Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 02-08-2011, n. 30563 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di T.M. e E. C.S. in ordine ai reati precisati in epigrafe, loro ascritti per avere, separatamente ed in tempi diversi, privato della libertà personale C.M., cittadina Rumena, avere abusato sessualmente della medesima con violenza e minacce e l’ E.C. inoltre per averle sottratto con la minaccia di un coltello il telefono cellulare e la somma di circa 50 Euro.

In sintesi, secondo la ricostruzione dei fatti riportata in sentenza, il 5 febbraio 2009 la C. era stata avvicinata dall’ E. C., già da lei conosciuto e con il quale si era instaurato in precedenza un rapporto di fiducia, che le aveva proposto di fare una passeggiata. Poichè l’ E.C. si palesava in stato di evidente ubriachezza, la C. aveva rifiutato l’invito, ma l’imputato la aveva costretta a seguirlo con la minaccia di un coltello. L’aveva, quindi, condotta in una baracca ove la aveva derubata del cellulare e del danaro e successivamente violentata. La C. era rimasta segregata nella baracca per undici giorni anche se riusciva ad allontanarsi frequentemente dalla stessa, ma vi veniva sistematicamente ricondotta dall’imputato. E’ da precisare che la ricostruzione dei fatti così sostanzialmente descritta nell’atto di denunzia querela risultava in molti e rilevanti punti in contrasto con le dichiarazioni rese in un primo tempo dalla persona offesa in dibattimento. Solo successivamente, in sede di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, per l’intervenuta modifica del Collegio giudicante, all’udienza del 22 aprile 2010 la C. aveva confermato di essere stata costretta dall’imputato a subire rapporti sessuali. La sentenza ha accolto l’eccezione di inutilizzabilità probatoria del contenuto dell’atto di querela, formulata dalla difesa dell’ E.C., per carenza dei presupposti richiesti dall’art. 500 c.p.p., comma 4, ma ha valorizzato, per la ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati, le dichiarazioni rese dalla C. alla citata udienza del 22 aprile ed altri elementi ritenuti di riscontro.

Quanto alla posizione del T. la sentenza ha rilevato che la deposizione della persona offesa risulta costante e coerente nel corso dell’intero dibattimento. La C. aveva narrato di avere incontrato, dopo essere stata undici giorni nella baracca con l’ E. C., quest’ultimo ed il T.. In tale circostanza il T. l’aveva presa con la forza e violentata nei pressi della baracca dello stesso S.. Successivamente il T. l’aveva portata con la minaccia di un coltello sotto un ponte ove era rimasta per quattro giorni, nel corso dei quali veniva ripetutamente malmenata e violentata dall’imputato. In tali frangenti la persona offesa, anche se era riuscita due volte a fuggire, era stata sempre ripresa e riaccompagnata dall’imputato sotto il ponte con minacce e percosse. Dopo alcuni giorni, la C., approfittando della momentanea assenza dell’imputato era riuscita ad allontanarsi e questa volta era stata indotta da una persona, alla quale si era rivolta per chiederle informazioni sull’Ospedale, a recarsi dai Carabinieri ai quali aveva denunciato i fatti.

La Corte territoriale ha, però, escluso l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis contestata nei confronti dell’ E.C., stante l’intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma, e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflitta a detto imputato nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati, che la denunciano per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento nel ricorso del T. viene riproposta l’eccezione di inutilizzabilità del contenuto della querela, cui la sentenza di primo grado aveva fatto ricorso per la ricostruzione della vicenda, deducendosi l’inesistenza dei presupposti richiesti dall’art. 500 c.p.p., comma 4, e, cioè, non risultando affatto che la persona offesa fosse stata intimidita o minacciata per non riferire i fatti.

Con il secondo mezzo di annullamento si denunciano vizi di motivazione e violazione dell’art. 192 c.p.p..

