Cons. Stato Sez. V, Sent., 09-09-2011, n. 5074 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, con la sentenza n. 219 del 4 febbraio 2011, definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla signora A. B., candidata alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 nella lista civica "Noi per Burlando", per il parziale annullamento del verbale di proclamazione degli eletti al Consiglio Regionale della Liguria, nell’ambito della circoscrizione elettorale regionale di Genova, redatto dall’Ufficio Centrale Circoscrizionale a seguito delle consultazioni per l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale tenutesi il 28 e 29 marzo 2010 (nella parte in cui è stato proclamato eletto per la lista "Noi con Burlando" il sig. A. E. C., con 1927 voti di preferenza, ed è risultato primo dei non eletti della stessa lista il sig. C. G. A., detto G., con 1683 voti di preferenza), lo ha dichiarato inammissibile.

Secondo il tribunale, infatti, era stata violata la prescrizione di cui al secondo comma dell’art. 83/11 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, in quanto, mentre la notificazione del ricorso al sig. C. era avvenuta il 17 maggio 2010, il relativo avviso della ricevuta notifica era stato depositato in segreteria solo il 30 giugno 2010, senza alcun allegato.

2. La signora A. B. con atto di appello, notificato il 24 febbraio 2011 e depositato il successivo 9 marzo 2011, ha chiesto la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla strega di due autonome serie di motivi, rubricate rispettivamente, la prima ("A) Sulla sentenza impugnata e sull’eccepita inammissibilità del ricorso di primo grado") e la seconda ("B) Nel merito").

Con la prima l’appellante ha contestato la correttezza della declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, deducendo "Illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 83/11 del D.P.R. n. 570/1960 nonché dell’art. 5, terzo comma, della L. n. 890/1992 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione – Travisamento di fatti decisivi – Illogicità – Contraddittorietà – Ingiustizia manifesta", frutto, a suo avviso, del superficiale esame della documentazione in atti e della erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 5, terzo comma, della legge n. 890 del 1992, non potendosi dubitare della tempestività, ritualità e completezza degli adempimenti posti in essere.

Con la seconda serie poi sono state riproposte le censure sollevate in primo grado ("1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 68 e 70 del D.P.R. n. 570/1960 nonché dei principi di segretezza e trasparenza delle operazioni elettorali – Violazione e falsa applicazione, sotto diversi profili, del principio di strumentalità delle forme – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione – Ingiustizia – Illogicità e sviamento"; "2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 64 e 69 del D.P.R. n. 570/1960 nonché del principio del favor voti – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione e di travisamento di fatti decisivi – Illogicità, ingiustizia e sviamento"; "3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della L. n. 108/1968 – Difetto dei presupposti – Violazione e falsa applicazione, sotto diverso ed ulteriore profilo, dell’art. 68 del D.P.R. n. 570/1970 – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione – Illogicità, ingiustizia e sviamento"), insistendo per l’annullamento degli atti impugnati.

Hanno resistito al gravame i signori E. A. C. e G. A. C., deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone perciò il rigetto.

3. Nell’imminenza dell’udienza di discussione le parti hanno ritualmente e tempestivamente illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.

All’udienza pubblica del 17 maggio 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

4. E’ fondato il primo motivo di gravame, con il quale è stata sostanzialmente lamentata la erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per non essere stato tempestivamente depositato nel termine perentorio di dieci giorni dall’avvenuta notifica, decorrente, secondo i primi giudici, per il notificante "dal momento in cui il destinatario riceve la notifica dell’atto e non già dal momento, eventualmente successivo, in cui il notificante riceva l’avviso di perfezionamento della notifica effettuata tramite il servizio postale".

Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.

4.1. L’art. 83/ 11 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) dispone, com’è noto, che il ricorso contro le operazioni elettorali: 1) deve essere depositato entro trenta giorni dalla proclamazione degli eletti; 2) deve essere poi notificato, unitamente al decreto presidenziale di fissazione dell’udienza e di nomina del relatore, entro dieci giorni dalla data in cui la segreteria del tribunale amministrativo regionale, mediante apposito avviso, abbia dato notizia al ricorrente dell’avvenuta emanazione del predetto decreto presidenziale; 3) deve, infine, essere depositato nella Segreteria con la prova delle eseguite notificazioni, entro i successivi dieci giorni.

4.2. Come emerge dall’esame del fascicolo processuale, tale scansione temporale, con i relativi adempimenti, come rilevato dall’appellante, risulta pienamente rispettata nel caso di specie.

