Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-09-2011, n. 5111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria accoglieva (a spese compensate) il ricorso n. 1229 del 2003, proposto dalla società B. s.r.l. avverso il decreto n. 122302 del 2 aprile 2003, con il quale il Ministero delle attività produttive aveva disposto (i) la revoca del contributo in conto capitale di euro 4.431.231,18, concesso (ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.l. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito dalla l. 19 dicembre 1992, n. 488, della delibera attuativa CIPE del 27 aprile 1995 e del d.m. n. 527 del 20 ottobre 1995) con decreto n. 74488 del 3 marzo 1999, di cui l’importo di euro 1.477.077,06 erogato il 14 settembre 1999 a titolo di anticipazione, per un programma di investimenti per la realizzazione di un impianto di premiscelati per l’edilizia nell’area del Consorzio di sviluppo industriale della Valle Crati, in territorio comunale di Corigliano Calabro, nell’ambito dell’attività produttiva della società ricorrente avente sede nel citato Comune, nonché (ii) il recupero dell’importo già erogato (di euro 1.477.077,06). La revoca era stata disposta in accoglimento di correlativa proposta della banca concessionaria, per avere la società beneficiaria omesso di trasmettere la documentazione finale di spesa, integrante ipotesi di revoca dell’agevolazione ai sensi dell’art. 9, comma 2, del citato d.m. n. 527 del 1995.

2. Il Tribunale amministrativo regionale accoglieva, segnatamente, la censura di eccesso di potere per illogicità manifesta, non avendo il gravato decreto di revoca preso in considerazione la nota del 14 maggio 2001, con la quale la banca concessionaria aveva respinto la richiesta di proroga presentato dalla società concessionaria per motivi di forza maggiore (rigetto della domanda di concessione edilizia da parte dell’Amministrazione comunale di Corigliano Calabro), impeditivi della realizzazione dell’intervento nei tempi prestabiliti, e sulla quale il Ministero, ai sensi di circolari interne, era tenuto a esprimersi.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione soccombente, deducendo l’erronea declaratoria d’illegittimità del gravato decreto di revoca, in quanto lo stesso era intervenuto oltre un anno dalla comunicazione d’avvio del procedimento senza che l’impresa beneficiaria del contributo avesse comunicato eventuali motivi ostativi alla rendicontazione finale riconducibili a causa di forza maggiore, tardivamente dedotti solo in corso di causa. L’Amministrazione appellante rilevava inoltre che la società ricorrente in sede amministrativa mai aveva comunicato il cambiamento della localizzazione dell’intervento di potenziamento produttivo, dal Comune di Corigliano al Comune di Bisignano, mentre tale cambiamento sarebbe dovuto essere tempestivamente portato a conoscenza del Ministero per consentire le correlative verifiche istruttorie. Chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, il rigetto del ricorso in primo grado.

4. Sebbene ritualmente evocata in giudizio, la società appellata ometteva di costituirsi nel presente grado.

5. Accolta con ordinanza n. 675 del 6 febbraio 2007 l’istanza di sospensiva sulla base del rilievo "che, almeno a un primo sommario esame, l’appello presenta elementi di fondatezza, in quanto la condotta tenuta dall’appellata sembra giustificare l’adozione del provvedimento impugnato in primo grado", all’udienza pubblica del 31 maggio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

6. L’appello è fondato e merita accoglimento.

Premesso che a norma dell’art. 9, comma 2, d.m. 20 ottobre 1995, n. 527 e s.m.i., "salvi gravi e giustificati motivi, qualora decorso il termine di cui al comma 1 (ossia, il termine di sei mesi dalla data di ultimazione del programma di investimenti), l’impresa o la società di leasing non abbia ancora provveduto ad inviare la documentazione finale di spesa, la banca concessionaria propone al Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato la revoca dell’agevolazione e ne dà contestuale comunicazione motivata anche all’impresa interessata", si osserva, in linea di fatto, che la procedura di revoca della concessione dell’agevolazione alla società B. s.r.l. è segnata dalla seguente sequenza procedimentale:

