Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-04-2011) 02-08-2011, n. 30586

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 14 settembre 2010, depositata il successivo 17 settembre, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha respinto la domanda di affidamento in prova al servizio sociale, di detenzione domiciliare o semilibertà, proposta da C.G., dichiarando preliminarmente l’inammissibilità della richiesta di rinvio del procedimento.

A ragione il Tribunale ha addotto che, dopo la sospensione dell’esecuzione, disposta il 4 febbraio 2010 dal Procuratore della Repubblica di Lecce ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 10, con riguardo alla pena di anni nove e mesi quattro di reclusione inflitta al C., agli arresti domiciliari, con sentenza del 20 aprile 2007 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, nelle more della decisione dello stesso Tribunale di sorveglianza sulle misure alternative alla detenzione tempestivamente richieste dal condannato, il C. era stato arrestato, il 23 agosto 2010, nella flagranza del delitto di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, il successivo 25 agosto, aveva convalidato l’arresto e applicato al prevenuto la misura della custodia cautelare in carcere.

Conseguentemente, supponendo l’applicata misura custodiale un giudizio di pericolosità sociale del C., la richiesta del suo difensore di rinviare l’udienza del 14 settembre 2010 davanti al Tribunale di sorveglianza per poter depositare il verbale delle dichiarazioni rese dal C. a sua difesa nell’udienza di convalida, si profilava inammissibile perchè intempestiva e inconferente, spettando la valutazione delle dichiarazioni difensive rese dall’indagato esclusivamente al giudice del diverso procedimento e assumendo rilevanza, ai fini della decisione sull’istanza di misure alternative, la circostanza oggettiva che al C. fosse stata applicata una misura di custodia cautelare in carcere per un fatto che avrebbe commesso mentre si trovava agli arresti domiciliari per il titolo di condanna in esecuzione con fine pena previsto al 1 febbraio 2013.

Il Tribunale ha aggiunto che il C., già condannato alla severa pena in espiazione per un grave reato, aveva altri procedimenti pendenti per reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ed era destinatario di informazioni negative della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, dalle quali risultava che il collaboratore di giustizia, G.S., lo aveva indicato come soggetto di spicco nell’ambito della criminalità organizzata dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, donde la ritenuta insussistenza dei presupposti per ammettere il condannato ad una misura alternativa alla detenzione.

2. Avverso la predetta ordinanza il C. ha proposto ricorso a questa Corte di cassazione, tramite il suo difensore, avvocato Mario Coppola del foro di Lecce, deducendo tre motivi.

2.1. Con il primo denuncia violazione di legge e dell’obbligo della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione alla L. n. 354 del 1975, art. 71-bis, comma 1, (Ord. Pen.) e all’art. 111 Cost..

Il Tribunale di sorveglianza, respingendo la domanda di rinvio dell’udienza dopo averla anticipata dal 26 ottobre al 14 settembre 2010 in periodo feriale, e inibendo perciò al difensore di produrre i verbali delle dichiarazioni rese dal C. a sua difesa, dopo l’arresto subito il precedente 23 agosto, avrebbe violato l’art. 71- bis Ord. Pen. che prevede la facoltà dell’interessato di presentare in udienza memorie difensive e i principi del giusto processo sanciti dall’art. 111 Cost..

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione agli artt. 47, 47-ter e 50 Ord. Pen., per mancata motivazione sulla ritenuta pericolosità sociale del C., desunta soltanto dall’arresto dello stesso, il 23 agosto 2010, per il presunto reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti e dalla misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti previa convalida dell’arresto, senza considerare le circostanze in cui l’arresto era avvenuto e le giustificazioni addotte dal prevenuto sia al momento della limitazione della sua libertà, sia in sede di interrogatorio davanti al Giudice per le indagini preliminari, con riguardo alla destinazione della sostanza al suo esclusivo uso personale.

2.3. Con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), l’insufficienza e la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui fonda il giudizio di spiccata pericolosità sociale del C. sulla relazione informativa della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, senza sottoporre a verifica i dati da essa riferiti e la loro attualità, posto che le notizie trasmesse risalgono ad epoca antecedente l’arresto subito nel lontano 1 dicembre 2005 per i reati in attuale espiazione, cui è seguito un lungo periodo agli arresti domiciliari durante il quale il C. non ha mai commesso alcuna violazione, come implicitamente ammesso dallo stesso Tribunale.

Il ricorrente aggiunge che il Tribunale avrebbe omesso di valutare anche le positive relazioni dei Servizi sociali del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sul suo conto, che costituiscono un parametro ineludibile in relazione alla funzione rieducativa della pena.

Motivi della decisione

3. I motivi del ricorso sono manifestamente infondati. 3.1. Non sussiste, innanzitutto, la denunciata violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio per inosservanza dell’art. 71-bis Ord. Pen., peraltro erroneamente richiamato, poichè, ai sensi dell’art. 236 disp. coord. cod. proc. pen., comma 2, non si applicano al procedimento di sorveglianza le disposizioni di cui al capo 2-bis del titolo 2 Ord. Pen., bensì quelle del procedimento di sorveglianza disciplinato dall’art. 678 cod. proc. pen., che richiama le norme del procedimento di esecuzione di cui all’art. 666 cod. proc. pen..

Negando, all’udienza del 14 settembre 2010, il rinvio della trattazione richiesto dal difensore per produrre il verbale di interrogatorio reso dal C. dopo il recente arresto del 23 agosto 2010, il Tribunale di sorveglianza non ha limitato il diritto di difesa del condannato, comunque abilitato a richiedere di essere personalmente sentito ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 4, facoltà di cui non si è avvalso, precludendosi pertanto la possibilità di reiterare davanti al Tribunale di sorveglianza le dichiarazioni difensive già rese al Giudice per le indagini preliminari nell’udienza di convalida dell’arresto.

3.2. Anche il secondo e il terzo motivo, attinenti alla denunciata mancanza di motivazione, sono manifestamente infondati.

Essi sono, innanzitutto, in contraddizione tra loro: col secondo motivo, infatti, il C. deduce che il rigetto dei benefici penitenziari sarebbe stato incongruamente motivato dal Tribunale col solo richiamo del titolo di custodia cautelare in carcere sopravvenuto a suo carico, mentre col terzo motivo lamenta l’inconferente adduzione a sostegno della ritenuta sua attuale pericolosità di datate informazioni della Direzione distrettuale antimafia di Lecce non riflettenti la propria attuale condizione di persona agli arresti domiciliari da molti anni senza aver commesso alcuna violazione e, neppure, la reale situazione del presunto sodalizio di appartenenza che si sarebbe definitivamente dissolto per lo stato di detenzione di tutti i suoi componenti.

Nel merito, i medesimi motivi non giustificano la denuncia di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ma propongono una diversa lettura delle risultanze processuali non consentita in questa sede di legittimità, posto che la motivazione dell’ordinanza impugnata, oltre agli elementi sopra indicati, richiama la gravita del reato in espiazione e i procedimenti penali pendenti a carico del C. per delitti della stessa indole in materia di sostanze stupefacenti, e procede, quindi, ad una valutazione critica di sintesi di tutte le risultanze istruttorie per fondarvi, con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici, un giudizio di inadeguatezza dei benefici richiesti ad assicurare la prevenzione della commissione di altri reati e a favorire la funzione rieducativa della pena.

4. Segue, ai sensi dell’art. 615 c.p.p., comma 2 e art. 616 cod. proc. pen., l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende della sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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