Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-12-2011, n. 28658

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Svolgimento del processo

Q.S. citò innanzi al Tribunale di Mondovì A. P. affinchè fosse accertato e dichiarato l’avvenuto acquisto per usucapione di un cortile in (OMISSIS) sul quale si affacciavano edifici appartenenti, oltre al predetto A., anche al figlio Q.F. ed alla consorte del predetto, C.M.L.. Il convenuto si costituì resistendo alla domanda osservando che la corte in questione era censita come accessorio comune a fabbricati urbani e rurali, tra i quali vari immobili di sua proprietà; contestò che l’attore avesse esercitato un possesso utile ai fini dell’usucapione – parcheggiandovi autoveicoli e depositandovi materiali – osservando che anche gli altri proprietari di edifici a cui servizio era il cortile – il figlio e la nuora dell’attore – avevano esercitato analogo possesso.

Integrato il contraddittorio nei confronti di Q.F. e della C., gli stessi si costituirono asserendo di poter vantare diritti sul cortile in quanto legato da vincolo pertinenziale ai loro fabbricati, mentre tale vincolo non si poteva rinvenire con gli immobili dell’ A., che non si affacciavano sul cortile medesimo.

L’adito Tribunale, pronunziando sentenza del dicembre 2001, dichiarò l’avvenuto acquisto per usucapione; la Corte di Appello di Torino accolse il gravame dell’ A. respingendo la domanda di usucapione e dichiarò inammissibile il gravame incidentale della coppia Q. – C..

La Corte territoriale pose a base della propria decisione il rilievo che Q.S. avrebbe dovuto dimostrare di aver posto in essere un’attività dichiaratamente in contrasto con il possesso altrui mentre le emergenze istruttorie avevano dimostrato solo l’esercizio, da parte del predetto, di un compossesso assieme a quello esercitato dal figlio e dalla nuora, atteso il fatto che il cortile oggetto della domanda era comune a più immobili e quindi la prova del possesso ad usucapionem avrebbe assunto connotati di particolare rigore. L’appello incidentale – diretto a far dichiarare la decadenza dal vincolo pertinenziale tra i beni dell’ A. e la corte comune – fu dichiarato inammissibile per carenza di specificità nei motivi.

Per la cassazione di tale decisione hanno proposto ricorso Q. F., R.M.M.; Q.C.M. A. e Q.F.A., agendo nella qualità di eredi di Q.S., sulla base di cinque motivi, contro cui ha resistito l’ A., proponendo ricorso incidentale articolato su un unico motivo; lo stesso Q.F. – agendo in proprio – e la C., hanno proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi. Tutte le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

Tutti i ricorsi vanno riuniti in quanto riguardanti una medesima pronunzia. Essendo stata pubblicata la sentenza il 14 febbraio 2005, quindi prima dell’entrata in vigore (2 marzo 2006) dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, ed abrogato con la L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d, introducente l’obbligo della formulazione dei quesiti di diritto, l’esame della Corte prescinderà dalla delibazione degli stessi, pur se esposti nel ricorso.

Ricorso n.r.g. 8725/2006. 1 – Con il primo ed il connesso secondo motivo le parti ricorrenti denunziano vizio di motivazione – sub specie della sua insufficienza e contraddittorietà – nonchè la violazione del principio della domanda, sulla base dell’assunto che nessun dato ricavabile dagli atti del processo avrebbe consentito di affermare – come invece operò la Corte torinese – che fosse in comproprietà la corte di 180 mq oggetto della domanda di usucapione del loro dante causa Q. S.; rilevano altresì che la questione attinente la contitolarità su detto immobile neppure sarebbe stata sollevata o esaminata dal Tribunale di Mondovì – se non in termini del tutto generici ed attinenti più che altro all’uso comune degli accessori (pozzo e cisterna) che in passato si trovavano nella corte – dal momento che l’ A., in quella sede, aveva solo rimarcato che il cortile era a servizio comune di altri immobili, lumeggiando l’esistenza di una comproprietà, interessante lo stesso, solo in grado di appello.

1/a – Entrambi i motivi – da esaminare congiuntamente in quanto concretano un’unica censura al percorso logico seguito dal giudice dell’appello per arrivare a definire in comproprietà il cortile oggetto di domanda – sono infondati dal momento che non si rinviene – à fini del riscontro del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la decisività del punto controverso omesso o male interpretato dalla Corte torinese, atteso, da un lato, che la Corte torinese non ha mai parlato di una comproprietà sul cortile ma solo che detto immobile sarebbe stato pertinenza dei fabbricati che vi insistevano e che fosse quindi ad essi "comune" e, dall’altro, che comunque il giudice di appello ritenne insufficienti le prove del possesso esclusivo – ed oppositivo del pari uso che gli altri proprietari degli edifici affacciantesi sul cortile ne facevano – da parte di Q.S., dal momento che il riscontrato uso comune da parte di terzi del bene imponeva già di per sè un aggravio del regime probatorio dell’usucapiente.