– (i) con nota della banca concessionaria del 17 gennaio 2002, diretta al Ministero delle attività produttive, è stata proposta la revoca dell’agevolazione, sulla base della testuale motivazione: "In considerazione della sopravvenuta scadenza dei termini, abbiamo sollecitato l’impresa a mezzo "Raccomandata A.R." a relazionarci circa gli eventuali motivi che hanno impedito la presentazione della documentazione finale di spesa. Vi informiamo che a tutt’oggi, nonostante i solleciti, la ditta non ci ha dato nessun riscontro";

– (ii) con atto del 19 febbraio 2002 il Ministero comunicava alla società l’avvio della procedura di revoca, ai sensi degli artt. 7 e 8 l. 7 agosto 1990, n. 241 (detta comunicazione risulta pervenuta alla destinataria il 13 marzo 2002, come da avviso di ricevimento in atti);

– (iii) il provvedimento di revoca è stato adottato solo il 2 aprile 2003, oltre un anno dalla comunicazione d’avvio del procedimento, senza che la società avesse presentato osservazioni o difese volte a giustificare il mancato invio della documentazione finale di spesa.

A fronte di tale situazione procedimentale, il mancato pronunciamento del Ministero sull’istanza di proroga presentata alla banca concessionaria il 19 aprile 2001 sul presupposto del mancato rilascio della concessione edilizia e della conseguente mancata realizzazione dell’investimento nei tempi previsti, contrariamente a quanto ritenuto nell’impugnata sentenza, deve ritenersi inidonea a incidere in modo viziante sul procedimento di revoca, in quanto:

– in primo luogo, il termine massimo di proroga concedibile in via ordinaria, di sei mesi, era già ampiamente decorso al momento dell’adozione del provvedimento di revoca (se non già al momento del suo avvio), mentre l’odierna appellata ha omesso di far valere, nell’ambito del procedimento di revoca, i motivi che avrebbero giustificato una proroga ulteriore, concedibile in "casi del tutto eccezionali estranei alla volontà delle beneficiarie ed ascrivibili a cause di forza maggiore" (v. così, testualmente, la circolare della Direzione generale coordinamento incentivi alle imprese presso il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, datata 15 ottobre 1997), con conseguente concludente abbandono della richiesta di proroga presentata alla banca concessionaria e da quest’ultima respinta con nota del 14 maggio 2001, illo tempore non impugnata (neppure sotto il profilo dell’eventuale incompetenza);

– in secondo luogo, da un attento esame della documentazione versata in giudizio emerge che i provvedimenti inerenti all’approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione dell’insediamento produttivo nel Comune di Bisignano sono datati 21 e 24 ottobre 2003 e risultano dunque formati in epoca successiva al provvedimento di revoca, sicché gli stessi sono inidonei a incidere sulla legittimità di detto provvedimento, da vagliare con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, connotata dall’assenza di comprovate ragioni ostative alla revoca;

– da ultimo, la modifica dell’ubicazione del realizzando opificio, dal Comune di Corigliano Calabro al Comune di Bisignano, appare il frutto di una scelta unilaterale dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione, mai comunicata al Ministero, con conseguente inammissibile alterazione, da parte dell’impresa beneficiaria, di un presupposto essenziale del provvedimento di concessione dell’agevolazione, in elisione dei correlativi poteri istruttori riservati all’Amministrazione.

A fronte di siffatta condotta dell’odierna appellata, il provvedimento di revoca appare senz’altro legittimo, talché, in riforma dell’impugnata sentenza, s’impone il rigetto del ricorso in primo grado, con assorbimento di ogni altra questione, irrilevante ai fini decisori.

7. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del doppio grado vanno poste a carico dell’odierna appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso in primo grado (ricorso n. 1229 del 2003 Tribunale amministrativo regionale per la Calabria); condanna la società appellata a rifondere al Ministero appellante le spese del doppio grado, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 5.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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