T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 12-09-2011, n. 7179

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe l’istante impugna il giudizio di non idoneità espresso in sede di prova orale dalla VI sottocommissione per gli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense, sessione 2005/2006.

Vengono dedotti i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e success. modif.. Eccesso di potere per carenza di motivazione.

Il provvedimento impugnato è privo di motivazione e si pone, perciò, in contrasto con l’art. 3 della l. n. 241 del 1990, che impone all’amministrazione di indicare con compiutezza le ragioni poste a base delle sue determinazioni. Principio questo tanto più rilevante nella specie, ove il giudizio negativo della commissione incide sulla status del cittadino, inibendone l’attività lavorativa.

D’altro canto non è a tal fine sufficiente l’attribuzione del punteggio numerico, il quale in realtà costituisce esternazione del mero risultato dell’esame e non già della motivazione del giudizio valutativo. Tanto più che, in riferimento alla prova orale, non sussistono predeterminati criteri di massima, né tanto meno glosse che, invece, vengono apposte sugli elaborati scritti;

2) Violazione di legge in relazione all’art. 22 del r.d. n. 37 del 1934 e success. modif.. Eccesso di potere per incongruità.

Stante la prevista predeterminazione di criteri di valutazione da parte della commissione costituita presso il Ministero della Giustizia, la sottocommissione avrebbe dovuto giustificare il suo giudizio dimostrandone l’aderenza ai criteri stessi;

3) Violazione dell’art. 9 del d.P.R. n. 487 del 1994. Eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto a procedure valutative identiche di pubblici concorsi.

La commissione avrebbe dovuto esternare criteri di valutazione prima dell’espletamento delle prove, in conformità all’art. 9 del d.P.R. n. 487 del 1994, che ha valenza generale per tutte le procedure concorsuali pubbliche;

4) Violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per difetto di imparzialità e trasparenza.

L’inosservanza da parte della sottocommissione dell’obbligo di motivazione ha comportato la violazione dei canoni costituzionali di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa.

L’istante ha quindi concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione della sua esecutività. Con ogni conseguenza anche in ordine alle spese.

Per il Ministero intimato si è costituita l’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2007 l’istanza cautelare è stata respinta.

Alla udienza del 13 luglio 2011 la causa è stata ritenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere respinto.

Infondati si palesano il primo, secondo e quarto dei motivi dedotti (che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente), alla luce della ormai costante giurisprudenza secondo cui l’onere della motivazione dei giudizi inerenti tanto le prove scritte, quanto quelle orali, nelle procedure concorsuali pubbliche è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica ma eloquente di esternazione della valutazione tecnica compiuta dalla commissione esaminatrice.

A tale conclusione si è pervenuti nel rilievo che: a) si deve tenere conto delle esigenze di speditezza dei lavori della commissione; b) per la ponderata adeguatezza delle sue valutazioni, la normativa di settore prevede che della commissione facciano parte componenti dotati di particolari professionalità, portatori di esperienze convenientemente diversificate; c) ciascun componente della commissione può sollecitare valutazioni più approfondite e chiedere che su una sua proposta si decida motivatamente a maggioranza (con il pieno sindacato giurisdizionale ove la motivazione sia affetta da eccesso di potere; d) ove nessun componente solleciti valutazioni più approfondite per l’attribuzione di un voto diverso da quello in corso di verbalizzazione, la determinazione unanime di tutti i componenti, in quanto dotati di particolare professionalità, implica l’estrinsecazione di una ponderata scelta condivisa e, quanto al merito, insindacabile in sede giurisdizionale (v., da ultimo, Cons. di Stato, sez. IV, 17 dicembre 2010, n. 5792; sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4528; sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2557; sez. IV, 25 novembre 2009, n. 5846; sez. IV, 9 settembre 2009, nn. 5406 e 5410; sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4295; sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2241; sez. IV, 27 gennaio 2009, n. 434; T.a.r. Lazio, sez. I, 18 aprile 2011, n. 3359; sez. I, 18 ottobre 2010, n. 32840; sez. I, 10 settembre 2010, n. 32226; sez. I, 2 aprile 2010, n. 5580; sez. I, 9 ottobre 2009, n. 9850; sez. I, 4 maggio 2009, n. 44858).

Tale orientamento, che ha ricevuto l’avallo anche della Corte costituzionale (v. sent. 30 gennaio 2009, n. 20, confermata dalla ordinanza 20 marzo 2009, n. 78, nonché sent. 8 giugno 2011, n. 175), trova conferma, per argomento a contrario, dalla presenza nell’ordinamento di norme che solo per specifiche ipotesi impongono la formulazione di giudizi valutativi in forma estesa (v. art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006, relativamente alle valutazioni di non idoneità delle prove scritte del concorso notarile), in tal modo postulando, per la generalità dei casi, l’operatività della regola opposta.

Ugualmente infondato è il terzo motivo di gravame.

Inappropriato appare innanzitutto il richiamo all’art. 9 del d.P.R. n. 487 del 1994, il quale è estraneo alla procedura in esame, riguardando i concorsi per l’assunzione a pubblico impiego (v. in tal senso anche l’art. 2 della legge delega 23 ottobre 1992, n. 421).

Ad ogni modo la commissione centrale costituita presso il Ministero della Giustizia ha in realtà fissato criteri di valutazione in riferimento all’esame orale de quo, giusta determinazione del 29 maggio 2006 (v. spec. Punto 6), destinati ad imporsi alle sottocommissioni per effetto della subordinata posizione organizzativa da queste rivestita. Né essi richiedevano ulteriori specificazioni da parte delle sottocommissioni stesse, trattandosi di adempimento non previsto dal legislatore, ad evidente tutela dell’uniformità dei giudizi (v. Cons. di Stato, sez. IV, 19 maggio 2008, n. 2293).

Sussistono giustificate ragioni per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone l’integrale compensazione fra le parti delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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