Infatti: 1) il ricorso elettorale è stato depositato presso la segreteria dell’adito Tribunale amministrativo regionale per la Liguria il 7 maggio 2010; 2) il successivo 8 maggio 2010 è stata fissata con decreto presidenziale l’udienza di discussione della causa; 3) l’interessata ha proceduto alla sua notifica alla Regione, a mani, in data 13 maggio 2010, nonché al signor C. G. A., pure a mani, in data 13 maggio, ma nei confronti di quest’ultimo l’Ufficiale giudiziario ha proceduto ai sensi dell’articolo 140 c.p.p. inviando raccomandata con ricevuta di ritorno che risulta ricevuta in data 17 maggio 2010, nonché al signor C. E. A. a mezzo del servizio postale, con raccomandata da quest’ultimo ricevuta in data 17 maggio 2010.

Rispetto a tali pacifiche date il deposito del ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, avvenuto il 18 maggio 2010, è da ritenersi del tutto tempestivo, a nulla rilevando che la cartolina di ricevimento del plico da parte del controinteressato C. e di quella relativa alla raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c fatta al signor C. siano state depositate successivamente (non appena pervenute, tra l’altro (per quanto attiene il sig. C. a seguito di richiesta di duplicato) e comunque prima che la causa fosse trattenuta per la decisione).

4.3. Alla fondatezza dell’esaminato motivo di gravame consegue la declaratoria di ammissibilità del ricorso di primo grado, erroneamente disconosciuta dai primi giudici: ciò implica la riforma in rito della sentenza impugnata ed impone alla Sezione l’esame del predetto ricorso di primo grado.

5. Esso è infondato e deve essere respinto, potendo pertanto prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate, sotto più profili, dalle parti appellate nelle proprie memorie difensive.

5.1. Con il primo motivo di censura, rubricato "1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 68 e 70 del D.P.R. n. 570/1960 nonché dei principi di segretezza e trasparenza delle operazioni elettorali – Violazione e falsa applicazione, sotto diversi profili, del principio di strumentalità delle forme – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione – Ingiustizia – Illogicità e sviamento", la signora A. B. ha sostenuto che i verbali di alcune delle sezioni elettorali del Comune di Genova (in particolare, n. 571, 32, 249, 573, 443, 441) e del Comune di Rapallo (in particolare, n. 1, 2, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31 e 32) sono affetti da una serie di ripetute, gravi e macroscopiche violazioni degli adempimenti stabiliti dalla normativa indicata in rubrica a tutela della segretezza e della trasparenza delle operazioni elettorali, nonché della par condicio dei candidati (quali: la non corrispondenza tra numero degli elettori votanti e schede scrutinate, con conseguente imprecisa e quindi inaffidabile compilazione dei dati relativi al numero degli iscritti nelle liste, dei votanti, dei voti validi assegnati, delle schede nulle di quelle bianche e di quelle contenenti voti contestati; la mancata apposizione delle firme dei componenti dell’ufficio elettorale su ciascun foglio dei verbali; le semplicistiche modalità di assemblamento dei fogli dei predetti verbali, costituiti da "…fogli pinzati fra loro in modo non idoneo ad assicurare la loro segretezza ed "intoccabilità"…"; omesso annullamento con un apposito tratto degli spazi non utilizzati nella colonna "voti di preferenza validi"; senza contare che il verbale n. 571 del Comune di Genova sarebbe addirittura mancante).

Secondo l’appellante, l’esatta compilazione dei verbali, le avrebbe consentito di conseguire, quanto al Comune di Genova, 1659 voti di preferenza, rispetto al Candidato C. cui andavano correttamente assegnati 1655 voti (1683 – 25 voti, inspiegabilmente assegnati a seguito di una segnalazione, laddove gli stessi erano stati assegnati ad altri candidati – 3 voti, pure erroneamente attribuitigli); quanto al Comune di Rapallo poi l’appellante ha rilevato che proprio l’obbligo a carico dei componenti di ogni ufficio elettorale sezionale di "annullare con un tratto gli spazio nella colonna "voti di preferenza validi"", era stato rispettato solo per alcuni verbali, circostanza che poneva in dubbio l’effettività dei voti di preferenza attribuiti ai candidati (per il C. 1470 voti di preferenza, di cui 1298 nei verbali in cui risultava omesso la ricordata prescrizione e mancante anche la sottoscrizione dei componenti del seggio).

