Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-05-2011) 03-08-2011, n. 30693 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 25.06.2010 la Corte d’appello di Milano integralmente confermava le statuizioni di colpevolezza e sanzionatone espresse dalla pronuncia di primo grado, emessa a seguito di rito abbreviato, a carico di C.M. e di altri quattro imputati nativi della Repubblica Dominicana, revocando solo – quale unica parziale riforma – la misura di sicurezza dell’espulsione già disposta nei confronti di G.G.C. M..

Il presente procedimento trae origine da indagini di polizia giudiziaria in ordine ad un traffico di cocaina proveniente da Santo Domingo e trasferita in Italia tramite corrieri per lo più provenienti dalla Spagna. Tale indagine si è largamente avvalsa di intercettazioni telefoniche e correlati servizi di osservazione, e si è concretizzata in numerosi sequestri di stupefacente ed in conseguenti arresti. In esito a tale attività veniva individuata un’associazione a delinquere finalizzata all’anzidetto traffico internazionale di stupefacente ( D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74), strutturata da soggetti operanti all’estero che inviavano vari corrieri per lo più con ovuli ingeriti, e soggetti operanti in Italia dediti al ricevimento dei corrieri ed al recupero, per il successivo smercio, della cocaina così importata. Venivano quindi enucleati anche plurimi reati fine D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73. Tutti i fatti vengono contestati come commessi dal Gennaio al Settembre 2005. Dei cinque imputati giudicati nei precedenti due gradi di giudizio, Gu.Ca.Ma. e G.G. C.M., pur condannati, non proponevano ricorso, onde la sentenza nei loro confronti diveniva irrevocabile.

In questa sede interessa dunque, in particolare, la posizione dei tre imputati ricorrenti G.G.J.G., C. M. e J.D.J.E.. Gli stessi sono stati ritenuti colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti e condannati nei seguenti termini:

1. G.G.J.G.: capi A (associativo), B ed E (episodi specifici di importazione), e, ritenuta la continuazione tra tali reati, in concorso di attenuanti generiche prevalenti, operata la riduzione per il rito, condannato alla pena finale di anni 7 e mesi 4 di reclusione;

2. C.M.: capi A (associativo), B, C e D (episodi specifici di importazione), e, ritenuta la continuazione tra tali reati, in concorso di attenuanti generiche prevalenti, operata la riduzione per il rito, condannato alla pena finale di anni 7 e mesi 10 di reclusione;

3. J.D.J.E.: capi A (associativo, escluso il ruolo direttivo), B, C, D, E, F e G (episodi specifici di importazione), e, ritenuta la continuazione tra tali reati, in concorso di attenuanti generiche prevalenti, operata la riduzione per il rito, condannato alla pena finale di anni 10 di reclusione (occorre peraltro specificare che questo imputato veniva assolto, già in primo grado, per i reati fine di cui ai capi H,I e L).

Tutti i predetti imputati venivano altresì condannati alle pene accessorie di legge.- Per J.D.J.E. veniva anche disposta l’espulsione a pena espiata, quale misura di sicurezza D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 86.

In particolare entrambi i giudici del merito ritenevano provato, in tatto, che oggettivamente sussistesse l’associazione criminosa finalizzata in parola, come contestata ai predetti imputati al capo A della rubrica, costituita anche da altri soggetti operanti all’estero, dotata di strumenti e mezzi, nonchè dedita in modo continuativo al traffico di cocaina inviata dal centro America all’Italia. Ciò posto, per quanto riguarda gli specifici addebiti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in relazione a singoli episodi di importazione di cocaina, le due sentenze di merito rilevavano la sussistenza di non equivoci elementi di reità refluenti dalle svolte intercettazioni e la conferma proveniente dai conseguenti servizi di osservazione, dagli eseguiti sequestri ed arresti, nonchè da alcune ammissioni di responsabilità.

Pertanto, in sintesi, i giudici del merito ritenevano:

– C.M. – che qui non propone ricorso nel merito dei reati fine – pienamente raggiunto dai sopra ricordati elementi per gli episodi del 12 (capo B) e del 22 febbraio 2005 (capo C) e per quello dell’08.03.2005 (capo D), è su di essi confesso; quanto al reato associativo, era ritenuto che il predetto imputato svolgesse il ruolo specifico di ricevitore dello stupefacente, e di collaborazione con gli altri nella gestione del traffico, ben consapevole dell’inserimento nel gruppo criminoso, avendo egli anche riconosciuto il legame con i fratelli G. e con J.D.J.;