1/b – Ne consegue che la motivazione adottata era congrua e conseguente alle sue premesse, atteso che la scelta delle prove da porre a base della decisione è rimessa all’esclusivo giudizio del giudice di merito, con il solo limite, qui rispettato, dell’applicazione delle regole della consequenzialità logica e della compiutezza dell’argomentazione.

2 – Risulta assorbito sia il terzo motivo – proposto dando per accertata la decisività dell’errore commesso dalla Corte di merito nel qualificare in comproprietà il cortile – attinente alla non condivisa valutazione delle prova in merito al possesso solitario da parte di Q.S. – come pure il quarto motivo, attinente nuovamente alla carente e contraddittoria valutazione delle emergenze di causa – come visto, adeguatamente delibate dalla Corte di Appello che, indicando nominativamente i testi, ne ha utilizzato le deposizioni, così integrando, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, un congnru rinvio alla fonte del proprio convincimento.

3 – Con il quinto motivo si ripropone la censura di insufficiente motivazione, assumendosi che la Corte torinese avrebbe fatto inesatta applicazione dell’interpretazione di legittimità in materia di prova del possesso utile all’usucapione, di immobili oggetto di comunione, non essendo stata dimostrata la inconciliabilità del possesso dell’usucapente rispetto a quelli degli altri aventi diritto: il motivo è infondato sia perchè, venendo meno il presupposto da cui partiva la critica alla sentenza – che cioè il giudice dell’appello avesse accertata la comproprietà sulla corte in contestazione – non sarebbero sostenibili le conclusioni cui i ricorrenti pervengono, sia anche perchè si risolve in un’inammissibile sollecitazione alla Corte di nuovo esame delle emergenze istruttorie, riservato, come visto, al giudice del merito.

Ricorso n.r.g. 12.653/2006. 1 – Con unico motivo di ricorso incidentale l’ A. lamenta la violazione, da parte della Corte torinese, della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato, avendo omesso di pronunziarsi sul proprio motivo di appello relativo alla decisione del Tribunale di Mondovì di dare ingresso alle prove avversarie pur se inammissibili.

1/a – Il motivo è inammissibile sia perchè, in violazione del principio di autosufficienza non si espone il contenuto delle prove non legittimamente ammesse – al fine di consentire alla Corte un efficace scrutinio sulla rilevanza delle medesime – sia soprattutto perchè il rigetto del ricorso principale sopra esaminato, priva di interesse l’ A. ad insistere per l’ammissione di prove che sarebbero state utilizzabili a respingere quelle stesse pretese, poi qui disattese, degli eredi di Q.S..

Ricorso n.r.g. 11.057/2006.

A – Con il primo motivo di ricorso incidentale Q.F., agendo in proprio, e la consorte C.M.L., lamentano l’insufficiente motivazione a sostegno della declaratoria di inammissibilità del proprio appello incidentale (adottata dalla Corte torinese, non ritenendo che il gravame fosse sorretto da una specifica motivazione) diretto a riproporre la domanda subordinata di accertamento del venir meno del nesso pertinenziale tra corte e l’edificio dell’ A. (domanda che, accolta quella di Q. S. in primo grado, era stata ritenuta assorbita per la ragione che l’usucapione in favore di costui avrebbe fatto venir meno l’interesse all’accoglimento della richiesta subordinata dai medesimi proposta, diretta a contrastare la linea difensiva dell’ A.) B – Va affermata la legittimazione del Q. pur nella constatazione che lo stesso, proponendo ricorso principale quale erede, ha comunque posto a base dell’impugnazione un proprio interesse ed una propria legittimazione – essendosi unita la propria posizione con quella del de cujus – atteso che comunque sono stati rispettati, in entrambi i casi, i tempi per la proposizione del secondo gravame.

C – Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto i ricorrenti incidentali avrebbero dovuto riportare il contenuto della comparsa di risposta in primo grado e la corrispondente statuizione della sentenza del Tribunale, al fine di valutare l’incidenza del ritenuto "assorbimento" sulla qualificazione in termini di mera riproposizione delle proprie domande in grado di appello.

D – Rimane pertanto assorbito l’esame del secondo motivo del ricorso incidentale, diretto sostanzialmente a dimostrare, attraverso il dedotto vizio di motivazione, che comunque la insufficienza di motivazione a sostegno della riproposizione delle domande non sarebbe sussistita, essendo al contrario presenti elementi di giudizio per l’accoglimento della richiesta.

E – Stante l’esito del giudizio le spese vanno compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale di Q. F. + 3, quali eredi di Q.S.; dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale di A.P. sia di quello proposto da Q.F. e da C.M. L.; compensa le spese.

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