontrattuale, per aver il Comune di Spinea agito in violazione all’art 1337 c.c., per il quale le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.

7.1. È peraltro a questo punto da ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, pienamente condivisibile, il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale, conseguente alla mancata stipula del contratto, deve intendersi limitato al cosiddetto "interesse negativo", e cioè "al rimborso dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente) ed al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto" (così, ex multis, C.d.S., IV, 6 giugno 2008, n. 2680; id., VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; T.A.R. Sicilia Catania, IV, 16 dicembre2010, n. 4730), e la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno è, ex art. 2043 e 2059 c.c., a carico del danneggiato, come per ogni altra ipotesi di responsabilità extracontrattuale (per tutte, C.d.S., V, 10 novembre 2008, n. 5574).

7.2. Su tale fondamento, la mancata acquisizione in permuta dell’area comunale non può costituire un profilo di danno risarcibile; ed altrettanto va affermato per la diminuzione di valore, subita del mapp. 57, di proprietà D. per effetto della variante viabilistica, approvata dal Comune con deliberazione consiliare 89/05, ed alla quale i ricorrenti avrebbero prestato acquiescenza, nella prospettiva dell’accordo di permuta in questione.

Per quanto riguarda questa seconda voce è inoltre opportuno sottolineare che la pendenza delle trattative – comunque ancora non concluse – non precludeva in alcun modo la presentazione del ricorso avverso la variante, senza considerare che il gravame avrebbe potuto essere anche proposto in seguito, una volta appurato il fallimento della trattativa stessa, invocando eventualmente la scusabilità del ritardo.

Ma, soprattutto, i ricorrenti non hanno in alcun modo evidenziato quali profili d’illegittimità essi riscontrino in quel provvedimento e, dunque, quale probabilità d’accoglimento avrebbe avuto il gravame che essi non hanno presentato.

7.3. L’unica voce coerente con la fattispecie è dunque la prima: ma essa va senz’altro respinta per difetto di prova adeguata, e sul punto basterà riprodurre quanto sul punto eccepito dall’Amministrazione comunale, e cioè che la documentazione è costituita "da una generica nota riportante alcune presunte spettanze professionali dell’avv. L. D. – odierno ricorrente – che risulta all’evidenza del tutto priva del benché minimo valore probatorio, nonché da una fattura avente genericamente ad oggetto consulenza in materia urbanisticoedilizia che, addirittura, non è dato di sapere da chi sia stata emessa".

8. In conclusione, la domanda risarcitoria va respinta, ma le spese di lite, per le ragioni prima evidenziate, possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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