Cons. Stato Sez. V, Sent., 12-09-2011, n. 5092 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento n. 5184 del 10 marzo 1998 l’Ufficio tecnico – Settore urbanistica – Condono edilizio – del Comune di Potenza determinava la somma dovuta dal sig. P. P. a titolo di conguaglio oblazione (Lire 5.636.147) e di contributo per oneri di urbanizzazione (Lire 1.425.023) in relazione alla richiesta in data 29 settembre 1986 di condono edilizio riguardante l’ampliamento ed il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato per civile abitazione e attività commerciale, sito in Potenza, Contrada Chianchetta (realizzato in difformità dalla concessione edilizia rilasciatagli per la costruzione di un fabbricato rurale, con mutamento della destinazione d’uso).

Il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata con la sentenza n. 634 del 19 luglio 2001 respingeva il ricorso proposto dall’interessato per l’annullamento del predetto provvedimento, ritenendo infondate tutte le censure sollevate (violazione di legge – difetto di comunicazione dell’avvio del procedimento; violazione di legge – prescrizione del diritto al conguaglio; eccesso di potere; eccesso di potere per disparità di trattamento; eccesso di potere e difetto di motivazione), a prescindere dall’eccezione di irricevibilità formulata dall’intimata amministrazione comunale.

2. Con atto di appello notificato il 10 settembre 2002 il signor P. P. ha chiesto la riforma della predetta sentenza, deducendone l’erroneità alla stregua di tre articolati ordini di motivi.

In particolare, l’appellante ha innanzitutto sostenuto che la somma ingiunta dall’amministrazione a titolo di conguaglio sull’oblazione originariamente autoliquidata era da considerasi prescritta per il decorso del termine di 36 mesi dalla presentazione della domanda di condono, ai sensi dell’articolo 35, comma 18, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, infondata ed erronea essendo la interpretazione di quest’ultimo da parte dei primi giudici, secondo cui il termine di prescrizione in questione poteva decorrere soltanto dal momento dell’accoglimento della domanda di condono ovvero dalla formazione del silenzio accoglimento sulla stessa; invero identico era il termine iniziale di decorrenza sia dei 24 mesi per la formazione del silenzio accoglimento sulla domanda di condono, sia dei 36 mesi per la prescrizione delle somme eventualmente dovute a titolo di conguaglio dell’oblazione e dei contributi per oneri di urbanizzazione, a nulla rilevando la presunta carenza o incompletezza della domanda di condono (salva l’ipotesi di dolosa infedeltà della stessa, non ricorrente nel caso di specie), tanto più che l’incompletezza documentale poteva dar luogo solo ad una eventuale integrazione o chiarimento della domanda già presentata, di cui non poteva negarsi il valore autocertificativo (senza alcuna incidenza sulla validità ed esistenza dell’originaria domanda di condono); ciò senza contare, sotto altro concorrente e decisivo profilo, che nel caso in esame non ricorreva neppure alcuna delle ipotesi (tassative) che impediva la formazione del silenzio – assenso. Ad analoghe conclusioni doveva giungersi, secondo l’appellante, anche per quanto riguardava l’operatività del termine di prescrizione per gli oneri concessori, non potendo applicarsi, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, il termine di prescrizione decennale che riguardava soltanto il rilascio della concessione edilizia ordinaria (ex lege 28 gennaio 1977, n. 10) e non anche quella in sanatoria (ciò anche a voler prescindere dall’ulteriore constatazione che dal giorno della presentazione della domanda di condono erano trascorsi oltre dodici anni, così che anche l’eventuale termine decennale di prescrizione era ampiamente spirato): peraltro la somma richiesta a tale titolo dall’amministrazione comunale era stata illegittimamente liquidata in base a parametri del 1986 invece che secondo quelli esistenti al momento del rilascio della originaria concessione edilizia (1978).

Con il secondo ordine di gravame l’appellante, proprio in ragione della considerazioni svolte in ordine all’avvenuto spirare del termine di prescrizione delle somme di cui l’amministrazione comunale aveva chiesto il pagamento, ha ribadito la censura relativa alla omessa comunicazione di avvio del procedimento, osservando in particolare come l’attività amministrativa che aveva condotto all’adozione del provvedimento impugnato non poteva considerarsi quale logica continuazione dell’istanza di condono.

