Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 28-07-2011) 03-08-2011, n. 30689 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano, in parziale riforma della sentenza del 22 gennaio 2007 pronunciata dalla Sezione distaccata di Merano, ha confermato la condanna di M.R. e H.H. alla multa di Euro 1.000,00 per il reato di danneggiamento aggravato dell’autoveicolo di T.A., realizzato mediante lo squarciamento del pneumatico della ruota anteriore, revocando la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per l’intervenuta remissione della querela che, tenuto conto del reato procedibile d’ufficio, ha avuto effetto solo sulle statuizioni civili.

2. – Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, tramite il comune difensore, censurando la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 192 c.p.p., e art. 533 c.p.p., comma 1, nonchè per contraddittorietà della motivazione risultante dal testo e da alcuni atti del processo.

In particolare, i ricorrenti assumono come dalla stessa sentenza emerga la mancanza della prova del danneggiamento per fatto doloso, non avendo il perito, S.R., escluso l’accidentalità della rottura del pneumatico, anzi avendo affermato, da un lato, che il danno si è verificato a seguito della marcia dell’autovettura con la gomma sgonfia, dall’altro, che non ha individuato tracce di manomissioni sul pneumatico.

Inoltre, si assume che le testimonianze di K. e dei genitori di T.A. siano contrastanti e non dimostrino la responsabilità dei due imputati per il danneggiamento.

Illogica sarebbe, inoltre, la motivazione là dove individua un ulteriore indizio a carico degli imputati nell’inimicizia con la persona offesa.

Con un ulteriore motivo i ricorrenti deducono l’omessa motivazione della sentenza in ordine al motivo aggiunto presentato dalla difesa e relativo al tentativo di T.A. di precostituire una prova a carico degli imputati attraverso un falsa sms che si sarebbe egli stesso inviato.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato.

3.1. – Occorre ribadire che il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile, cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Peraltro, l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente ("manifesta illogicità"), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. In altri termini, l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Inoltre, va precisato, che il vizio della "manifesta illogicità" della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica "rispetto a se stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica. I limiti di questo sindacato non sono mutati neppure a seguito della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), intervenuta a seguito della L. 20 febbraio 2006, n. 46, là dove si prevede che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; non sia internamente "contraddittoria", ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per cassazione: c.d. autosufficienza) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Alla Cassazione, infatti, non è tuttora consentito di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti magari finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi da quelli fatti propri dal giudice del merito.

Così come non sembra affatto consentito che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell’apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito. In altri termini, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa: un tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Cassazione in giudice del fatto.

3.2. – Nel caso in esame la sentenza ha fondato il giudizio di colpevolezza sulla base di importanti elementi indiziali.

In particolare, per quanto riguarda la responsabilità di H. i giudici di merito hanno valorizzato la testimonianza di Hermann K., che avrebbe visto l’imputato "accovacciato in corrispondenza della ruota anteriore sinistra dell’autoveicolo di T."; mentre, per il coinvolgimento di M. sono state prese in considerazione le testimonianza di T.J. e M., genitori della persona offesa, i quali hanno dichiarato che nei giorni successivi all’episodio l’imputato si è recato presso di loro assumendosi la responsabilità del danneggiamento ed offrendo di risarcire il danno arrecato al figlio.

Si tratta di indizi ai quali la Corte d’appello ha correttamente riconosciuto i caratteri della gravità, della precisione e della concordanza, sulla base di una motivazione logica e coerente che ha giustificato l’affermazione di responsabilità dei due imputati, per concorso nel danneggiamento aggravato, dovendo altresì escludersi ogni ipotesi di errata applicazione degli artt. 192 e 533 c.p.p., come sostenuto dai ricorrenti.

Peraltro, le incongruenze e contraddizioni denunciate nel ricorso, non assurgono a vizi della motivazione, in quanto attengono a profili secondari e sono inidonee a scardinare la tenuta logica delle argomentazioni della sentenza:

– il perito S. non ha escluso che il danneggiamento del pneumatico sia avvenuto per un fatto umano, sicchè è questo un elemento che non contraddice la ricostruzione dei giudici di merito, ma che anzi supporta e conferma la prova indiziaria costituita dalla testimonianza di K., che ha visto uno degli imputati armeggiare vicino alla ruota dell’autovettura;

– deve escludersi che siano in contrasto le testimonianze di K. e quelle dei genitori di T. (peraltro il ricorso non indica in cosa consista tale contraddizione);

– il movente dell’atto di danneggiamento nei confronti del T. non è argomento centrale nella motivazione della sentenza;

– il mancato esame dei motivi aggiunti non costituisce vizio di motivazione, in quanto essi risultano disattesi dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata; infatti, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa.

Nella specie, la sentenza ha indicato con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice.

4. – L’infondatezza dei motivi proposti comporta il rigetto del ricorso con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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