Indipendentemente da ogni valutazione circa la stessa genericità (e quindi ammissibilità) delle doglianze sollevate, deve rilevarsi che, come più volte rilevato dalla giurisprudenza, l’ipotetica possibilità ovvero il mero sospetto che la violazione di una norma del procedimento elettorale abbia alterato l’esito del voto non è di per sé sufficiente a provocare la nullità della competizione ovvero la nullità dei verbali delle operazioni elettorali, essendo per contro necessaria la prova di elementi idonei a dare attendibilità e concretezza ai dubbi esposti dall’interessato (C.d.S., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4517; 20 maggio 2008, n. 2390; 13 giugno 2006, n. 3488; 5 luglio 2005, n. 3716; 23 marzo 2004, n. 1542; 19 febbraio 2004, n. 681; 30 ottobre 2003, n. 6772; 5 marzo 2003, n. 1215).

D’altra parte è stato anche rilevato che le disposizioni, secondo cui il verbale delle operazioni elettorali deve essere firmato in ogni suo foglio e sottoscritto seduta stante da tutti i membri dell’ufficio elettorale di sezione, devono essere interpretate sulla base del c.d. principio di strumentalità delle forme, con la conseguenza che sussiste la nullità solo per la mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscono il raggiungimento dello scopo al quale l’atto è prefigurato ed in particolare qualora vi siano vizi tali da pregiudicare le garanzie o da comprimere la libera espressione del voto: pertanto, essendo il procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori, producono effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con diminuzione delle garanzie di legge, laddove altre anomalie, quali eventuali omissioni di prescritti adempimenti formali, costituiscono delle mere irregolarità tutte le volte in cui esse non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue e cioè l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli eseguiti adempimenti (C.d.S., sez. V, 5 luglio 2005, n. 3716).

Sulla scorta di tali autorevoli e condivisibili precedenti, da cui non vi è motivo di discostarsi, le censure sollevate dall’appellante sono destituite di fondamento.

L’appellante non ha invero fornito alcun elemento, neppure a livello di mero indizio, in ordine non tanto alla sussistenza dei presunti vizi di carattere formale da cui sarebbero affetti i verbali dei seggi elettorali indicati, quanto piuttosto della effettiva rilevanza ai fini della correttezza, autenticità e genuinità delle operazioni di voto contestato: in altri termini, a fronte delle rilevate omissioni formali (ancorché eclatanti, come, per esempio, la dedotta discordanza tra numero degli elettori e schede votate) non si rinviene alcuna circostanza idonea a supportare la tesi che tali omissioni abbiano inquinato il voto e le conseguenti operazioni elettorali, così che anche l’erronea attribuzione dei voti di preferenza si risolve in una mera petizione di principio, frutto di una convinzione meramente personale, piuttosto che conseguenza oggettiva di errori ed omissioni nello svolgimento delle operazioni elettorali.

Peraltro è appena il caso di rilevare che secondo altra pur autorevole e pressoché unanime giurisprudenza, anche se in materia elettorale l’onere della prova deve essere valutato con minor rigore, pur tuttavia i motivi devono essere espressione di un serio e reale intento, non potendo ammettersi deduzioni generiche che si risolvano in mere supposizioni o illazioni (qual è il caso in esame), tendenti ad ottenere un riesame, quasi d’ufficio, dell’operato dei seggi elettorali (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2006, n. 6135).

Né alcun rilievo può avere, sotto tale profilo, il contenuto della nota con cui, in adempimento all’ordinanza istruttoria dei primi giudici, il Direttore del competente Servizio del Comune di Genova, depositando la copia dei (contestati) verbali delle operazioni elettorali delle (sopraindicate) sezioni del Comune di Genova, ha evidenziato l’esistenza di alcune divergenze tra le preferenze indicate nel verbale destinato al Comune e quello destinato all’Ufficio Elettorale Circoscrizionale: si è infatti già rilevato che anche l’effettiva sussistenza di vizi formali nella redazione dei verbali delle operazioni elettorali non è di per sé prova del difetto di autenticità, correttezza e genuinità del voto espresso e delle conseguenti operazioni di conteggio dei voti (e di attribuzione delle preferenze ai singoli candidati).

Ciò senza contare che, sotto altro concorrente e decisivo profilo, non vi è neppure la prova che effettivamente le denunciate irregolarità avrebbero determinato inequivocabilmente e con assoluta certezza l’elezione della ricorrente ovvero la sua collocazione come prima dei non eletti.