Infine, con il terzo ordine di gravame l’appellante ha lamentato che i primi giudici avevano inopinatamente ritenuto legittimo l’impugnato provvedimento, malgrado esso si fondasse su di un macroscopico vizio di qualificazione dell’abuso edilizio (quale opera realizzata in difetto di concessione, di cui al n. 1 della tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985, n. 47), laddove esso era consistito nella meno grave fattispecie di parziale mutamento di destinazione d’uso (solo per il piano seminterrato e per il piano terreno), cosa che consentiva l’applicazione dei punti 1 e 4 della ricordata tabella, applicazione congiunta immotivatamente ritenuta non consentita dai primi giudici; tanto più che edilizio non aveva dato luogo a modifiche sostanziali dei parametri edilizio – urbanistici (l’aumento di superficie e di cubatura essendo inferiore al 15%), ed inoltre la stessa delibera della Giunta regionale della Basilicata n. 2436 del 12 aprile 1997 aveva stabilito che le variazioni d’uso da annessi agricoli a residenze per immobili non costituenti insediamenti non comportava variazione degli standards urbanistici, non implicando un ampliamento volumetrico, non incideva sugli indici di fabbricabilità e non contrastava con le norme e le previsioni degli strumenti urbanistici. Ancora, secondo l’appellante, il Comune di Potenza non aveva provato che la cubatura in zona agricola complessivamente realizzata (di gran lunga inferiore all’indice di fabbricabilità esistente) esorbitasse dai limiti di edificabilità pari a 0,13 mc/mq. sia con riferimento alla superficie di estensione complessiva della zona, sia al totale degli abusi edilizi complessivamente realizzati.

3. Il Comune di Potenza ha resistito all’appello, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

4. Con istanza depositata il 12 novembre 2010 l’appellante, cui era stato recapitato l’avviso di perenzione ultraquinquennale del ricorso, ha ritualmente dichiarato di avere tuttora interesse alla sua decisione.

All’udienza pubblica del 21 giugno 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

5. L’appello è infondato.

5.1. Con riferimento al primo motivo di gravame la Sezione rileva che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale dal quale non vi è motivo di discostarsi, il decorso dei termini fissati dal diciottesimo comma dell’articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ventiquattro mesi per la formazione del silenzio – accoglimento sulla istanza di condono edilizio e trentasei mesi per la prescrizione dell’eventuale diritto al conguaglio delle somme dovute) presuppone in ogni caso la completezza della domanda di sanatoria (accompagnata in particolare dall’integrale pagamento dell’integrale versamento di quanto dovuto a titolo di oblazione per quanto attiene la formazione del silenzio – accoglimento) (C.d.S., sez. IV, 16 febbraio 2001, n. 1012; 7 luglio 2009, n. 4350; 19 febbraio 2008, n. 554; sez. V, 19 aprile 2007, n. 1809; 21 settembre 2005, n. 4946).

E’ stato ulteriormente affermato che "la mancata allegazione della documentazione prevista dall’art. 35, comma 3, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ha come effetto la preclusione per l’istante di ottenere la concessione in sanatoria per silenzio prevista dal successivo comma 18 e non di far considerare inesistente la domanda stessa" (C.d.S., sez. V, 25 giugno 2002, n. 3441; 14 ottobre 1998, n. 1468; 17 ottobre 1995, n. 14401) e che qualora l’amministrazione comunale, a fronte di un’istanza di sanatoria, abbia invitato l’interessato a presentare documentazione integrativa di quella già prodotta "…interviene l’interruzione del termine biennale necessario al formarsi del silenzio assenso della p.a. previsto dall’art. 35 comma 17 della stessa legge, e l’inizio di un nuovo termine dalla data di deposito di quanto richiesto" (C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2001, n. 5190).

Tali arresti costituiscono peraltro puntuale applicazione del principio di cui all’art. 2935 C.C., secondo cui la prescrizione non può decorrere se non dal giorno in cui il diritto possa essere fatto valere.

Nel caso in esame, come già evidenziato nella sentenza impugnata e ribadito dall’amministrazione appellante nei propri scritti difensivi, senza che sul punto l’appellante abbia svolto alcuna puntuale contestazione, fu chiesto con nota prot. 5184 del 21 marzo 1997 l’integrazione documentale della originaria domanda di condono edilizio con il deposito del calcolo delle superfici e del volume abusivo, di una perizia giurata (ove l’opera superasse i 450 mc.) e un certificato attestante l’idoneità sismica delle opere eseguita, richiesta che fu adempiuta parzialmente (mancando del certificato di idoneità sismica depositata al Genio Civile, chiesto nuovamente il 10 marzo 1998) con nota del 2 luglio 1997: risulta pertanto non implausibile la circostanza della incompletezza della originaria domanda di condono, priva in particolare degli elementi fondamentale per lo stesso effettivo apprezzamento dell’entità e della stessa tipologia dell’abuso edilizio realizzato, non essendo sufficiente a scalfire tali rilievi le mere soggettive deduzioni circa la non indispensabilità ovvero la strumentalità di tale richiesta di integrazione documentale (ciò senza contare che in ogni caso non risulta tempestivamente impugnata la nota, evidentemente di valore provvedimentale, contenente la predetta richiesta).

