T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, Sent., 09-09-2011, n. 305 Ricorso gerarchico Silenzio-accoglimento, silenzio-rifiuto e silenzio-rigetto della pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 5.5.2009 i signori F.Z., T.A. in Z. (moglie), B.Z. e L.Z. (figli) proponevano ricorso amministrativo avanti alla Consulta provinciale per l’assistenza sociale avverso il provvedimento di data 31.3.2009 con cui la Comunità comprensoriale Valle Isarco – Distretto sociale di Bressanone e Circondario aveva concesso una agevolazione tariffaria, ai sensi del DPGP n. 30/2000 per il servizio di assistenza presso l’Azienda Pubblica di servizi alla persona Santo Spirito a Bressanone in favore di F.Z., chiedendo l’annullamento di detto provvedimento nella parte in cui obbliga i figli B. e L.Z. a contribuire al pagamento delle tariffe per il padre, nonché nella parte in cui prevede a carico dell’assistito, della moglie e dei figli una compartecipazione superiore a quella determinata per il 2008. Veniva inoltre richiesto di risarcire i figli e la moglie per aver dovuto compartecipare sin dal 2004 alla spesa di assistenza di F.Z..

Non essendo intervenuta una decisione della Consulta entro 90 giorni, con ricorso di data 10.11.2009 gli odierni ricorrenti in proprio e quali eredi del signor F.Z., deceduto in data 21.9.2009, chiedevano dichiararsi l’illegitttimità del silenzio rigetto della Consulta provinciale per l’assistenza sociale, l’annullamento del provvedimento di data 31.3.2009 della Comunità comprensoriale, delle richieste/sollecito di pagamento delle fatture emesse dall’APSP Santo Spirito e del DPGP 11.8.2000 n. 30, nei confronti del quale chiedevano venisse sollevata questione di legittimità costituzionale.

I ricorrenti richiedevano anche la condanna delle amministrazioni al risarcimento del danno, consistente nelle somme da loro sino ad oggi versate all’APSP Santo Spirito e da questa illegittimamente trattenute, previa assunzione di CTU per stabilire l’entità della retta da porsi a carico del solo assistito signor F.Z..

L’impugnazione del silenzio rigetto poggia sul seguente motivo:

– Violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 2 legge 241/1990, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, illogicità e perplessità dell’attività amministrativa.

A sostegno del ricorso avverso gli altri provvedimenti sopra enunciati vengono dedotti i seguenti motivi:

– Violazione della L. 328/2000 e del D.Lgs. 109/1998 e 130/2000, oltre che violazione degli artt. 3, 23 e 117 della Costituzione ed altresì eccesso di potere per carenza di motivazione per ingiustizia e illogicità manifesta e questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 23 e 117 Cost. da parte del DPGP 11.8.2000 n. 30 "Regolamento relativo agli interventi di assistenza economica sociale ed al pagamento delle tariffe nei servizi sociali".

Si costituivano ritualmente il Comune di Bressanone, eccependo il difetto di giurisdizione e di legittimazione passiva del Comune e chiedendo in ogni caso il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza e la Provincia autonoma di Bolzano, eccependo l’inammissibilità del ricorso per acquiescenza dei ricorrenti e della questione di costituzionalità sollevata e chiedendo comunque il rigetto del ricorso siccome infondato.

Con ordinanza n. 197/2009, assunta nella camera di consiglio dell’1 dicembre 2009, questo Tribunale rigettava l’istanza per il rilascio di provvedimenti cautelari, non derivando dagli atti impugnati alcun pregiudizio grave ed irreparabile, "anche volendo prescindere dalle questioni di inammissibilità del ricorso…omissis.. (e, in particolare, da quella relativa alla giurisdizione)".

Le parti presentavano memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive ed alla pubblica udienza del 18 maggio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Va premesso in fatto che il signor F.Z., ultrasessantacinquenne non autosufficiente, riconosciuto invalido al 100 %, nel 2004 è stato ricoverato a Bressanone presso la struttura di degenza di viale Mozart 28, gestita dalla Azienda pubblica di servizi alla persona.

Viene esposto in ricorso che la APSP, il Comune di Bressanone e successivamente la Comunità Comprensoriale Valle Isarco hanno preteso la partecipazione economica dei parenti di F.Z. nella copertura dei costi di degenza presso detta struttura. Inizialmente le somme richieste dalla APSP sono state pagate anche dai parenti, senza peraltro condividere il principio per cui la p.a. pretendeva la contribuzione dei familiari, di fatto surrogandosi nella posizione dell’assistito ed in un secondo momento gli odierni ricorrenti hanno segnalato l’illegittimità dei provvedimenti con cui veniva pretesa la loro compartecipazione, presentando infine ricorso gerarchico avanti alla Consulta provinciale per l’assistenza sociale.