Con il motivo di gravame vengono indicate, in primo luogo, una serie di incongruenze e di contraddittorietà delle dichiarazioni della persona offesa che ne minano l’attendibilità. Tali le diverse versioni in ordine alla contemporanea presenza del E.C. e del T., che in alcune dichiarazioni viene indicata nella fase iniziale della vicenda ed in altre come avvenuta solo dopo undici giorni; in ordine alla violenza sessuale subita ad opera dell’ E. C., prima negata e poi confermata; in ordine alla affermazione di non aver mangiato per undici giorni per, poi, dichiarare di avere cucinato. Si deduce la inverosimiglianza del narrato della persona offesa relativo ai suoi continui allontanamenti dai luoghi ove era tenuta segregata per essere sempre ripresa immediatamente dopo; del fatto che l’ E.C. l’avrebbe condotta per una strada centrale di Cosenza sotto la minaccia di un coltello senza che nessuno se ne accorgesse ed altri analoghi rilievi in ordine ad ulteriori punti del narrato.

Nel prosieguo si deduce che le dichiarazioni della C. non hanno trovato riscontro in altri elementi di prova e si citano, in particolare, la deposizione del Carabiniere R., il quale effettuò il sopraluogo nella baracca, rilevando che la stessa era accessibile a chiunque e frequentata da numerosi senza tetto; la deposizione del M.llo Sa. per inferirne perplessità sulla conduzioni delle indagini, fondate sul rilievo che la C. non conosceva la lingua italiana e, malgrado ciò, ha rilasciato la querela e proceduto al riconoscimento degli imputati, che deve considerarsi nullo; la testimonianza del fratello del T., che ha riferito di uno stato di etilismo cronico da cui era affetta la C. e che il rapporto tra la stessa e l’imputato era pienamente consensuale; la dichiarazione del teste P.E., il quale ha riferito che il S. aveva accompagnato la C. a fare la doccia presso una struttura assistenziale e che in tale circostanza l’imputato non la costringeva in alcun modo.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente E.C. denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 192 c.p.p. nella valutazione delle risultanze probatorie. Con il mezzo di annullamento il ricorrente denuncia, a sua volta, la valutazione della piena attendibilità della persona offesa benchè la ricostruzione dei fatti fornita dalla stessa risultasse estremamente contraddittoria ed in netto contrasto con altre risultanze probatorie e dichiarazioni testimoniali. Si riportano sul punto i principi di diritto affermati da questa Corte in materia di valutazione della testimonianza della persona offesa, per affermare che gli stessi sono stati disattesi dalla Corte territoriale, in particolare si osserva che l’affermazione della C. di essere stata rinchiusa nella baracca contrasta con l’accertamento dei C.C. dal cui rapporto emerge che la baracca era aperta e di uso comune. Si deduce che in sentenza, per confermare l’attendibilità della persona offesa sul punto, si fa menzione di un lucchetto la cui esistenza non emerge da alcuna risultanza probatoria.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 605, 628 e 609 bis c.p., nonchè agli artt. 125 e 192 c.p.p..

Con il mezzo di annullamento si rilevano contraddizioni nel narrato reso dalla persona offesa in varie sedi a proposito del momento in cui la C. sarebbe stata minacciata con un coltello dall’ E. C.; si ribadiscono i rilievi contenuti nel ricorso proposto dal T. in ordine agli elementi di contraddizione o inverosimiglianza del narrato della persona offesa a proposito del periodo in cui avrebbe incontrato i due imputati insieme, a proposito del rapporto sessuale al quale l’avrebbe costretta l’ E.C., affermato in querela e poi negato in dibattimento ed altri ancora.

Viene, poi, censurata l’affermazione della sentenza secondo la quale le contraddizioni del narrato nelle varie sedi sarebbero state determinate dalla volontà della C. di alleggerire la posizione del E.C., in quanto tale affermazione è in contrasto con la dichiarazione della stessa C. di aver voluto scagionare entrambi gli imputati. Si denuncia carenza di motivazione in ordine alle ragioni per cui sono state ritenute credibili le dichiarazioni rese dalla C. nel corso del secondo esame e non quelle precedenti; si denunciano vizi di motivazione con riferimento alle argomentazioni con le quali sono state giustificate le inverosimiglianze del narrato a proposito delle modalità con le quali la C. si sarebbe procurato il cibo; a proposito dell’affermazione secondo la quale la strada percorsa dalla persona offesa sotto la minaccia di un coltello sarebbe stata deserta, in quanto contrastata dal rilievo che alla scena aveva assistito una passante che sarebbe anche intervenuta in aiuto della persona offesa.

