Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-07-2011) 03-08-2011, n. 30871 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza in data 21.07.2010, confermava l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria il 14.06.2010, con la quale era stata applicata nei confronti di B.G. la misura della custodia cautelare in carcere, in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, come descritto al capo D) dell’imputazione provvisoria. Al prevenuto si contesta di avere detenuto e trasportato nel nord Italia, in concorso con altri, sostanza stupefacente di tipo imprecisato.

Il Tribunale, dopo avere evidenziato di condividere l’iter logico e giuridico seguito dal G.i.p. nell’ordinanza custodiale gravata, procedeva all’esame della tipologia del materiale indiziario raccolto dagli inquirenti. Con riguardo alla identificazione dei soggetti colloquianti, il Tribunale rilevava che agli atti risultavano elementi che rendevano certa l’identità degli interlocutori. In relazione al contenuto delle conversazioni intercettate, il Collegio considerava poi che non emergevano problemi connessi alla interpretazione dei dialoghi, atteso che i colloquianti facevano riferimento in maniera esplicita ad attività illecite poste in essere.

Osservava il Collegio che i dialoghi captati erano connotati da sicura genuinità, anche in considerazione del fatto che gli indagati erano convinti di essere immuni da ogni captazione; e che pertanto le notizie involontariamente consegnate dagli interlocutori risultavano pienamente affidabili sotto il profilo dell’efficacia probatoria, tenuto pure conto della presenza di riscontri obiettivi e della congruenza logica ed ambientale dei dialoghi. Il Tribunale specificava che doveva escludersi che le conversazioni fossero il frutto di millanteria, pure in considerazione delle precauzioni adottate dagli interlocutori per impedire ogni captazione delle conversazioni medesime. Il Tribunale richiamava poi i criteri di apprezzamento delle conversazioni intercettate, osservando che le dichiarazioni che si risolvono in una accusa verso terzi, per le quali non si applica la regola di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, richiedono non di meno una valutazione sulla credibilità delle affermazioni captate; oltre a ciò, il Collegio rilevava che le intercettazioni aventi contenuto autoaccusatorio equivalgono ad una confessione stragiudiziale.

Ciò posto, il Tribunale riportava testualmente le conversazioni aventi contenuto indiziante a carico di B.G., comprensive delle annotazioni di sintesi redatte dagli investigatori.

Quindi, il Collegio considerava che il riferimento ad oggetti quali "i locali", "la vernice", "la motrice", in assenza di plausibili ragioni di natura professionale riferibili agli interlocutori, rappresentavano espressioni criptiche, al fine di dissimulare il reale oggetto delle conversazioni, da cogliersi nel traffico di partite di droga. Il Tribunale rilevava, poi, che l’evoluzione dei contatti tra B. e L. ed il susseguirsi degli eventi, evidenziava la sussistenza della gravità indiziaria in capo al B..

Sul piano cautelare, il Tribunale rilevava che le modalità della condotta evidenziavano il pericolo che l’indagato, se libero, potesse commettere reati della stessa specie di quelli per i quali si procede. E rilevava che B. era raggiunto da ordinanza custodiale anche per altri episodi. Il Tribunale considerava che B. era in contatto con trafficanti internazionali di droga, e che la scelta delinquenziale compiuta dal ricorrente non era influenzabile dal decorso del tempo rispetto alla commissione dei fatti per cui si procede, tenuto conto della natura professionale della condotta illecita.

2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione B.G., a mezzo del difensore che sottoscrive il ricorso, deducendo la violazione di legge ed il vizio motivazionale.

La parte ritiene che l’ordinanza impugnata sia munita di motivazione solo apparente, laddove richiama, per confermare il provvedimento custodiale genetico, unicamente il contenuto di quest’ultimo.

