Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-07-2011) 02-08-2011, n. 30559 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di G.M. in ordine al reato di cui all’art. 609 bis c.p., commi 1 e 2, a lui ascritto per avere costretto la madre, T.L., con violenza ed approfittando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della donna a subire un rapporto sessuale.

Secondo quanto riportato in punto di fatto nella sentenza la badante della T., E.D.F., da poco assunta, di notte aveva visto attraverso la porta socchiusa l’imputato disteso sulla madre mentre consumava un rapporto sessuale. Secondo la badante il G., mentre era disteso sulla madre, che si agitava e gli chiedeva di lasciarla, le aveva tappato la bocca, intimandole di stare zitta perchè voleva solo "stare bene con lei".

Subito dopo la badante aveva lasciato il lavoro ed aveva riferito i fatti a M.C., figlia di G.M., sorella dell’imputato. Quest’ultima riferiva inoltre che successivamente ai fatti mentre le lavava le parti intime la madre si era lamentata che le facevano male. La G. riferiva infine che l’imputato era solito maltrattare e molestare sessualmente le badanti della madre, che di volta in volta erano andate via, e tali dichiarazioni avevano trovato riscontro in quelle delle stesse badanti e di altri testi.

I giudici di merito, in sintesi, hanno ritenuto pienamente attendibile il narrato della E.D.F., ravvisando quali elementi di riscontro le dichiarazioni della predetta G. M. e la deposizione del teste dei C.C. S., che aveva affermato di avere notato sulle braccia della T. dei lividi.

Sono state ritenute, invece, non rilevanti le dichiarazioni della dottoressa B.G. che aveva visitato dopo circa dieci giorni l’anziana persona offesa, non riscontrando lesioni di sorta nella zona vaginale, nonchè quelle della ex amante del G., G.A., secondo la quale l’imputato era affetto da impotenza erigendi determinata dall’uso di medicine ed in particolare di betabloccanti, che assumeva a seguito di un infarto.

La Corte territoriale ha, però, escluso che vi fosse prova di altri episodi di violenza sessuale oltre quello descritto dalla E. e, per l’effetto, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

In sintesi, si denuncia carenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali sono state ritenute attendibili le dichiarazioni della teste oculare e le altre testimonianze ritenute prove di riscontro, che, si afferma, erano caratterizzate da costante incongruenza e contraddittorietà. Si denuncia carenza ed illogicità della motivazione con la quale sono stati svalutati elementi di prova indicati dalla difesa dell’imputato, quale quello afferente all’impotenza da cui era affetto il G. e le risultanze della visita ginecologica eseguita dalla dr.ssa B.G.. Su tale ultimo punto si censurano le argomentazioni della sentenza in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie e si denuncia, infine, la assoluta carenza di motivazione in ordine alla mancata ammissione della prova chiesta in appello.

Il ricorso, che è al limite dell’ammissibilità, non è fondato.

E’ stato già reiteratamente affermato da questa Corte, che anche a seguito delle modificazioni apportate all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b), rimane esclusa la possibilità che la verifica della correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, sicchè il vizio di motivazione è ravvisabile solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste ovvero su risultanze probatorie incontestabilmente diverse da quelle reali (cfr. sez. 4, 10.10.2007 n. 35683, Servirei, RV 237652; sez. 1, 15.6.2007 n. 24667, Musimeci, RV 237207; sez. 5, 25.9.2007 n. 39048, Casavola ed altri, RV 238215).

Orbene, sotto l’apparente denuncia di vizi di motivazione, il ricorrente sostanzialmente si limita a riproporre le stesse censure già puntualmente esaminate dai giudici di merito e disattese con motivazione adeguata, immune da vizi logici.

La doglianza per carenza di motivazione in ordine alle incongruenze e contraddizioni che avrebbero caratterizzato le dichiarazioni dei testi di accusa è del tutto generica.

La valutazione della attendibilità della E. ha formato oggetto di adeguata motivazione mediante i rilievi afferenti alla carenza di qualsiasi intento calunnioso ed alla coerenza del comportamento della teste con il contenuto delle dichiarazioni.

Le ulteriori censure in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie sono esclusivamente di merito.

La doglianza relativa alla mancata ammissione della prova chiesta in appello è anche essa infondata.

La sentenza, infatti, risulta puntualmente motivata in ordine alla irrilevanza di detta prova.

Peraltro, risulta dal complesso della motivazione l’inesistenza della condizione costituita dalla impossibilità di decidere allo stato degli atti che è requisito indispensabile richiesto dall’art. 603 c.p.p. per poter disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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