Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 02-08-2011, n. 30587

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Nell’ambito del procedimento penale per il reato di appropriazione indebita in danno della Banca Intesa Sanpaolo, di cui è indagato L.S.G., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, con decreto del 16 dicembre 2008, ha disposto il sequestro preventivo dei "titoli giacenti su due depositi (n. 1606253 e n. 1690038)", intestati al L. e collegati al conto n. 3591 presso la detta Banca.

Con ulteriore decreto del 25 maggio 2010 lo stesso Giudice ha testualmente autorizzato "la vendita dei titoli azionari in sequestro sino alla concorrenza dell’esposizione derivante dallo scoperto del c/c n. (OMISSIS) (…), con conseguente destinazione del ricavato all’estinzione del credito vantato ed azionato dall’Istituto di credito (…), e mantenimento del vincolo giudiziario sulla somma che dovesse residuare dalla predetta operazione e/o sulle azioni invendute, detratte le spese eventualmente sostenute".

Successivamente, avendo la Banca Intesa Sanpaolo aggredito, in sede esecutiva, prima delle azioni sequestrate, una polizza assicurativa "Eurizonlife Prospettiva" appartenente al L.S., costituita in pegno a garanzia del credito concesso all’indagato dallo stesso Istituto di credito, ma non inclusa nel predetto provvedimento del Giudice autorizzante la vendita dei soli titoli azionari, il L.S., ritenendo che l’iniziativa della Banca concretasse una sostanziale confisca non consentita a suo carico, ha promosso incidente di esecuzione davanti al competente Giudice del Tribunale di Roma, il quale lo ha dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 2, per manifesta infondatezza.

A ragione della rilevata inammissibilità, il Giudice dell’esecuzione ha sostenuto che la polizza assicurativa – la cui esistenza non era nota al momento del sequestro – non era stata colpita dalla misura cautelare reale e che essa aveva formato oggetto di un rapporto liberamente intercorso tra il L.S. da un lato e la Banca Intesa Sanpaolo dall’altro, regolato dai principi dell’autonomia negoziale e dalle norme in materia di inadempimento, cosicchè, non sussistendo alcun vincolo giudiziario penale sulla polizza assicurativa, l’Istituto di credito, agente per la restituzione della somma derivante dal mancato pagamento del suo credito, legittimamente aveva proceduto, dapprima, alla vendita della polizza per poi rivalersi, in caso di mancato integrale soddisfacimento, sulle azioni in sequestro da vendere secondo le modalità stabilite nel provvedimento del 25 maggio 2010, precisando che il Giudice penale non aveva fissato, nè avrebbe potuto stabilire, alcuna priorità nell’ordine dei beni aggredirli dalla Banca creditrice.

2. Avverso la predetta ordinanza il L.S. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, avvocato Alessandro Diddi del foro di Roma, deducendo un unico motivo dopo un’ampia premessa sulla vicenda storico-giuridica come sopra riassunta.

Il ricorrente lamenta violazione di norma processuale, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all’art. 666 c.p.p., comma 2, poichè la questione prospettata, essendo relativa all’esecuzione del provvedimento del Giudice del 25 maggio 2010 che ha disposto, per il soddisfacimento del credito dell’Istituto bancario, la vendita dei soli titoli azionari e non anche della polizza assicurativa del debitore, non era manifestamente infondata e avrebbe dovuto, pertanto, essere decisa previa rituale instaurazione del contraddittorio con la fissazione di udienza camerale, a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 4, ciò che, non essendo avvenuto, determinerebbe la nullità insanabile del procedimento de plano adottato e, conseguentemente, del provvedimento emesso che andrebbe pertanto annullato.

Motivi della decisione

3. L’unico motivo di ricorso, riassumibile nell’errata adozione del procedimento de plano, ex art. 666 c.p.p., comma 2, per decidere sull’istanza dell’esecutato, è manifestamente infondato, poichè, come bene evidenziato nel provvedimento impugnato in aderenza agli atti del procedimento e alla ricostruzione della vicenda esposta dallo stesso ricorrente, il sequestro penale preventivo non ha mai avuto per oggetto la polizza assicurativa costituita in pegno, e, pertanto, la medesima polizza era liberamente aggredirle sul presupposto del verificatosi inadempimento, senza che la banca creditrice fosse in alcun modo vincolata al rispetto di un preteso ordine di priorità esecutiva, del tutto estraneo al provvedimento del giudice oggetto del promosso incidente.

4. La manifesta infondatezza del proposto motivo determina, a norma dell’art. 615 c.p.p., comma 2, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 3, l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti dalla norma, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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