Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2011) 02-08-2011, n. 30596 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 29/10/10 ex art. 310 c.p.p. il Tribunale del riesame di Tarante rigettava l’appello di M.P. avverso l’ ordinanza 23/9/10 del Gip di quel Tribunale che rigettava l’istanza dello stesso M. di sostituzione, con quella degli arresti domiciliari in località diversa da quella di residenza, della misura della custodia cautelare in carcere disposta dal Gip nei suoi confronti il 5/4/10 per i reati di omicidio premeditato e violazione della legge sulle armi (porto e detenzione di fucile cal. 20 con dati identificativi abrasi e alterazione dello stesso per renderlo più maneggevole) in danno di P.N.M. (fatto avvenuto in (OMISSIS): a seguito di un gesto ritenuto offensivo fattogli in precedenza dall’altro, il M. esplodeva un colpo di fucile al volto del vicino dopo aver constatato che era in casa, avendolo visto sul terrazzo della sua abitazione).

Il Tribunale rilevava come dalla perizia psichiatrica (dott. F.co Scapati) disposta dal Gip il M. risultasse affetto da disturbo dell’umore a carattere disforico e tratti patologici di personalità, entrambi di moderata entità, in soggetto con ipertensione arteriosa in trattamento. Le condizioni di salute erano sostanzialmente compatibili con la struttura carceraria (dove il M., inizialmente sottoposto a sorveglianza a vista, era soggetto dal 29/6/10 solo a grandissima sorveglianza in virtù della regolare condotta da lui tenuta), fermo il grave allarme sociale derivante dal reato commesso, per il quale il soggetto non aveva manifestato alcuna forma di resipiscenza.

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo vizio di motivazione:

il Tribunale non aveva spiegato l’attualità del pericolo di fuga (dopo che l’imputato si era costituto ed aveva confessato) e l’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione dei reati (a cinque mesi dal fatto); non aveva tenuto in considerazione, ai fini del trasferimento in altre strutture sanitarie, le conclusioni della consulente di parte, dott.ssa Astore, che aveva indicato l’imputato come soggetto borderline con tratti dissociativi e depressivi in fase di evoluzione; la stessa ricostruzione dei fatti era stata travisata, il cadavere di P. essendo stato rinvenuto non sulla veranda della sua casa ma nell’androne dell’immobile di sua proprietà, a comprova che il reato era stato commesso a seguito di un tentativo di chiarimento; contradditorio, infine, affermare la compatibilità dello stato di salute psico-fisica del detenuto con la struttura carceraria ed auspicare al contempo un suo attento monitoraggio anche al fine di eventualmente ripristinare nei suoi confronti il regime di sorveglianza a vista.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG concludeva per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata (su pericolo di fuga e pericolo di reiterazione del reato) e la difesa, conformemente, per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso, infondato, va rigettato.

Se è vero che il titolo custodiale del Gip pone impropriamente a sua base il pericolo di fuga (il M. è un uomo di 72 anni) ed il pericolo di reiterazione del reato (pure posto a base dell’ordinanza del Gip) ha poco a che fare con l’evocato allarme sociale (come correttamente rilevato dal PG di udienza), è pure vero che il pericolo di reiterazione criminosa ha il suo fondamento (nello stesso titolo custodiale) – anche -nelle modalità e circostanze del fatto, di indubbia gravità ed indici della personalità disturbata del suo autore (circostanza, peraltro, non negata neppure dalla difesa). Di qui, pertanto, il legittimamente ritenuto "pericolo di reiterazione criminosa di gravi delitti della stessa specie, con uso di armi". Per il resto il provvedimento impugnato è motivato in modo logico e corretto, il giudice del merito avendo adottato la sua decisione dopo analisi completa ed approfondita della questione al suo esame in esito al quale ha valutato in concreto la misura più gravosa come l’unica idonea a tutelare le esigenze cautelari.

Per contro le censure avanzate dal ricorrente in questa sede di legittimità tendono, indebitamente, a sovrapporre una diversa valutazione (di persone e fatti) e a proporre una diversa soluzione cautelare.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo ( art. 616 c.p.p.). Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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