– G.G.J.G. era pienamente raggiunto per gli episodi di importazione del 12 Febbraio (capo B) e del 22 Marzo 2005 (capo E) come si evidenziava dalle intercettazioni nelle quali egli viene coinvolto sia prima che dopo l’arrivo dei corrieri; partecipa ad un incontro presso Sondrio per definire le strategie del gruppo;

è inserito a pieno titolo nell’associazione, in rapporto anche con soggetti che agiscono all’estero;

– J.D.J.E.; non propone ricorso per i reati fini diversi da quelli sub F e G, dunque per tali reati è stato ritenuto il suo coinvolgimento per l’interessamento rivelato dal traffico telefonico in relazione all’arresto dei corrieri; pacifico, per numero di coinvolgimenti e per relazioni intessute, la sua partecipazione al reato associativo.

2. Avverso tale sentenza di secondo grado proponevano ricorso per cassazione, come detto, i soli imputati C.M., G. G.J.G. e J.D.J.E. che motivavano le rispettive impugnazioni deducendo:

2.1 – C.M.: a) erronea e, comunque, non motivata affermazione di responsabilità in ordine al reato associativo, condanna non giustificata da tre soli episodi di acquisto, nel Febbraio-Marzo 2005, avvenuti in autonomia ed a fronte dell’estraneità risultata per gli altri episodi; b) difetto di motivazione, anche in relazione alle doglianze proposte con l’atto di appello, in ordine alla quantificazione sanzionatoria in tute le sue articolazioni.

2.2 – G.G.J.G.: a) mancanza di elementi per sostenere un suo ruolo associativo, non risultando dagli elementi raccolti una sua reale partecipazione attiva quale addetto alla ricezione dello stupefacente; b) mancanza di elementi per sostenere il concorso nei singoli episodi di cui ai capi B ed E non avendo egli avuto partecipazione materiale alcuna e non rinvenendosi nelle intercettazioni telefoniche elementi di concorso neppure morale.

2.3 – J.D.J.E.: a) mancanza di elemento strutturali, al di là del semplice concorso nei singoli episodi, per sostenere la sussistenza di una vera e propria sociatas criminis per il traffico di stupefacenti; mancanza, comunque, di consapevolezza soggettiva, stante il suo apporto solo episodico e marginale; vizio di motivazione su tali punti; b) per i reati fine di cui ai capi F e G, condanna basata su interpretazione di frasi che non sarebbero state pronunciate; c) vizio di motivazione in ordine alla commisurazione sanzionatoria, che si denuncia come eccessiva e non proporzionata rispetto agli altri imputati.

Con atto in data 14.05.2011 la difesa del predetto imputato produceva "motivi aggiunti" (in realtà memoria riassuntiva delle proprie doglianze) avanzando anche doglianza in relazione alla disposta espulsione.

3. I ricorsi, tutti infondati, devono essere respinti con ogni dovuta conseguenza di Icgge.-Valutando, invero, i motivi proposti dai vari ricorrenti, occorre rilevare quanto segue.

3.1 – Il ricorso di C.M. è infondato in ogni sua deduzione.

Va premesso che questo imputato non propone impugnazione in ordine ai reati D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, per i quali pure è stato condannato (capi B, C e D) e dei quali è di fatto confesso. Egli in questa sede produce motivi di ricorso solo in ordine al reato associativo di cui al capo A) della rubrica ed in merito al trattamento sanzionatorio. Tutte tali deduzioni sono, peraltro, infondate.

Quanto al reato associativo, pur pacifica essendo l’esistenza dell’associazione su base transanazionale, si sarebbe dovuto ritenere la sua estraneità – egli sostiene – per il breve periodo di suo intervento e perchè egli è solo un semplice ed occasionale acquirente. Tali deduzioni, già proposte in secondo grado e già respinte dalla Corte territoriale, non sono fondate, alla stregua degli accertamenti di fatto consegnati dai giudici del merito. Ed invero è stato accertato (v. in particolare la sentenza di secondo grado a f. 39 ed a f. 41) che il C. non fosse, in realtà, un acquirente autonomo dello stupefacente di volta in volta giunto in territorio italiano, ma un vero partecipe dell’associazione, posti i costanti e funzionali contatti con i corrieri che egli poi provvedeva ad accompagnare nelle abitazioni ove avvenivano le operazioni di recupero, nonchè con gli altri accoliti. Solo successivamente a tali complesse condotte, che vedevano l’attivismo del C., lo stupefacente veniva avviato alla distribuzione. E’ del tutto evidente, quindi, che questo imputato è partecipe proprio perchè svolge in modo specifico – e tendenzialmente stabile – un ruolo intraneo ed essenziale alle finalità associative (ricezione dello stupefacente, accoglienza dei corrieri, recupero della cocaina), inserendosi in momenti precedenti alla distribuzione ed agli acquisti. Del resto – come rileva la Corte territoriale (v. f. 10) – lo stesso C. ha ammesso la conoscenza degli stabili legami tra altri associati, cosi in definitiva riconoscendo la sussistenza di una consolidata associazione nella quale egli si inseriva. Ciò posto, diventa irrilevante il dedotto breve periodo di partecipazione (peraltro, almeno due mesi), posto che si sia comunque trattato di periodo apprezzabile e di partecipazione, come detto, non occasionale, così come risulta ininfluente il numero dei reati fine commessi, stante l’autonomia tra le due fattispecie (sul punto, cfr.

