Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 02-08-2011, n. 30564

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di G.G. in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 600 ter c.p., comma 3, a lui ascritto per avere, reiteratamente, all’interno di un gruppo di discussione operante in internet, messo a disposizione di tutti gli altri utenti alcuni file di contenuto pedopornografico ed in particolare fotografie di minori completamente nudi.

In sintesi, la Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva chiesto di essere assolto dal reato ascrittogli, deducendo che le fotografie riproducenti minori nudi non avevano carattere pedopornografico, non essendo stati ritratti i minori nel compimento di attività sessuali. Si contestava, inoltre, quanto alla fotografia di una ragazza esplicitamente coinvolta in un rapporto sessuale, la minore età del soggetto ivi raffigurato. Si chiedeva, in subordine, la derubricazione del fatto nell’ipotesi di reato di cui all’art. 600 ter c.p., comma 4, deducendo che le immagini, inviate attraverso messaggi di posta elettronica, venivano depositate in apposito server "NNPT" e si rendevano disponibili e venivano divulgate solo dopo essere state visionate da un moderatore.

La Corte territoriale, però, in accoglimento del subordinato motivo di gravame, ha solo rideterminato la pena inflitta all’imputato nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 2 c.p. e art. 600 ter c.p., comma 3.

In sintesi, si deduce che la condotta, per integrare la fattispecie delittuosa di cui alla contestazione, deve raggiungere una determinata soglia di offensività per lo sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale del minore, che la norma mira a tutelare. Sulla base del citato e di altri rilievi si contesta che possano essere comprese nella fattispecie criminosa le fotografie di nudi di minori che non siano ripresi in attività sessuali. Si deduce inoltre che secondo la formulazione della norma vigente all’epoca del fatto occorreva che il materiale pedopornografico venisse prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori e che sussistesse il dolo specifico dell’imputato e, cioè, che la cessione venisse effettuata nella piena consapevolezza del predetto sfruttamento sessuale di minori, elementi dei quali si contesta la sussistenza nel caso in esame. Si osserva, infine, che la valutazione dei giudici di merito in ordine al carattere sessuale delle immagini è fondata solo su una interpretazione soggettivistica.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 600 ter c.p., comma 3.

Si deduce che la sentenza impugnata ha affermato che la ragazza ritratta in scene di sesso esplicito era minore degli anni diciotto, fondando tale assunto su elementi di valutazione privi di qualsiasi valore scientifico e richiamando le argomentazioni della sentenza di primo grado, mentre è stato disatteso, senza adeguata motivazione, l’elaborato tecnico prodotto dalla difesa dell’imputato sul punto, che escludeva la minore età del soggetto raffigurato.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 600 ter c.p., comma 4.

Si osserva che l’imputato inviava le immagini attraverso messaggi di posta elettronica, i quali depositati in appositi server "NNTP", si rendevano disponibili solo dopo essere stati visionati dal moderatore. Si deduce, quindi, che in effetti l’imputato inviava le foto ad una persona determinata con la conseguente configurabilità della fattispecie di cui al quarto comma dell’art. 600 ter c.p..

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente si limita a riproporre questioni già dedotte nella sede di merito, delle quali è stata affermata l’infondatezza con motivazione giuridicamente corretta ed esaustiva per quanto riguarda i rilievi di natura fattuale.

La sentenza impugnata, invero, ha già correttamente osservato che la condotta ascritta all’imputato integra la fattispecie criminosa di cui all’art. 600 ter c.p. anche se posta in essere prima nella novella di cui alla L. n. 38 del 2006, in quanto compresa nella nozione di divulgazione menzionata ab origine dalla disposizione incriminatrice (cfr. giurisprudenza citata dalla sentenza).

Va aggiunto che l’ulteriore questione afferente al concetto di "sfruttamento", utilizzato nella previgente formulazione dell’art. 600 ter c.p., è anche essa manifestamente infondata, avendo questa Corte già precisato che con il termine citato deve intendersi qualsiasi ipotesi di coinvolgimento di minori degli anni diciotto per la realizzazione di materiale pornografico (sez. 3, 28.5.2009 n. 26256, Malena e altri, RV 244440).

Deve essere, poi, rilevato, che il carattere pornografico o meno di immagini ritraenti minori costituisce apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito, in quanto tale sottratto al sindacato di legittimità, se sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, (sez. 3, 3.3.2010 n. 21392, G., RV 247599).

Orbene, sul punto della natura pornografica del materiale sequestrato, coinvolgente minori degli anni diciotto, la sentenza è motivata in termini assolutamente esaustivi e giuridicamente corretti mediante i puntuali riferimento alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. sez. 3, 4.3.2010 n. 10981, Khan, RV 246351) ed al Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia…, stipulato a New York il 6.9.2000 e ratificato dall’Italia con L. n. 46 del 2002, secondo i quali rientra nella nozione di pedopornografia anche la esibizione lasciva dei genitali e della regione pubica dei minori.

Costituisce, altresì, questione di fatto, non deducibile in sede di legittimità, la valutazione della minore età della ragazza coinvolta in esplicite attività sessuali; valutazione che ha formato oggetto di motivazione adeguata ed esaustiva, essendo state esaminate e confutate con argomentazioni immuni da vizi logici le deduzioni dell’appellante sul punto.

La sentenza, infine, ha puntualmente osservato che l’attività di cessione di materiale pedopornografico da parte del G. non rientra nell’ambito della connessione privata, stante la messa a disposizione di un numero indeterminato di utenti, e che la presenza del cosiddetto moderatore è del tutto irrilevante, non escludendo affatto la responsabilità dell’imputato, ma potendo semmai ipotizzarsi il suo concorso con quest’ultimo.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al pagamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 19 luglio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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