Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con il ricorso in esame, depositato il 7.10.1998, il Prof. C.S., Professore Associato di Neurologia nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma, con funzioni di Primario, svolte nell’anno accademico 1997/1998, del Servizio Speciale per la Cura delle Miopatie presso l’Azienda Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, impugna il diniego espresso in data 9.6.1998 dal Direttore Generale dell’Azienda suddetta in ordine all’istanza dell’interessato datata 27.4.1998 e presentata al prioritario fine di ottenere a partire dall’1.11.1998 la c.d. "destrutturazione assistenziale", ovvero lo scorporo delle attività didattiche e di ricerca da quelle assistenziali, onde sottrarsi all’espletamento di queste ultime stante la rappresentata "esigenza di maggior disponibilità di tempo per l’aggiornamento culturale ai fini didattici ed il potenziamento dell’attività scientifica".
Contesta tale diniego assumendo, in estrema sintesi, da un lato, che la richiesta "destrutturazione assistenziale" costituisce lo strumento volto a consentire al docente medico universitario l’esercizio delle libertà didattiche e di ricerca, proprie del suo status universitario e, dall’altro, che l’azione amministrativa sfociata nell’atto impugnato è ulteriormente inficiata, sotto diversi profili, da carenze istruttorie e da difetto di motivazione (anche in ordine alla richiesta subordinata di passaggio al tempo definito) oltre che da disparità di trattamento.
L’Università degli Studi intimata è costituita in giudizio e controdeduce ex adverso, con memoria depositata il 21.6.1999, mentre l’istante insiste nei propri assunti con memoria depositata il 26.6.2010.
Tanto premesso rileva il Collegio che il ricorso, passato in decisione alla pubblica udienza del 15.7.2011, è privo di fondamento, quanto al diniego di "destrutturazione assistenziale", trattandosi di determinazione perfettamente motivata, con riferimento sia alle sentenze della Corte Costituzionale n. 103/77 e n. 126/81 (che hanno riconosciuto la stretta ed essenziale compenetrazione dell’attività assistenziale svolta dai docenti medici presso cliniche ed istituti di ricovero e cura, ed attività didattiche e di ricerca), sia al parere dell’Avvocatura dello Stato datato 19.4.1983 ed alla deliberazione del Consiglio di Facoltà del 27.10.1994, che hanno affermato lo stesso principio.
D’altra parte, è dato legislativo pacifico dell’ordinamento universitario ed assunto costantemente ribadito in giurisprudenza, quello per cui nel rapporto d’impiego del personale universitario non è dato scindere l’attività di ricerca e di didattica da quella propriamente assistenziale (cfr., da ultimo, CdS, VI, 3.2.2011, n. 772).
Lo stesso art. 5 comma 2 del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 (disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale e Università) dispone del resto che " le attività assistenziali svolte dai professori e dai ricercatori universitari si integrano con quelle di didattica e ricerca ", con possibile sospensione dell’obbligo di svolgere dette attività assistenziali solo in caso di aspettativa o di congedo. In proposito si è addirittura affermato (vedi CdS, VI, 9.2.2009, n. 705) che l’assistenza dei degenti da parte dei medici universitari non può non implicare anche turni di servizio notturno, con conseguente infondatezza della richiesta di esonero. L’inscindibilità dell’attività assistenziale da quella didattica e scientifica è insomma cardine incontestabile del sistema clinico universitario (T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 21 febbraio 2008 n. 311).
Lungi poi dal costituire limite alla libertà di insegnamento e di ricerca dei docenti medici universitari, l’attività assistenziale da essi svolta ne costituisce, per il patrimonio di esperienze acquisite, potenziamento ed arricchimento, tanto che l’intima compenetrazione, appunto, tra attività didattica ed attività assistenziale, che caratterizza la posizione di status dei professori universitari delle facoltà di medicina e chirurgia, si atteggia in termini di vero e proprio diritto soggettivo allo svolgimento delle relative funzioni, dando luogo anche al risarcimento del relativo danno, ove ne venga ingiustificatamente compromesso l’esercizio (vedi Consiglio Stato, sez. VI, 15 febbraio 2006, n. 612).
In proposito, è stato non a caso riconosciuto illegittimo costituzionalmente l’art. 15 nonies, d.lg. n. 502 del 1992 " nella parte in cui dispone la cessazione del personale medico universitario (…) dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento dei limiti massimi di età ivi indicati, in assenza della stipula dei protocolli d’intesa tra università e regioni previsti dalla stessa norma ai fini della disciplina delle modalità e dei limiti per l’utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente connesse all’attività didattica e di ricerca " (vedi T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 26 agosto 2009, n. 8250 e Co. Cost. 71/2001). E ciò in quanto il preciso nesso funzionale tra attività assistenziale e attività didattica e di ricerca non consente la creazione di docenti medici destinati ad un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale.
Conclusivamente, l’attività assistenziale e quella didattico – scientifica sono a tal punto inscindibili sotto il profilo formale e funzionale, nell’ambito dello status del personale universitario esplicante assistenza sanitaria, che non può profilarsi alcuna possibilità di esonero su richiesta dall’attività assistenziale, anche di natura parziale, poiché questo comporterebbe un’inammissibile modificazione e una riduzione dei doveri scaturenti dal rapporto d’impiego di tale categoria di docenti (vedi al riguardo T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 11 luglio 1989, n. 830).
Il diniego opposto al ricorrente appare quindi immune dalle censure dedotte, poiché si è trattato di una determinazione vincolata e del tutto dovuta alla stregua della corretta interpretazione, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, del pertinente quadro normativo di riferimento. A fronte dell’essenzialità e dell’inderogabilità del principio affermato dall’Amministrazione non potevano d’altra parte rilevare, in senso contrario, le ragioni di aggiornamento culturale addotte dal ricorrente, o il parere favorevole del Consiglio dell’Istituto di appartenenza del ricorrente stesso (allegato da quest’ultimo alla sua istanza ma che non era stato affatto richiesto dalla direzione dell’Azienda universitaria e di cui questa non era quindi obbligata a rendere conto), o eventuali determinazioni difformi assunte per altri analoghi casi (di cui comunque il ricorrente, al di là delle generiche affermazioni in proposito rese, non ha fornito alcuna specifica prova).
Il proposto ricorso va quindi respinto in parte qua, mentre esso è inammissibile, per difetto di interesse, quanto ai profili di contestazione che si riferiscono alla mancata considerazione, nell’atto impugnato, della richiesta subordinata di passaggio al "tempo definito".
Sul punto, invero, l’atto impugnato non si è in alcun modo pronunciato, per cui l’atto stesso, stante il suo contenuto, non è affatto lesivo per il ricorrente il quale, in ordine al mancato riscontro di tale richiesta di opzione per il tempo definito, avrebbe piuttosto dovuto instare, secondo le regole procedimentali all’epoca vigenti, presso l’Autorità (anche universitaria) competente, al fine di ottenere semmai tutela nelle forme proprie del ricorso contro il comportamento omissivo e silente dell’Autorità stessa.
In base alle esposte considerazioni, il ricorso di cui in epigrafe va in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile, ma le spese di giudizio, data la peculiarità delle questioni trattate, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile, come da motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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