Cass. Pen. Sez. 4, n. 45128 in data 11.11.2008, Rv. 241927, Buccheri;

ecc.). Infine assolutamente eloquente per la ritenuta partecipazione associativa risulta la determinante circostanza avere il C. preso parte all’incontro tra sodali – voluto per riorganizzare le fila e mettere a punto nuove strategie dopo gli ultimi arresti di corrieri – avvenuto in provincia di Sondrio (marzo 2005) e di cui alle telefonate riportate dalla prima sentenza a ff. 18-20: si doveva discutere, tra l’altro, di "una bellissima idea" di M. (cioè proprio il C.) per la funzionalità del traffico, come afferma G.G.C.M.. L’intraneità del C. è dunque veramente fuori discussione, come del tutto correttamente hanno rilevato i giudici del merito, con valutazione conforme ed adeguata motivazione. Infondato è, altresì, il motivo di ricorso relativo alla commisurazione sanzionatoria, peraltro non privo di rilevabile genericità. Ed invero la Corte territoriale, esaminando la specifica doglianza e confermando le valutazioni del primo giudice, non ha mancato nella motivazione, tenendo presente che già il Gip (v. f. 45 della prima sentenza) aveva fornito ampia ed esaustiva giustificazione della commisurazione sanzionatoria (mantenuta peraltro in termini sempre assai modesti) in tutte le sue articolazioni (pena base, riduzione per le generiche, aumento per la continuazione). Si tratta dunque di corretta valutazione, esplicazione (peraltro morigerata) del potere discrezionale riservato al giudice del merito, implicante le doglianze, non censurabile in questa sede.-Seguono, di necessità, le spese processuali.

3.2 – E’ del pari infondato il ricorso proposto da G.G. J.G.. Questo imputato deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione associativa (capo A, D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74), per la quale non sarebbe rilevabile un suo ruolo specifico, ed in ordine ai reati fine di cui ai capi B) ed E) – D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 – per i quali egli non sarebbe intervenuto neppure a livello di concorso morale (dovendosi al più ammettere non punibile connivenza). Tutte tali tesi non hanno pregio rispetto agli accertamenti in fatto conseguiti dai giudici del merito. Quanto al reato associativo, ribadita la ben nota autonomia di tale fattispecie rispetto ai reati fine, va rilevato come le due sentenze di merito abbiano disegnato il ruolo di questo imputato in modo specifico nel tenere continui e funzionali contatti tra i sodali, anche al di là degli episodi specifici, nella piena consapevolezza (fuori discussione) sia dell’oggetto del traffico che dell’esistenza dell’associazione transnazionale. Il G.G.J.G. è l’interfaccia (in qualche modo più appartata) del fratello G.G.C.M., avente maggiore operatività, e dunque elemento di connessione ineludibile. Egli è raggiunto, quanto al reato associativo, dalle dichiarazioni del coimputato C. che ha rivelato i contatti, finalizzati, tra i due fratelli G. e tra costoro e " T." ( J.d.J.) operante dalla Svizzera. Ma egli, come il C., è colpito dall’accertata circostanza di avere contribuito all’incontro in provincia di Sondrio (tra sodali, anche con il fratello G.G.C.M.) del marzo 2005, presso il locale "(OMISSIS)", di particolare significato per la vita associativa (di cui sopra si è già detto) posta in crisi dai recenti arresti di corrieri : ed invero è lui che, a richiesta del fratello, contatta il C. per l’incombente. Il G. G.J.G., poi, partecipa ai due reati fine di cui ai capi B) ed E). La sua intraneità partecipativa è dunque corroborata da inequivoci elementi che ben sono stati colti, con motivazione congrua e coerente, dai entrambi i giudici del merito. Il ricorso, sul punto, è pertanto infondato.