Non merita pertanto censura la sentenza impugnata che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, ha ritenuto non formatosi il silenzio – accoglimento sull’istanza di condono presentata nel 1986, né spirato il termine triennale di prescrizione: ciò con riguardo sia alle somme dovute a titolo di conguaglio dell’oblazione sia a quelle relative agli oneri concessori.

5.2. Anche con riguardo al profilo concernente la concreta determinazione delle somme richieste a titolo di oneri di urbanizzazione con il provvedimento impugnato le argomentazioni svolte dai primi giudici sono esenti dalle critiche mosse, non sussistendo la asserita incomprensibilità della motivazione.

E’ sufficiente rilevare al riguardo che il secondo comma dell’articolo 37 (contributo di concessione) della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ha dato facoltà alle regioni di modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione degli articoli 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, precisando che "la misura del contributo di concessione, in relazione alla tipologia delle costruzioni, alla loro destinazione d’uso ed alla loro localizzazione in riferimento all’ampiezza e all’andamento demografico dei comuni, nonché alle loro caratteristiche geografiche, non può risultare inferiore al 50 per cento di quello determinato secondo le disposizioni vigenti all’entrata in vigore della presente legge".

La Regione Basilicata ha esercitato tale facoltà con la legge regionale 26 aprile 1985, n. 22 ("Primi adempimenti regionali in materia di controllo dell’attività urbanistico – edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive"), stabilendo all’art. 4 ("Opere abusive eseguite dall’entrata in vigore della legge 28.1.1977 n. 10 al 1 ottobre 1983") che "il contributo è dovuto per il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria per le opere abusivamente eseguite dall’entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977 n. 10 al 1° ottobre 1983 è determinato nella misura prevista dalla legge regionale n. 28 del 6 luglio 1978" (primo comma) e che "Il contributo è aumentato in ragione del 100% degli oneri dovuti alle opere di urbanizzazione per le categorie di opere abusive di cui al precedente articolo" (secondo comma) ed al successivo articolo 5 ("Opere realizzate in zona agricola ed in ara non classificate a destinazione residenziale") che "Per le opere abusive realizzate in zona agricola e nelle aree non classificate dallo strumento urbanistico vigente a destinazione residenziale il Comune applica il contributo di concessione riferito alla zona C di espansione residenziale, vigente nel territorio comunale con le modalità di cui ai precedenti artt. 3 e 4".

Come risulta dalla documentazione in atti (in particolare dall’allegato alla nota prot. n. 664 del 17 ottobre 1992 del dirigente dell’Unità di direzione "Edilizia" del Comune di Potenza) quest’ultimo con delibera consiliare n. 18 del 26 giugno 1986 (che non è neppure oggetto di impugnazione) ha dato attuazione alle disposizioni contenute nella ricordata legge regionale, stabilendo che l’aliquota da applicare alle opere abusive realizzate in zona agricola ad uso residenziale doveva corrispondente al valore medio fra quelli che la tabella approvata con la precedente deliberazione consiliare n. 353 del 22 settembre 1978 indicava per la zona C.

Sulla scorta di tali elementi fattuali la tesi sostenuta dall’appellante, secondo cui la quantificazione delle somme dovute a titoli di oneri concessori sarebbe avvenuta con riferimento a parametri stabiliti nel 1986 è priva di qualsiasi fondamento e costituisce una mera apodittica affermazione di principio, priva di qualsiasi sia pur minimo supporto probatorio.

5.3. E’ ugualmente infondato il secondo motivo di gravame, con il quale l’appellante, riproponendo l’identico motivo di censura sollevato in primo grado, ha lamentato l’omessa comunicazione di avvio del procedimento concluso con il provvedimento impugnato.

Invero la tesi dell’appellante è fondata sull’erroneo presupposto dell’avvenuto inutile decorso dei termini rispettivamente di 24 mesi e di 36 mesi dalla presentazione dell’istanza di condono edilizio, con conseguente formazione del silenzio – accoglimento sull’istanza stessa e intervenuta prescrizione del diritto al conguaglio, circostanze che avrebbero in sostanza determinato l’esaurimento del procedimento del condono edilizio avviato proprio con l’istanza del marzo 1986.

Sennonché, come si è avuto modo di rilevare sub 5.1., la istanza di condono era incompleta e non poteva far decorrere i ricordati termini e di conseguenza non si è verificato l’esaurimento del procedimento di condono edilizio, così che non solo la richiesta di integrazione documentale ricordata, ma anche il provvedimento impugnato, si inseriscono logicamente e giuridicamente proprio in quel procedimento di condono edilizio, così che non era necessaria ai fini della legittimità del provvedimento impugnato la comunicazione di avvio del procedimento, coerentemente al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la predetta comunicazione non è dovuta quando il procedimento è attivato ad istanza di parte (tra le tante, C.d.S., sez. IV, 7 aprile 2010, n. 1986; sez. V, 8 febbraio 2011, n. 858).

