Cass. civ. Sez. VI, Sent., 23-12-2011, n. 28581 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso alla Corte d’appello di Lecce I.G. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio instaurato nei confronti dell’I.N.P.S. dinanzi al Tribunale di Trani – sezione lavoro nel marzo 2003, definito in primo grado con sentenza nel maggio 2006, ed in secondo grado con sentenza nel novembre 2008. La Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole del giudizio presupposto, ha rigettato la domanda, con onere a carico della parte ricorrente delle spese di lite. Avverso tale decreto I.G. ha proposto ricorso a questa Corte per tre motivi, cui resiste il Ministero della Giustizia con controricorso.

2. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

Il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 24 e 111 Cost. nonchè la insufficienza e contraddittorietà della motivazione, deducendo che la corte territoriale avrebbe considerato decisiva la sola durata complessiva del procedimento presupposto, erroneamente considerandola in "circa cinque anni" anzichè nella esatta misura di cinque anni e otto mesi, e omettendo di tener conto – nonostante i criteri di valutazione indicati in premessa nel decreto – dei lunghi rinvii inutilmente stabiliti dal giudice, per una causa non complessa che avrebbe potuto essere decisa, in primo grado, in non più di otto mesi invece che nei trentotto mesi impiegati. 3. Tali doglianze sono prive di fondamento. La determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte europea e da questa Corte. Criteri ai quali rettamente la Corte d’appello ha fatto riferimento, rilevando peraltro come dal parametro tendenziale di tre anni per il primo grado e due anni per il secondo grado sia consentito discostarsi, purchè in misura ragionevole. E, in effetti, non merita censura l’aver ritenuto ragionevole uno scostamento della durata contenuto in due mesi per il processo di primo grado, ed altrettanto vale ove si consideri lo scostamento di otto mesi nella durata complessiva, tenendo anche presente che in tale durata complessiva è nella specie compreso anche il periodo di tempo utilizzato dall’odierno ricorrente per la proposizione dell’impugnazione, che non può imputarsi all’amministrazione della giustizia (cfr. ex multis Cass. n. 11307/2011). 4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che sì liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in Euro 495,00 per onorari, oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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