Prive di pregio sono, altresì, le deduzioni di questo imputato in ordine ai due reati fine (capi B ed E). La corretta interpretazione dei dati di causa, emergenti in particolare dalle captazioni, deve essere fatta tenendo presenti le osservazioni sopra già svolte in merito alla sua posizione nel reato associativo, e cioè che si tratta di un soggetto pienamente inserito nella consorteria, avente il ruolo specifico di tenere i contatti tra i sodali, controfigura prudente del più operativo, e più giovane, fratello C. M.. Deve poi essere rilevato come gli accertamenti abbiano consentito di disvelare le varie segmentazioni delle complesse operazioni necessarie per ricezione e recupero dello stupefacente inviato in ovuli (ingeriti e poi restituiti dai corrieri). In tal senso deve affermarsi essere del tutto pacifico che chiunque abbia partecipato, del tutto consapevolmente, anche ad una sola frazione di tale finalizzata operazione risulta, per certo, responsabile in correità dell’intera operazione illecita.- In tal senso deve dunque essere convalidata la provata colpevolezza del G.G.J. G., alla stregua delle motivazioni, tra loro integrate, delle due conformi sentenze di merito che ben resistono alle deduzioni critiche del ricorrente. E’ riduttivo, invero, alla stregua di quanto fin qui motivato, affermare – come assume il ricorrente- che si tratterebbe, a suo cario, di mera conoscenza passiva dei movimenti di cocaina facenti capo all’associazione ed ai suoi vari componenti (di volta in volta attivati). Quanto al reato di cui al capo B) – nel quale il corriere è stato ricevuto ed attivamente accudito dal C. e da G.G.C.M. – il J.G. non è semplicemente a conoscenza dello specifico traffico, ma prima (11.02.2005) impartisce consigli pratici e raccomandazioni per la migliore riuscita, poi (dopo l’arrivo del corriere, il 12.02.2005) si interessa del recupero degli ovuli e parla anche direttamente con il corriere stesso; successivamente (il 14.02.2005) si interessa ancora, parlando con il fratello, del corriere (chiedendo se è già ripartito) ed informandosi sul compenso da dare a costui (dando disposizioni in merito). E’ di tutta evidenza che, con tali attive condotte, il G.G.J.G. ha partecipato a frazioni importanti del traffico, inserendosi nella complessa operazione sia prima che dopo l’arrivo dello stupefacente, secondo il suo consolidato ruolo di regista appartato ma essenziale nel guidare e consigliare i partecipi in prima linea, a cominciare dal fratello.

Altrettanto è a dire in ordine al reato fine di cui al capo E) per il quale si rispecchia, in modo sostanzialmente analogo, figura e ruolo (sempre un po’ defilato, ma di certo essenziale) dell’imputato qui in esame. Anche in questa circostanza, invero, il G.G. J.G. dapprima (20.03.2005) riceve disposizioni da " T." ( J.d.J.) di attivare il fratello C.M. "per oggi", "per le sette", (giorno ed ora dell’arrivo dello stupefacente), di poi (il giorno successivo) commenta con lo stesso J.d.J. la perdita della cocaina (sequestrata, all’arrivo all’aeroporto di (OMISSIS), al corriere D.R., la donna "vestita di rosa"). Non c’è dubbio che anche in questa operazione il correlato contenuto dei due interventi del G.G.J.G. rende evidente un suo ruolo attivo – il solito – anche in questa operazione. Va ricordato che la stessa interviene a pochi giorni dall’incontro (il 12.03.2005) al "(OMISSIS)" che aveva visto l’attivismo finalizzato dello stesso G.G.J.G. quale contatto tra il J.d.J. ed il fratello G.G.C. M.. Anche per il "corriere in rosa" il G.G.J.G. funge di nuovo da contatto tra il J.d.J. (a sua volta in contatto con i soci operanti in Spagna) ed il fratello C. M. perchè si ponga in azione, dando le fondamentali coordinate (ed invero a seguito del contatto telefonico tra J.d.J. e G.G.J.G. seguirà quello tra il primo e G. G.C.M.). Nè tale rilevabile partecipazione attiva, che ben configura concorso nel reato, può essere posta in dubbio – come in definitiva sostiene la difesa (che con ciò intende degradare la posizione alla mera conoscenza passiva) – sulla base dell’affermazione del J.d.J. secondo cui C. "sapeva già tutto", così da rendere – si prospetta – irrilevante l’apporto di J.G.. Non è irrilevante, invero, in operazioni illecite incerte fino all’ultimo e soggette a innumerevoli variabili, dare la definitiva conferma e precisare data e orario ("per oggi, per le sette"). Del resto se lo stesso J.d.J. chiede al J. G. di "mettersi d’accordo" con il fratello C.M., è di tutta evidenza che c’era una qualche necessità che le disposizioni specifiche giungessero agli operatori materiali di quella spedizione. Non può dirsi, dunque, che questo imputato sia stato un mero spettatore passivo delle condotte altrui. Tutte tali osservazioni, svolte dai giudici del merito in modo logico e coerente, anche in risposta alle deduzioni difensive, qui ripresentate, devono essere convalidate. Anche sul punto il ricorso non può, pertanto, essere accolto, siccome infondato. Seguono le spese.