Un ulteriore elemento di illogicità della ricostruzione dei fatti ritenuta in sentenza, infine, viene indicato nell’episodio, testimoniato dal P., della doccia che la C. aveva fatto presso una struttura assistenziale, facendosi rilevare la incoerenza del comportamento attribuito al S. che, dopo averla sequestrata, si sarebbe preoccupato di accompagnare la persona offesa presso la struttura assistenziale. Si fa anche rilevare che il P. ha escluso di avere rilevato qualsivoglia oppressione dell’imputato nei confronti della C..

Entrambi i ricorsi sono infondati.

Va in primo luogo osservato, per quanto riguarda le questioni processuali, che nel ricorso del T. viene riproposta l’eccezione di inutilizzabilità, quale elemento di prova, della querela.

Detta eccezione è manifestamente infondata, avendo la sentenza impugnata già escluso che ricorressero i presupposti per l’applicazione dell’art. 500 c.p.p., comma 4, ed utilizzato per la ricostruzione dei fatti esclusivamente le dichiarazioni rese dalla C. all’udienza del 22 aprile 2010.

E’ inoltre infondata l’eccezione di nullità della ricognizione fotografica degli imputati effettuata dalla persona offesa.

La sentenza impugnata ha, infatti, osservato sul punto che la C. ha identificato gli imputati, presenti, nel corso della deposizione testimoniale resa in dibattimento, sicchè ogni questione relativa alla validità dell’originaria ricognizione fotografica risulta superata (cfr. sez. 1, 3.12.2004 n. 3642 del 2005, lato, RV 230781 ed altre).

Non sussiste, infine, alcuna violazione di norme processuali per quanto riguarda la valutazione della attendibilità della persona offesa, nè sono ravvisabili vizi di motivazione sul punto.

La ricostruzione della vicenda delittuosa protrattasi nel tempo, così come descritta dalla persona offesa, è stata fondata dai giudici di merito, non solo sulla ritenuta attendibilità della C., per la assenza di qualsivoglia intento calunniatorio, la assenza di connotazione fantasiosa del narrato e la ricchezza di particolari, ma anche, e soprattutto, sulla esistenza di numerosi elementi di riscontro.

Tali il referto medico, che ha accertato la presenza di "lesioni in tutto corrispondenti alle modalità dei fatti ed inferte – comunque accertate – esattamente il giorno in cui si assumono cessate…" (sentenza di primo grado con riferimento alla posizione del T.); le risultanze della consulenza ginecologica, che ha evidenziato arrossamenti sospetti nella zona vaginale (sempre riferibili alla posizione del T.); il rinvenimento all’interno della baracca, nella quale era stata sequestrata la persona offesa, di un maglione e di un pantalone strappato appartenenti alla medesima, nonchè di un coltello con manico marrone, con il quale la C. aveva affermato di essere stata minacciata dall’ E. C.; la copia del versamento effettuato dalla persona offesa il giorno in cui aveva incontrato detto imputato ed era stata costretta dal medesimo a seguirla, sempre a conferma della credibilità della dichiarante; lo stesso episodio della doccia, confermato dal teste P..

La sentenza impugnata, inoltre, ha esaminato tutti i rilievi contenuti in entrambi i ricorsi per contestare l’attendibilità della persona offesa e ne ha escluso, a secondo dei casi, la fondatezza o la rilevanza con motivazione assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici.

Le deduzioni dei ricorrenti in punto di vizi di motivazione, pertanto, si esauriscono nella richiesta di una nuova valutazione di merito sulle risultanze indicate nei ricorsi, inammissibile in sede di legittimità.

Entrambi i ricorsi, pertanto, devono essere rigettati con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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