5.4. Con l’ultimo motivo di gravame l’appellante sostiene, in sintesi, che l’abuso edilizio per il quale era stata avanzata domanda di sanatoria non integrava gli estremi della costruzione in difetto di concessione, bensì la meno grave fattispecie del mutamento di destinazione d’uso, senza peraltro comportare alcuna variante essenziale, atteso che l’incremento di superficie e di volume era stato assolutamente modesto, inferiore infatti al 15%.

Tale assunto non può essere condiviso.

I primi giudici hanno correttamente fondato il proprio convincimento sulle risultanze della ricordata relazione del dirigente dell’Unità di direzione "Edilizia" del Comune di Potenza in data 17 ottobre 2002 da cui emerge che all’appellante era stata rilasciata una concessione edilizia per un fabbricato rurale in zona agricola, per la quale era previsto (art. 24 delle norme di attuazione del piano regolatore generale, come modificato ed integrato dal D.P.G.R. 7 maggio 1975, n. 706): a) un lotto minimo di 1500 mq; b) un indice di edilifacibilità di 0,03 mec/mq per abitazione; c) un indice di edificabilità di 0,10 mc/mq per annessi agricoli; d) la distanza dai confini di proprietà di ml. 10,00.

Nella predetta relazione è altresì ricordato che ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. c), della legge regionale 14 dicembre 1991, n. 28 ("Norme in materia di controllo dell’attività edilizia e di recupero delle opere abusive"), come modificata dalla successiva legge 17 gennaio 1994, n. 2, la percentuale di incremento volumetrico ammissibile deve essere calcolata in ragione dei singoli indici di edificabilità previsti per la zona agricola (e cioè sia per quelli relativi alle abitazione, sia per quelli per gli annessi agricoli).

Ciò precisato occorre rilevare in punto di fatto che, anche a prescindere dalla violazione della distanza dai confini della proprietà (non essendo stato rispettato il limite dei 10 ml., circostanza peraltro neppure contestata dall’appellante), come si evince dalla stessa domanda di condono edilizio e come del resto ammesso dall’appellante nello stesso atto introduttivo del giudizio e nell’atto di appello, è stata in realtà realizzata una costruzione del tutto diversa da quella assentita, giacché in luogo di un fabbricato rurale composto da un piano terra, destinato in parte ad abitazione ed in parte ad annessi agricoli, e da un piano sottotetto destinato a volume tecnico, è stato realizzato un fabbricato, composto di un piano seminterrato, primo piano in parte adibito a civile abitazione ed in parte destinato ad uso commerciale.

Del tutto correttamente, pertanto, come evidenziato dai primi giudici, l’abuso edilizio è stato fatto rientrare nel punto 1 della tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, quale opera realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conforme alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, non potendo neppure invocarsi il punto 4 della predetta tabella che prevede la ben diversa ipotesi di opere realizzate in difformità dalla licenza edilizia o concessione che non comportino aumenti della superficie utile o del volume assentito ovvero che abbiano determinato mutamento di destinazione d’uso), non potendosi ragionevolmente contestare né la assoluta diversità di quanto realizzato rispetto a quanto assentito, né l’incremento dei volumi e della superficie, né il diverso impatto urbanistico della diversa destinazione rispetto all’intervento originariamente assentito e tanto meno che, come timidamente propugnato dall’appellante, nel caso di specie il mutamento di destinazione possa essere considerato l’abusivo prevalente rispetto agli incrementi di superficie e cubatura destinata a civile abitazione.

Ciò peraltro, come pure rilevato dall’amministrazione comunale nelle proprie difese, rende del tutto infondato il richiamo dell’appellante all’applicabilità della delibera di Giunta regionale n. 2436 del 12 aprile 1997 ("Indirizzi e direttive in materia di controllo e sanatoria dell’attività edilizia per le variazioni di destinazioni d’uso e norme per la determinazione della misura del pagamento degli oneri concessori per effetto dell’art. 39 L. n. 724"), difettando il presupposto fondamentale, cioè la mera variazione di destinazione d’uso da annessi agricoli a residenza, laddove nel caso di specie il mutamento di destinazione d’uso costituisce solo una parte del più ampio abuso realizzato.

6. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore economico della controversia e della decisione nella stessa odierna udienza di altre analoghe cause.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. P. P. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata n. 634 del 19 luglio 2001 lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di Potenza delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in Euro. 1.500,00 (millecinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *