Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-06-2011) 03-08-2011, n. 30857 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha giudicato in sede di rinvio, a seguito di annullamento di questa Corte, B.G. e D.D., chiamati a rispondere, entrambi, del reato di violenza sessuale di gruppo aggravata in danno della moglie convivente del primo P.J. e, solo il primo, anche del reato di maltrattamenti sempre in danno della P..

La Corte di legittimità, annullando la primigenia sentenza di appello di condanna, aveva sollecitato un nuovo apprezzamento valutativo della vicenda, sia relativamente ad un più compiuto vaglio sulla attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, alla luce degli argomenti prospettati dalla difesa, ed in particolare riconsiderando le questioni della tardività della querela otto mesi dopo il fatto e la possibile strumentante della querela rispetto al contenzioso per la separazione coniugale; sia relativamente alla più approfondita disamina degli elementi di riscontro deposizioni testimoniali S. e Bo.; sia, ancora, relativamente al reato di maltrattamenti rilevante anche ai fini dell’apprezzamento della tardività della querela.

All’esito, la Corte confermava il giudizio di colpevolezza reso in primo grado, riformando parzialmente la sentenza solo relativamente al reato di maltrattamenti dichiarato estinto per prescrizione e riducendo per l’effetto la pena già inflitta in primo grado al B..

La Corte di merito, fornendo sul punto ampia spiegazione, da un lato ha sottoposto a nuovo, approfondito vaglio la deposizione accusatoria della persona offesa, di cui ha ritenuto l’attendibilità e la genuinità.

Ha ritenuto di poter ricostruire il movente del fatto in ragione di una relazione adulterina della donna.

Ha escluso che vi fossero ragioni di astio nei confronti del marito, connesse al contenzioso per la separazione, o ragioni di una preordinazione della denuncia estesa al correo del marito per ragioni economiche.

Ha approfondito e riscontrata la questione dei maltrattamenti pur definendo la relativa contestazione con la declaratoria di prescrizione, da cui ha tratto convincimento per rendere plausibile il ritardo nella presentazione della querela.

Tale profilo è stato ulteriormente chiarito anche attraverso l’apprezzamento di dichiarazioni testimoniali, confermative della condizione di paura della donna anche per la sua condizione di straniera e per il comportamento tenuto dal marito nel tempo nei suoi confronti.

Nuova e più approfondita disamina è stata sviluppate sulle surrichiamate deposizioni testimoniali a conferma, di cui si è valutata la sostanziale attendibilità e la congruità ai fini del "riscontro esterno".

Concludeva, appunto, la Corte per la sussistenza di elementi probatori che dovevano portare al giudizio di responsabilità per la contestazione residua di violenza sessuale di gruppo.

Con ampi motivi ricorrono i due imputati, che, sottopongono a critica la motivazione della sentenza, ritenendo, da un lato, che questa non abbia corrisposto alle censure della primigenia sentenza di annullamento della Cassazione, e, dall’altro, che abbia illogicamente apprezzate le dichiarazioni della vittima e le altre dichiarazioni versate in atti.

In particolare la difesa del D., dopo avere lungamente riproposto la ricostruzione del fatto, con unico motivo ha prospettato il vizio di omessa, contraddittoria e illogica motivazione sostenendo che gli elementi acquisiti dovevano portare ad un giudizio di inattendibilità della persona offesa e della testimone S..

Analoghi argomenti sviluppa la difesa del B.: pur sviluppando plurimi e distinti motivi, analoga è la contestazione sull’apprezzamento del compendio probatorio, sia in punto di attendibilità complessiva della persona offesa anche sotto il profilo della tardività della querela, sia sulla valutazione delle dichiarazioni testimoniali di un testimone U. sentito ex art. 603 c.p.p., e utilizzato dalla Corte come ulteriore riscontro di attendibilità, sia, ancora, sulla ricostruzione del fatto operata dalla Corte attraverso l’apporto della persona offesa circostanza del non avere nessuno udito alcunchè dell’episodio. In definitiva, si sostiene che la Corte non avrebbe corrisposto sui punti oggetto dell’annullamento della Cassazione.

Motivi della decisione

I ricorsi non sono fondati.

Va ricordato, in premessa, che, come è noto, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata (Sezione 4^, 12 giugno 2009, Scimeca).

La Corte di merito ha rispettato questo principio, fornendo a supporto della decisione liberatoria una motivazione che può non condividersi nel merito, ma che appare logica ed esaustiva ai fini del vaglio di legittimità, laddove ha affrontato tutti i punti topici della decisione: non solo i punti della attendibilità della persona offesa (soprattutto in ordine alla tardività della denuncia- querela e in ordine alla possibile sussistenza di astio e strumentalizzazione dell’istanza di punizione), ma anche quelli degli elementi di riscontro (dichiarazioni testimoniali).

Ciò la Corte ha fatto correttamente applicando i principi e i propri poteri valutativi.

E’ in effetti l’autorità giudiziaria di merito che ha la competenza assoluta e indelegabile di valutare il compendio probatorio e, in primo luogo, di apprezzare la valenza dimostrativa della dichiarazione della vittima, la quale, come non infrequentemente si verifica proprio in materia di reati sessuali, è l’unica "fonte diretta" di conoscenza del fatto incriminato.

Ed è vero, al riguardo, che, secondo principio consolidato, la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova della colpevolezza del reo, ove venga sottoposta ad un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa: ciò valendo, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutatone del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi (ex pluribus, Sezione 4^, 21 giugno 2005, Poggi).

Detto altrimenti, secondo principio pacifico: la testimonianza della vittima, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, purchè la relativa valutatone sia adeguatamente motivata; e ciò vale, in particolare, quando si verta in ipotesi di reati commessi in un ambito privato (quale in caso di reati sessuali del tipo di che trattasi), che non possono essere accertati altro che attraverso la valutatone e la comparazione delle opposte versioni dei fatti.

Questa serrata indagine diretta a apprezzare la credibilità della deposizione è stata qui sviluppata in modo satisfattivo, perchè la Corte si è soffermata sui punti "critici" bene evidenziati dall’annullamento della Cassazione e qui riproposti dalle difese (soprattutto i punti della tardività e della possibile strumentante della denuncia).

Anzi, il giudicante si è satisfattivamente soffermato sugli elementi esterni di riscontro, sviluppando una attenta analisi delle dichiarazioni testimoniali ritenute conferenti e confermative dell’accusa.

Il relativo giudizio è stato motivato in modo non illogico e ciò non consente un intervento censorio in questa sede, non potendosi dare accesso alle diverse, opinabili letture fornite nei ricorsi che, a ben vedere, si risolvono in censure di merito inidonee a evidenziare macroscopiche illogicità o contrasti irrisolvibili.

Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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