Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-12-2011, n. 28644 Spese della comunione e del condominio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A.F.S. e A.L. proponevano opposizione avverso il decreto con cui il Giudice di Pace di Napoli aveva loro ingiunto di pagare a favore del Condominio di (OMISSIS) l’importo di Euro 1.175,85, oltre interessi, a titolo di importo dovuto per conguaglio relativamente ai lavori di ristrutturazione eseguiti al fabbricato condominiale. Deducevano l’assenza di una delibera assembleare di approvazione delle somme in oggetto. L’opposto chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza del 28 aprile 2004 il Giudice di Pace rigettava l’opposizione; la decisione era confermata dal Tribunale di Napoli che, con sentenza dep. 5 novembre 2011, respingeva l’appello proposto dagli opponenti.

2. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione A. F.S. e A.L. sulla base di un unico articolato motivo.

Resiste con controricorso l’intimato.

Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

L’unico motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1123, 1135 1136 e 1137 cod. civ. e art. 633 cod. proc. civ., nonchè omessa o contraddittoria motivazione.

Nel denunciare che il decreto ingiuntivo era stato chiesto per il pagamento delle rate – dovute a titolo di saldo all’esito della verifica da parte della assemblea della regolare esecuzione dei lavori risultati di importo maggiore di quelli a suo tempo appaltatati – i ricorrenti lamentano che, al momento della richiesta del decreto opposto, la delibera di approvazione di tali importi non era stata ancora emessa, posto che l’assemblea li avrebbe approvati soltanto nel corso del giudizio di opposizione: pertanto, mancava la prova scritta di cui all’art. 633 citato.

Denunciano la contraddittorietà della motivazione laddove, dopo avere affermato che con la Delib. 14 ottobre 2002, erano stabilite le modalità di pagamento, aveva poi rilevato che in quella sede l’assemblea aveva al tempo stesso deliberato di non emettere le bollette di pagamento relative.

La motivazione non aveva tenuto conto di quelle che erano le risultanze processuali atteso che soltanto nel corso del giudizio di opposizione,in data 25 giugno 2003, l’assemblea approvava gli importi dovuti sulla base del certificato di regolare esecuzione emesso il 16 maggio 2003 dal direttore dei lavori.

Il motivo è fondato nei limiti di cui si dirà.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., atteso che tale norma si applica ai ricorsi avverso provvedimenti pubblicati dal 2 marzo 2006 (la sentenza impugnata è stata depositata il 5 novembre 2005).

La sentenza impugnata, dopo avere rilevato che – in relazione all’esecuzione dei lavori relativi allo stabile condominiale – la volontà del Condominio si era espressa con una serie di delibere che avevano previsto e approvato lo stanziamento dei lavori straordinari, la nomina del direttore dei lavori, la scelta dell’impresa appaltatrice, ha poi, da un lato, affermato che con la Delib. 14 ottobre 2002, erano stabilite le modalità di pagamento del saldo dei lavori (oggetto dell’opposto decreto) ma al tempo stesso, nel riportare il contenuto di tale delibera, riferiva che in quell’occasione l’assemblea aveva deciso "di non emettere bollette di pagamento riguardante il conguaglio dei lavori già eseguiti e quanto spetta al direttore dei lavori per compenso già maturato tali bollette sarebbero state emesse dopo l’incontro della commissione con il direttore dei lavori mirante al controllo e alla fattibilità dei lavori eseguiti e conseguente parere della commissione".

Affermava ancora che l’Amministratore aveva dato seguito alla riscossione delle rate dopo la relazione del direttore dei lavori, essendo andata deserta l’assemblea del 28-11-2002.

Orbene, la motivazione è evidentemente contraddittoria laddove, nel verificare se la spesa in questione fosse stata o meno deliberata dalla assemblea, ha ritenuto la spesa approvata facendo riferimento a una delibera che allo stato non aveva affatto autorizzato il pagamento ma anzi aveva stabilito che nessun pagamento fosse dovuto, essendo stata la liquidazione subordinata al parere favorevole della commissione all’esito dell’incontro fra quest’ultima e il direttore dei lavori circa il controllo e la fattibilità dei lavori eseguiti che erano risultati di importo maggiore di quelli originariamente preventivati.

Peraltro, è pacifico che la delibera di approvazione della spesa intervenne nel successivo giudizio di opposizione.

Ciò posto, va osservato che al momento in cui venne depositato il ricorso non vi erano le condizioni per chiedere e ottenere il decreto ingiuntivo che, ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., postula l’approvazione della spesa da parte dell’assemblea del condominio:

per quel che si è detto sopra, nella specie non era stata emessa la relativa deliberazione (anzi vi era una delibera che manifestava addirittura una volontà contraria), per cui sono del tutto inconferenti i principi circa la natura e la rilevanza della delibera di ripartizione delle spese, perchè se è vero che il decreto può essere richiesto per il pagamento dei contributi condominiali anche in mancanza dell’approvazione dello stato di ripartizione approvato – necessario per la clausola di immediata esecutività del decreto – la prova scritta di cui all’art. 633 cod. proc. civ., è costituita comunque dal documento da cui risulti l’approvazione da parte dell’assemblea della relativa spesa.

Tanto premesso, va, peraltro, considerato che l’opposizione a decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, in cui il giudice deve, non già stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e, se il credito risulti fondato, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura. Invece, l’insussistenza delle condizioni che legittimano l’emanazione del procedimento monitorio può spiegare rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria (Cass. 419/2006).

Nella specie, intervenuta nel corso del giudizio di opposizione la delibera di approvazione della spesa in questione, la pretesa del Condominio di ottenere le somme dovute a titolo di conguaglio per lavori effettuati è comunque risultata fondata e andava accolta, seppure al momento della richiesta del decreto ingiuntivo il credito non era liquido ed esigibile e gli opponenti non potevano considerarsi morosi nel pagamento dei contributi.

Ne consegue che: a) il decreto andava revocato e non erano dovute le spese della fase monitoria;

b) peraltro, gli opponenti dovevano essere condannati al pagamento della somma di Euro 1.175,85, comunque risultata dovuta all’esito del giudizio di opposizione.

La sentenza deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., dovendo emettersi i provvedimenti sopra indicati sub a) e b).

Le spese del giudizio di opposizione e quelle di appello devono essere regolate, ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ., con riferimento esclusivo all’esito finale della lite (Cass. 19560/2009;

17440/2003): pertanto, le stesse vanno poste a carico degli attuali ricorrenti i quali – seppure non sono tenuti alle spese della fase monitoria (la cui statuizione è caducata per effetto della revoca del decreto) – sono comunque risultati soccombenti in relazione alla pretesa del Condominio che, come si è detto, è risultata fondata, attesa l’esistenza del debito degli attuali ricorrenti; la liquidazione delle relative spese va compiuta in conformità a quelle rispettivamente effettuate dai Giudici di merito per il giudizio di opposizione e di appello.

Per le considerazioni sopra svolte in merito alla soccombenza, anche le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, revoca l’opposto decreto;

e condanna gli attuali ricorrenti al pagamento in solido a favore del Condominio di (OMISSIS) della somma di Euro 1.175,85.

Conferma la liquidazione delle spese dei giudizi di opposizione al decreto ingiuntivo e di appello effettuate rispettivamente con le sentenze di primo e di secondo grado.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

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