3.3 – Il ricorso di J.d.J.E. (" T.") è parimenti infondato.

Questo imputato propone impugnazione in ordine al reato associativo, sia per il profilo oggettivo che per la propria posizione soggettiva.

Propone poi ricorso nel merito dei soli reati fine sub F) e G) ed infine quanto alla commisurazione sanzionatoria.

Tutti tali motivi di ricorso non sono fondati.

Quanto al reato associativo nella sua oggettiva sussistenza, il ricorso – peraltro non privo, sul punto, di rilevabile genericità – non può essere accolto. Ed invero entrambi i giudici del merito hanno fornito ampia e convincente motivazione, suffragata dalle emergenze di causa, nonchè in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, con la quale in modo conforme hanno rilevato la sussistenza di tutti gli elementi strutturali del reato in parola: – pluralità di associati; – attività finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di reati ex D.P.R. n. 309 del 1990; affectio societatis; – divisione di ruoli, – esistenza di strutture; – stabilità e permanenza nel tempo. Nessuna deduzione specifica, a contrastare tali fondamentali profili, viene mossa dal ricorrente J.d.J.. Anche il motivo di ricorso con il quale l’imputato intende censurare la ritenuta sua intraneità all’associazione non è fondato. Sullo specifico punto il ricorrente deduce il limitato periodo di coinvolgimento, circostanza nel concreto non rilevante, posto che si sia trattato, comunque, di attività durata vari mesi ed atteso che lo stesso ricorrente ricorda (pur nell’intento di sbiadire il suo ruolo) i contatti (in realtà continui, funzionali ed essenziali) tra i mittenti spagnoli e gli operatori sul territorio italiano. La ripetitività di tale funzione, vero cardine tra spedizione e ricezione, rende evidente che il J. d.J. era partecipe a pieno titolo dell’illecita compagine associativa, affermazione convalidata dai numerosi reati fine a lui attribuiti (per la maggior parte dei quali neppure è proposto ricorso in questa sede).

Quanto ai reati fine sub F) e G) – sui quali solo, tra i reati scopo, viene proposto ricorso – la proposta impugnazione parimenti non ha pregio. Sul punto, l’unica nota critica del ricorrente – in un discorso francamente poco lineare – propone una diversa lettura delle captazioni in quanto – si sostiene – la frase "stanno controllando troppo, è meglio fermarsi" (intercettazione n. 31 del 14.04.2005, con riferimento agli episodi di cui ai due predetti capi di imputazione) non sarebbe stata da lui detta. Va rilevato, invero, come il ricorso sia generico, atteso che non spiega a chi, e secondo quale fonte, tale frase dovrebbe attribuirsi, ed altresì non autosufficiente, non riportando nè in allegato, nè nel testo della impugnazione, i documenti (trascrizione, brogliacci, ecc.) a sostegno della tesi qui avanzata. Peraltro la deduzione è anche, palesemente, irrilevante, atteso che il funzionale intervento del J.d.J. nelle due operazioni sottese ai due predetti capi di imputazione è rivelato dal complesso non equivoco della conversazione intercettata, nella quale si parla delle ragazze-corrieri arrestate, quali strumenti dell’organizzazione, e quali partecipi essenziali dei fatti in parola, a prescindere dalla singola frase su cui si incentra il ricorrente.

Infondati risultano anche i motivi di ricorso in ordine alla commisurazione sanzionatoria sulla quale entrambi i giudici del merito, con valutazione conforme, hanno esplicato corretta ed ampia motivazione con riferimento a pluralità e gravità dei fatti e negativa personalità dell’imputato (implicante risposta alle doglianze difensive, peraltro alquanto generiche). Il motivo, contenuto nei motivi aggiunti, relativo all’espulsione non è ammissibile in quanto non contenuto nei motivi principali; esso tuttavia è anche infondato, atteso che sul punto vi è corretta e congrua motivazione.

3.4 – In definitiva tutti i ricorsi, infondati, devono essere rigettati. Alla completa reiezione delle impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti C.M., G.G.J.G. e J.D.J.E. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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