5.2. Ugualmente infondato è il secondo motivo di censura, con il quale è stato denunciato "2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 64 e 69 del D.P.R. n. 570/1960 nonché del principio del favor voti – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione e di travisamento di fatti decisivi – Illogicità, ingiustizia e sviamento", non essendo indicate nei verbali (in particolare, in quelli delle sezioni n. 386, 501, 520, 513, 551, 573, 441, 624, 653) le ragioni che avrebbero determinato l’annullamento di alcun voti di preferenza e la loro non attribuzione ai candidati, questione assolutamente rilevante, atteso che solo in queste sezioni i voti di preferenza annullati erano stati ben 88.

Anche con riguardo a tali contestazioni possono richiamarsi i principi giurisprudenziali indicati nel precedente par. 5.1., atteso che di per sé la omessa motivazione circa l’annullamento dei voti di preferenza non determina alcun vizio delle operazioni elettorali, non inficiando in alcun modo complessivamente la genuinità e l’autenticità del voto, alla cui tutela sono preordinate le garanzie formali indicate dalla legge nella redazione dei verbali delle operazioni elettorali.

D’altra parte la asserita rilevanza del numero dei voti considerati nulli non costituisce ex se prova della illegittimità dell’operato dei componenti del seggio elettorale nella delicata operazione del computo dei voti e dell’assegnazione delle preferenze, dovendosi a tal fine indicare specificamente i singoli vizi che inficerebbero la decisione di annullamento dei voti, né potendosi considerare sufficienti le mere generiche supposizioni o le personali convinzioni circa le presunte ragioni che avrebbero indotto l’ufficio sezionale ad annullare i voti di preferenza: diversamente opinando si ammetterebbe la possibilità di un generale sindacato d’ufficio sull’operato dei componenti degli uffici di sezione sulla base di generici dubbi e perplessità sul risultato elettorale complessivamente considerato.

5.3. Anche il terzo motivo di censura, con il quale l’appellante ha dedotto "3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della L. n. 108/1968 – Difetto dei presupposti – Violazione e falsa applicazione, sotto diverso ed ulteriore profilo, dell’art. 68 del D.P.R. n. 570/1970 – Eccesso di potere per difetto di verbalizzazione – Illogicità, ingiustizia e sviamento", è del tutto privo di fondamento giuridico.

La tesi dell’appellante, infatti, secondo cui al candidato C. sarebbero stati erroneamente e, soprattutto illegittimamente, attribuiti 25 voti, originariamente non attribuitigli (anzi attribuiti ad altro candidato, tal Cattaneo Enrica), sulla base di una inammissibile e comunque non meglio identificata segnalazione fatta all’Ufficio Centrale Circoscrizionale, oltre che essere apodittica é frutto di una inammissibile interpretazione formalistica della normativa invocata, contraria alla sua effettiva ratio.

E’ sufficiente rilevare che l’appellante non ha contestato (e tanto meno risulta averlo fatto il candidato, tal Cattaneo Enrica, originariamente assegnatario dei 25 voti) la spettanza al candidato C. dei 25 voti di preferenza, attribuitigli dall’Ufficio Elettorale Circoscrizionale, essendosi piuttosto limitato a dedurre che non le schede relative a tali voti non sarebbero state vidimate, come prescritto dal combinato disposto degli articoli 54 e 68 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570: il che evidenzia che ciò che viene fatto valere non è un vizio relativo all’esistenza, alla genuinità ed all’autenticità dei voti in questione e tanto meno della loro spettanza al candidato C., quanto piuttosto la pretesa violazione di una mera formalità che, come tale e come rileva dalla stessa deduzione dell’appellante, non ha avuto nessun effetto diretto sul voto stesso (se non nei limiti della prospettazione del tutto personale, ma non per questo rilevante, dell’appellante).

6. In conclusione l’appello deve essere accolto, essendo fondato il primo motivo di gravame, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato ammissibile il ricorso proposto in primo grado; quest’ultimo, nel merito, deve essere respinto, essendo infondate nel merito tutti i motivi di censura sollevati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla signora A. B. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 219 del 4 febbraio 2011, accoglie il primo motivo di appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara ammissibile il ricorso di primo grado, respingendolo nel merito.

Condanna l’appellante al pagamento in favore delle due parti costituite delle spese del giudizio che liquida complessivamente un Euro. 7.000,00 (settemila), Euro. 3.500 (tremilacinquecento) per ognuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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