Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 02-08-2011, n. 30589

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 26 maggio 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’incidente proposto da C. S. per contestare l’esecutività della sentenza di applicazione della pena, ex art. 444 e ss. cod. proc. pen., emessa a suo carico dal Giudice per le indagini dello stesso Tribunale, il 4 maggio 2004, divenuta irrevocabile il 6 luglio successivo, con la quale era stato condannato, in solido con altri quattro coimputati, al pagamento delle spese processuali, successivamente liquidate nell’importo di Euro 135.048,14.

A ragione il Giudice adito ha rilevato che la sua competenza era limitata alle questioni relative all’esistenza e alla validità del titolo esecutivo, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità ampiamente riportata nel provvedimento, e che, nel caso di specie, era pacifica l’esistenza e l’acquisita irrevocabilità della sentenza recante condanna solidale del C. al pagamento delle spese processuali, con la conseguenza che ogni questione relativa alla loro entità doveva essere decisa nella competente sede civile.

Il Giudice ha, inoltre, escluso che potesse essere messa in discussione la pronunciata condanna solidale degli imputati al pagamento delle spese processuali, osservando che, al tempo dell’emissione della sentenza, l’art. 535 cod. proc. pen. non era stato ancora modificato con l’esclusione della solidarietà, e, comunque, anche a voler ritenere la detta norma una disposizione di natura sostanziale negando l’applicabilità del principio tempus regit actum, la sentenza era divenuta irrevocabile prima della modificazione dell’art. 535 cod. proc. pen..

2. Avverso la predetta ordinanza il C. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, avvocata Manuela Cacciuttolo del foro di Milano, deducendo più motivi, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, "in relazione a tutte le ipotesi contemplate nella citata norma", con riferimento agli artt. 535, 666 e 670 cod. proc. pen..

Secondo la sintesi proposta dallo stesso difensore, a pagina 12 (in fine) e 13 del ricorso, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per le seguenti ragioni: corretta instaurazione del procedimento davanti al giudice dell’esecuzione penale; competenza del giudice adito; insussistenza/inesistenza, in ogni caso, della pretesa creditoria avanzata dal campione penale, così come formulata; violazione del concetto di solidarietà; applicabilità della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 69 del 2009 in tema di spese nel processo penale, che esclude il vincolo di solidarietà tra i condannati, siccome norma più favorevole al reo secondo i principi che regolano la successione delle leggi penali nel tempo.

Ad ulteriore perorazione del ricorso il difensore ha depositato, il 21 marzo 2011, una memoria con motivi nuovi attinenti alla corretta applicazione del principio della solidarietà, sottolineando che non sussiste alcuna connessione tra la posizione del C. e quella dei coimputati, donde il venir meno dello stesso titolo esecutivo in punto di condanna solidale del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo di ricorso, che ribadisce la competenza del giudice dell’esecuzione sul proposto incidente in tema di condanna solidale al pagamento delle spese processuali, è manifestamente infondato perchè, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, si infrange sul formatosi giudicato.

Al riguardo va riaffermato che il giudice dell’esecuzione, in sede incidentale, non può rendere inoperante la condanna solidale al pagamento delle spese processuali pronunziata dal giudice della cognizione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, citata dallo stesso ricorrente (v. pag. 3 del ricorso), "in tema di recupero delle spese processuali e delle sanzioni destinate alla cassa delle ammende, la competenza del giudice dell’esecuzione penale resta limitata alle questioni relative all’esistenza del titolo esecutivo, mentre ogni altra questione concernente la procedura esecutiva va dedotta dinanzi al giudice civile, con le forme dell’opposizione agli atti esecutivi ove venga posta in discussione la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto (e perciò anche la omessa notifica al condannato dell’estratto del titolo esecutivo), ovvero con le forme dell’opposizione all’esecuzione ove si contestino le causali di spesa o il loro ammontare" (Sez. 1, n. 45773 del 02/12/2008, dep. 11/12/2008, Stara, Rv. 242573, con precedenti conformi).

In particolare, "a seguito dell’abrogazione espressa dell’art. 695 cod. proc. pen., ad opera dell’art. 299, comma 1, T.U. in materia di spese di giustizia, il procedimento concernente il recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato è affidato alla cancelleria del giudice, individuato dagli artt. 208 e 209 del citato T.U., incaricata della gestione delle procedure di riscossione; pertanto, come previsto dal richiamo effettuato dall’art. 226 del T.U., l’opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, trattandosi di entrate non tributarie, va proposta nelle forme ordinarie davanti al giudice civile" (Sez. 1, n. 16721 del 23/03/2007, dep. 02/05/2007, Martinelli, Rv. 236436).

Orbene le questioni dedotte dal ricorrente, il quale contesta in particolare la solidarietà della condanna con riguardo alle spese per intercettazioni telefoniche (costituenti la maggiore causale di spesa), che sarebbero state dichiarate inutilizzabili e, comunque, avrebbero attinenza a reato diverso e non connesso a quello per cui al C. è stata applicata la pena con la sentenza in esecuzione, ex artt. 444 e 445 cod. proc. pen., si risolvono proprio nella contestazione del principale titolo di spesa e, come tali, appartengono alla competenza del giudice civile secondo la predetta costante giurisprudenza di questa Corte.

Va aggiunto che non vi è spazio neppure per l’invocata applicazione dell’art. 2 c.p., comma 4, in tema di successione di leggi penali, per essere più favorevole al condannato il nuovo testo dell’art. 535 cod. proc. pen., modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 67, comma 2, lett. b), che ha abrogato il comma 2 dello stesso articolo 535 in tema di obbligo solidale dei condannati per lo stesso reato o per reati connessi al pagamento delle spese, poichè, nel caso in esame, la sentenza di applicazione della pena contenente condanna solidale al pagamento delle spese processuali è passata in cosa giudicata il 6 luglio 2004 e, dunque, ben prima della suddetta norma abrogatrice.

4. La rilevata manifesta infondatezza del primo motivo di impugnazione incidente sulla stessa ammissibilità del proposto incidente di esecuzione, preclude l’esame di ogni altra questione sollevata dal ricorrente e determina l’inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 615 c.p.p., comma 2, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 3, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti dalla norma, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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