Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-07-2011) 03-08-2011, n. 30870

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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Palermo, con ordinanza in data 22.03.2011, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di T.G. avverso l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo il 22.2.2011, con la quale era stata applicata nei confronti dell’odierno istante la misura della custodia cautelare in carcere.

Il Tribunale evidenziava che al prevenuto si contesta la detenzione a fine di spaccio, in concorso con altri, di tre chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina. Osservava il Collegio che le argomentazioni svolte dal primo giudice, in ordine alla gravità indiziaria, erano condivisibili.

2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione T.G., a mezzo del difensore, deducendo il vizio motivazionale, in relazione alla ritenuta gravità indiziaria. La parte assume che il Tribunale abbia solo genericamente esaminato gli elementi indiziari raccolti e che sia stata omesso il vaglio critico degli stessi.

Osserva l’esponente che lo stesso G.i.p. ha escluso la sussistenza di gravi indizi in relazione al reato associativo di cui al capo A); ed assume che non sussista la gravità indiziaria, neppure con riferimento all’ipotesi di cui al capo D). La parte ribadisce che T. si era occupato della compravendita di pesce.

Il ricorrente assume che il Tribunale del riesame non abbia esplicitato le ragioni poste a supporto della sussistenza delle esigenze cautelari, con riguardo al pericolo di inquinamento probatorio. Con riferimento al pericolo di reiterazione criminosa, la parte osserva che T. è soggetto incensurato; che il suo nome è ormai segnalato presso l’Autorità di polizia; e che dai fatti per cui si procede sono decorsi circa due anni. Infine, la parte ritiene che il pericolo di fuga sia stato apoditticamente ritenuto sussistente dal G.i.p. e dal Tribunale. Il deducente ritiene che il Tribunale non abbia motivato in ordine alla adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Come noto, secondo giurisprudenza consolidata, il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. Sez. 4^ 25/5/95, n. 2146, Rv.

201840). La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione – come nel caso di specie – si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. 23/3/95, n. 1769, Rv. 201177).

Del resto, si rileva che il Tribunale del Riesame, con l’ordinanza oggi impugnata, ha dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e che la motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti risulta congrua e priva di fratture logiche rilevabili in questa sede di legittimità. Ed invero, il Tribunale del Riesame ha rilevato che a carico del T., con riguardo al delitto di cui al capo d), depongono le conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate dall’aprile al giugno 2009, intercorse con altri coindagati. Il Tribunale di Palermo ha evidenziato che la partita di droga detenuta da Santoro – il quale era stato tratto in arresto in flagranza di reato l’8 giugno 2009 – era destinata a L. C. e T.. Segnatamente, il Tribunale ha rilevato che T., in data 19 maggio 2009, si era recato a Barcellona, proprio al fine di trattare l’acquisto della partita di droga con L.; ed ha considerato che tale viaggio in Spagna era stato preceduto da numerosi contatti telefonici tra T. e L. C., nel corso dei quali i due interlocutori, utilizzando un linguaggio criptico, avevano preparato l’operazione di importazione della partita di droga di che trattasi. Il Collegio ha richiamato, altresì, le conversazioni intercorse in epoca successiva al sequestro della cocaina, ove gli interlocutori – T. e L. – questa volta con linguaggio esplicito, pretendevano da L. la restituzione della somma di Euro 10.000. Il Tribunale del riesame ha poi rilevato l’assoluta inverosimiglianza della tesi difensiva, volta a ritenere che l’oggetto delle conversazioni intercettate fosse il commercio di partite di pesce. Il Collegio ha osservato che tale tesi era smentita dal sequestro della droga e dal comportamento tenuto dal T. successivamente a tale evento, sopra richiamato. Sul versante cautelare, il Tribunale ha considerato la sussistenza di un attuale pericolo di attività recidivante specifica, inferibile dalle modalità del fatto e dalla negativa personalità dell’imputato, benchè incensurato. Il Collegio ha rilevato che unica misura idonea a soddisfare le evidenziate esigenze cautelari era quella carceraria in atto, giacchè solo spezzando l’illecita rete delle relazioni di approvvigionamento della droga poteva attuarsi l’esigenza specialpreventiva. E’ appena il caso di rilevare che nè il G.i.p. nel provvedimento genetico, e neppure il Tribunale nell’ordinanza impugnata, richiamano il pericolo di inquinamento probatorio; segnatamente, il G.i.p. esclude la sussistenza del pericolo concernente le esigenze probatorie, rilevando che non si vede quale ulteriore atto istruttorio preliminare sì possa compiere. Si osserva, infine, che il Tribunale ha chiarito, con riferimento alla scelta della misura, che le esigenze di cautela non potevano essere soddisfatte con nessuna altra misura, giacchè lo spessore criminale del T. non risultava compatibile con la volontà di auto conformazione alle prescrizioni connesse a misure meno afflittive.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Viene disposta la trasmissione della presente ordinanza al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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