In primis i ricorrenti censurano tempestivamente il silenzio rigetto della Consulta provinciale per l’assistenza sociale, che si è formato in seguito al ricorso da essi presentato ed a questa pervenuto in data 5.5.2009, non essendo intervenuta una decisione nel termine di novanta giorni a decorrere dalla data del ricevimento.

Nella prima parte del motivo articolato nei confronti della mancata decisione della Consulta i ricorrenti denunciano la violazione dei principi di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione e carenza di motivazione, in quanto, nonostante le ampie argomentazioni formulate nel ricorso gerarchico, l’organo competente ha omesso di prendere una decisione nei termini, violando il generale obbligo dell’Amministrazione di provvedere su istanza di parte e, per di più, senza addurre alcuna motivazione su tale comportamento.

La doglianza esposta attiene quindi al silenzio in quanto tale e non al silenzio in quanto rigetto.

Ebbene, la previsione di cui all’art. 6 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, contenuta anche nella L.P. 22.10.1993, n. 17 all’art. 9 comma 13, per cui, decorsi novanta giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico senza che sia intervenuta da parte dell’Amministrazione la decisione, il ricorso stesso si intende respinto a tutti gli effetti, è volta a configurare l’inerzia dell’Amministrazione come comportamento legalmente tipizzato, avente valore di implicito modo di provvedere negativamente sul ricorso dell’interessato. Pertanto è concettualmente inconfigurabile una censura contro tale comportamento per difetto di motivazione.

Neppure possono condividersi le ulteriori censure sopra elencate poiché, essendo il meccanismo in questione naturalmente volto a contrastare l’inadempimento (mero) dell’obbligo di provvedere incombente sulla p.a., non è in tale sede contestabile un comportamento omissivo qualificato espressamente dalla legge come silenzio significativo (di diniego) (cfr.: T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 18 gennaio 2008, n. 369).

Il rilievo è quindi destituito di fondamento e l’impugnazione del silenzio andrà solo esaminata sotto il profilo di rigetto del ricorso gerarchico avanti alla Consulta con cui veniva chiesto l’annullamento del provvedimento della Comunità comprensoriale Valle Isarco di data 31.3.2009.

Per quanto attiene a questa ed alle altre domande oggetto del ricorso in esame, va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità, per difetto di giurisdizione di questo Giudice, sollevata dal Comune di Bressanone.

Giova inquadrare sinteticamente le disposizioni provinciali in materia, che regolano la fattispecie di cui si controverte.

La legge provinciale 30.4.1991, n. 13 (legge di riordino dei servizi sociali) ha normato per la provincia di Bolzano l’assistenza economica sociale ed il concorso nelle spese e l’art. 7 LP n. 13/1991 demanda ad apposito regolamento di esecuzione la fissazione di criteri e modalità omogenei per il concorso nel pagamento delle prestazioni da parte degli assistiti e delle persone tenute al loro mantenimento o obbligate a prestare gli alimenti secondo le disposizioni del codice civile, tenuto conto delle condizioni economiche dei soggetti interessati e della rilevanza sociale delle prestazioni.

Il relativo regolamento di esecuzione, emanato con DPGP 11.8.2000 n. 30, prevede che la valutazione della situazione economica rilevante ai fini del pagamento delle tariffe dei servizi è effettuata tenendo conto innanzitutto della situazione economica del nucleo familiare ristretto (coniuge, partner convivente, genitori dell’utente minorenne) (art. 10) e che la concessione di agevolazioni da parte dell’ente pubblico competente avviene solo subordinatamente rispetto alle prestazioni a carico dei nuclei familiari collegati (figli dell’utente e genitori). L’utente concorre al pagamento delle tariffe dei servizi residenziali con l’assegno di cura di cui alla LP n. 9/2007 o con l’assegno di accompagnamento di cui alla LP n. 46/1987 e per la parte non coperta da tali prestazioni, in relazione alla situazione economica del proprio nucleo familiare ristretto, mentre i nuclei familiari collegati concorrono al pagamento per la parte non coperta dal nucleo familiare ristretto.

Il procedimento, poi, di erogazione delle integrazioni tariffarie avviene su domanda, come nel procedimento in oggetto, a meno che venga disposta d’ufficio, con specifica motivazione e l’art. 43 del DPGP n. 30/2000 prevede che gli enti competenti integrano il pagamento delle tariffe dei servizi residenziali qualora la situazione economica dell’utente, del nucleo familiare ristretto e, ove richiesto, dei nuclei familiari collegati, non consentano la copertura della tariffa a carico dell’utente e che l’integrazione della tariffa avviene solo qualora l’ospitalità sia stata previamente concordata con l’interessato, con i familiari e l’ente impegnati al pagamento. Infine, per quanto qui ci occupa, i nuclei familiari di cui sopra, ove sia prevista la loro partecipazione, devono impegnarsi formalmente nei confronti dell’ente competente a concorrere al pagamento della tariffa non coperta dall’utente, nella misura prevista dal regolamento.