Il ricorrente assume che il Tribunale del Riesame abbia omesso di esaminare le censure specificamente dedotte dalla difesa avverso l’ordinanza del G.i.p., anche con memoria difensiva ritualmente depositata; ai fini del rispetto del principio dell’autosufficienza del ricorso, la parte riproduce il contenuto delle predette censure, con le quali aveva contestato la sussistenza della gravità indiziaria, rispetto alla fattispecie in addebito. L’esponente, in particolare, aveva rilevato che il quadro indiziario ritenuto utile a fini cautelari si fondava: sui termini utilizzati dagli interlocutori nel corso delle conversazioni intercettate, termini che sottenderebbero il riferimento a partite di droga; e sul vissuto giudiziario degli indagati, i quali risultano coinvolti in pregressi episodi criminosi nel campo degli stupefacenti. Con il gravame ora richiamato l’esponente si era doluto del fatto che il G.i.p. non avesse effettuato una logica decriptazione del contenuto delle conversazioni intercettate, idonea al fine di ritenere che il senso reale delle parole utilizzate dai colloquianti fosse diverso da quello proprio dei termini impiegati. In particolare, il deducente, nella richiamata memoria, aveva considerato che i termini utilizzati nelle conversazioni intercorse tra B. e L. ("ingegnere", "stimare il lavoro", "metraggio"), apparivano riconducibili a lavori leciti; che ove un acquisto di droga fosse stato realizzato, detto acquisto risulterebbe comunque riferibile a L. e ad un terzo soggetto, ma non al B.; e che risultava dagli atti che fu tale B.D., e non l’odierno ricorrente, a partire dall’aeroporto di (OMISSIS) alla volta di (OMISSIS).

Ciò premesso, l’esponente evidenzia, con il presente ricorso, che il Tribunale del riesame si è limitato a rilevare che l’impiego di termini quali "locali", "vernice", "motrice", in assenza di plausibili spiegazioni, rappresentino dati sintomatici del linguaggio criptico utilizzato dai conversanti per riferirsi alla fornitura di sostanze stupefacenti; così omettendo di redigere una motivazione conferente rispetto alle deduzioni difensive concernenti la sussistenza della gravità indiziaria.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato, nei sensi di seguito specificati.

3.1 Si osserva che la difesa dell’esponente/ con il gravame proposto avanti al Tribunale del Riesame, aveva evidenziato l’assenza, nell’ambito del provvedimento cautelare genetico, di un conferente apparato argomentativo che attingesse specificamente la posizione di B.G., quale correo nella detenzione della partita di droga, secondo i termini riportati nel capo d) dell’imputazione provvisoria, ove, con riferimento all’odierno esponente, si legge:

"In particolare, C. procacciava un quantitativo imprecisato di droga a L.M. e L.G. e quest’ultimo, il quale nel fare rapporto a B.G., commentava: è una cosa dell’altro mondo".

Ebbene, il Tribunale adito, nell’ordinanza oggi impugnata, procedendo alla valutazione della gravità indiziaria in relazione alla posizione di B.G., ha in realtà omesso ogni riferimento alle censure dedotte dal ricorrente, il quale aveva rilevato che il quadro indiziario era privo del requisito della gravità con riferimento al coinvolgimento di B.G. nella realizzazione del contestato acquisto di una partita di droga, commesso tra la Calabria, la Provincia di Reggio Calabria, il Piemonte e la Lombardia, nel mese di ottobre 2005, secondo i riferimenti temporali che scolpiscono l’imputazione provvisoria.

Invero, il Collegio, dopo avere svolto una ampia premessa sulla valenza indiziaria che assumono i dialoghi captati, priva di alcuno specifico riferimento alla posizione dell’odierno esponente, ha riportato la sintesi di alcune conversazioni intercettate, omettendo di esplicitare il contenuto del vaglio critico effettuato rispetto alla conducenza delle predette conversazioni, circa l’impianto accusatorio riferibile alla persona di B.G..

Nell’ordinanza impugnata, in particolare, viene richiamato il susseguirsi cronologico degli eventi, in assenza di alcun riferimento ai rilievi che, sul punto, il ricorrente aveva specificamente svolto, in sede di riesame.

Come si vede, il Tribunale non ha proceduto al vaglio critico di alcuna delle censure che la difesa aveva specificamente dedotto, in ordine all’apprezzamento degli indizi di colpevolezza a carico di B.G., con riferimento al fatto di cui al capo d) della rubrica per cui oggi si procede, unico fatto che residua rispetto al più complesso quadro indiziario raccolto dagli inquirenti, in relazione al quale il G.i.p. ha dichiarato la propria incompetenza.

4. Si impone, allora, l’annullamento dell’ordinanza Impugnata, stante la fondatezza del rilievo afferente al dedotto vizio motivazionale, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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