L’Amministrazione comunale rileva come il ricorso in esame attenga a rapporti individuali di utenza del servizio di assistenza residenziale per anziani e non ad atti autoritativi della pubblica amministrazione, non rientrando quindi nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Il rilievo coglie nel segno.

La causa è stata introdotta nella vigenza dell’art. 33 D.Lgs. n. 80/1998 come sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/20000, dopo la riscrittura dello stesso ad opera della declaratoria di parziale incostituzionalità sopraggiunta con sentenza della Corte Costituzionale 6.7.2004, n. 204 in relazione all’art. 33 co 1, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della legge n. 205/2000, nella parte in cui prevedeva la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. di "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché delle "controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché" ed ha altresì dichiarato illegittimo il secondo comma della stessa disposizione. Nella parte motiva la Corte Cost. ha precisato che la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del G.A. se in essa la PA agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero se si avvale della facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo.

Pertanto, ove la pubblica amministrazione non eserciti potere autoritativo, la materia dei pubblici servizi non viene attratta nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed il riparto di giurisdizione segue il criterio generale del "petitum" sostanziale.

Come emerge dall’esposizione in fatto, la controversia in esame attiene sostanzialmente (ed un tanto emerge anche dalla richiesta di risarcimento danni che si sostanzia nella restituzione degli importi pagati "indebitamente"dai congiunti all’Azienda S. Spirito per le prestazioni da questa fornite a F.Z.) all’accertamento (negativo) di un obbligo che coinciderebbe con il dovere di prestare gli alimenti nei confronti del congiunto assistito, sancito dall’art. 433 cc.

La posizione giuridica dedotta afferisce ad un rapporto di chiara matrice civilistica, tale dovendosi considerare non solo quello intercorrente – anche in via di surroga – fra aventi diritto ed obbligati alla prestazione alimentare, ma anche quella fra enti erogatori dell’assistenza e soggetti astrattamente tenuti agli alimenti nei confronti dell’assistito indigente.

Ed invero, avuto riguardo alla natura della protezione sostanziale accordata dall’ordinamento alla pretesa dell’APSP S. Spirito di ottenere l’integrazione delle rette di degenza a carico degli odierni ricorrenti, il ricorso da questi introdotto per accertare l’infondatezza di detta pretesa attiene anch’essa a speculari posizioni di diritto soggettivo insuscettibili di affievolimento ad opera della P.A., la quale agisce non nell’esercizio di prerogative pubblicistiche, ma nell’ambito di un rapporto di diritto privato (si badi che i ricorrenti hanno sottoscritto un impegno con il gestore del servizio di concorrere al pagamento delle rette) (cfr. TAR Liguria 19.10.2007, n.1777; conformi: TAR Milano 13.5.2002, n. 2059; TAR Sardegna 8.9.2009, n. 1472; TAR Sicilia – Catania 2.2.2011, n. 243).

Per quanto poi attiene alla parte del ricorso che investe l’aumento, asseritamente ingiustificato, della retta di ricovero ad opera del provvedimento di data 31.3.3009, non essendo stato messo in discussione, né impugnato, il criterio sulla cui base è stata calcolata la retta (vedi delibera della Giunta provinciale 6.10.2008, n. 3647), l’impugnazione si riferisce solo alla quantificazione dell’importo, frutto di mero calcolo, sulla base di parametri predeterminati. Anche in questo caso non viene in considerazione alcun atto discrezionale ed autoritativo della P.A. con conseguente sottrazione, ad avviso del Collegio, pure di tale settore di controversia dall’ambito della giurisdizione di questo giudice.

Non può infine ritenersi configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo per il fatto che la controversia attiene anche ad un atto amministrativo generale, quale il regolamento di utenza, di cui al DPGP 11.8.2000, n. 30, stante il potere dell’AGO di disapplicare (seppure incidentalmente) gli atti amministrativi illegittimi, "la cui efficacia condiziona l’esistenza ed il contenuto sostanziale costituente l’oggetto del processo" (così Cons. St. Sez. VI, 25.6.2008, n. 3226; cfr. anche: Sez. VI, 7.12.2007, n. 6299; TAR Sardegna 8.9.2009, n. 1472; Cass. Civ. SSUU 2.3.2006, n. 4584).

In conclusione, sulla base di quanto esposto, non può che concludersi per l’appartenenza della causa al giudice ordinario, avanti al quale le parti vanno pertanto rimesse ai sensi dell’art. 11 cod. proc. amm.

La natura della controversia e la sussistenza di diverse interpretazioni giurisprudenziali sull’appartenenza della giurisdizione depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, sezione autonoma di Bolzano,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo rigetta per quanto attiene all’impugnazione del silenzio, nel senso esposto in motivazione;

– lo dichiara INAMMISSIBILE per il resto, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che la declina in favore del giudice ordinario.

Spese compensate.

Il contributo unificato rimane a carico dei ricorrenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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