Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 02-08-2011) 04-08-2011, n. 30880 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 31.3-8.4.2011 La Corte d’appello di Brescia ha confermato la condanna inflitta dal locale Tribunale l’8.10.2009 a M.D. – nella sua qualità di vicesindaco e assessore ai lavori pubblici del Comune di (OMISSIS) – per il delitto di abuso d’ufficio, in concorso con l’imprenditore edile T.M. e con M.C. – processati separatamente -, in relazione ad un procedimento di assegnazione di aree ricadenti in un Piano di edilizia economica popolare, contestualmente dichiarando la prescrizione del reato di falso ideologico, in relazione alla delibera 21.11.2002, e assolvendo dal medesimo reato di falso, in relazione alla delibera 16.2.2004.

Secondo i Giudici del merito, M. era stato il principale protagonista, quanto al versante Comune, della predisposizione e dell’esecuzione del PEEP, afferente parte pregiata del territorio comunale, unica destinabile a tale finalità, e quindi di rilevante impatto sociale in relazione alle esigenze abitative locali, tenuto conto della sottoposizione a vincolo ambientale dell’intero territorio comunale. Ripercorrendo i tempi della complessiva vicenda, si evidenziava che T. aveva attestato di avere titolo giuridico sui terreni oggetto del Piano, sì da consentire il ricorso a procedura di assegnazione in via preferenziale, quando ciò non era vero, circostanza nota al M., che pure aveva avvalorato il dato.

I terreni erano infatti stati acquistati dal T. formalmente il giorno dopo la delibera (22.11.2002; 21.11.2002), per un prezzo di circa 800.000 Euro, da tale R.V., ex sindaco, consigliere di minoranza e titolare di società che aveva a sua volta acquistato, per un prezzo complessivo di quasi 250.000 Euro, i singoli lotti nei tempi immediatamente precedenti, ma successivi all’inizio della procedura che aveva condotto alla delibera del Piano (dal gennaio al settembre del medesimo 2002), salvo uno, che era stato acquistato dal T. direttamente dai titolari, in tempi ulteriormente successivi (il 17.4.2004) ed a maggior singolo prezzo.

Evidenziavano i Giudici del merito che la posticipazione dell’acquisto formale all’avvenuta delibera di acquisto e assegnazione era, nei fatti, funzionale a garantire al T. la certezza della possibilità di costruire in quei lotti, unica condizione che avrebbe reso economicamente sensata la rilevantissima differenza di prezzo nel passaggio dai singoli titolari al R. e quindi al T.. Successivamente, sempre con la fattiva azione del M., il Consiglio comunale in data 16.2.2004 aveva modificao regolamento e convenzione iniziali, eliminando la clausola con il requisito dell’indicazione del reddito annuale massimo del nucleo familiare.

In definitiva, secondo il capo di imputazione M. (con M.) aveva procurato a T. un ingiusto vantaggio patrimoniale, con violazione dei principi di legalità/imparzialità/efficienza e ragionevolezza propri dell’azione amministrativa, esonerandolo dalla partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica, facendogli assegnare una porzione pregiata di territorio comunale in un contesto che aveva in effetti condotto a privilegiare gli intenti speculativi sulle dichiarate intenzioni di tutela delle fasce di reddito più deboli, interesse, quest’ultimo, che, comparato con quello della tutela urbanistica altrimenti vigente sul territorio interessato, solo aveva giustificato la deroga.

Il Tribunale commentava in particolare la violazione di legge costituita dal falso ideologico dell’aver indicato T. come proprietario, con le connesse conseguenze sulle modalità di svolgimento ulteriore della procedura e sulla bolla speculativà, che avrebbe potuto essere evitata con un rapporto diretto tra Comune e singoli proprietari, alla data di adozione del piano.

A sua volta la Corte d’appello, rilevata la non comprensibile esclusione, nell’impostazione accusatoria, dell’aspetto relativo alla partecipazione alla vicenda anche del R. e del profitto ingiusto a questi procurato, evidenziava in particolare la violazione di legge costituita dal non esser stata data informazione ai proprietari effettivi della delibera di approvazione del PEEP il 27.9.02, riconducibile alla contestazione di violazione dell’obbligo di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa. Riteneva altresì sussistente una condotta di agevolazione e promozione della speculazione edilizia, con l’intento precipuo di procurare a T., oltre che al R., il vantaggio patrimoniale relativo. Giudicava ingiusto tale vantaggio, posto che a seguito della delibera 14.2.2004, solo per 7 delle 28 villette realizzate erano stati mantenuti i requisiti di reddito e la priorità per i residenti, e tuttavia limitatamente al periodo di un anno, poi essendovi stata vendita a condizioni di libero mercato: in definitiva, doveva escludersi che M. avesse agito per perseguire la finalità pubblica insita nel PEEP, operando invece per consentire la speculazione commentata, in totale stravolgimento della finalità indicata nella delibera del Consiglio comunale 30.5.2002 (assicurare alle utenze locali appartenenti a fasce di reddito più deboli un’importante occasione insediativa locale per evitare l’emigrazione in altra parte del territorio provinciale), del resto quella speculativa essendo l’unica finalità idonea a spiegare i vari passaggi, ed i loro tempi, tutti caratterizzati da presenza attenta e fattiva dell’imputato.

2. Ricorre per cassazione M.D., a mezzo del difensore fiduciario avv. Bianchi, con unico motivo denunciando contraddittorìetà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla conferma della responsabilità penale per il reato di abuso d’ufficio.

Secondo il ricorrente, la conclusione della Corte distrettuale da ultimo riportata si porrebbe "in evidente contrasto con la realtà dei fatti", in ragione del mantenimento -sia pure per parte degli immobili – dei requisiti di reddito e priorità ai residenti, che avrebbe dovuto portare ad escludere alcuno stravolgimento e, anzi, ad affermare che le modifiche sarebbero state introdotte per consentire l’effettivo acquisto, posto che secondo la deposizione dell’arch.

T., che aveva curato il Piano, comunque il prezzo finale, anche senza la limitazione del reddito, avrebbe dovuto essere considerato agevolato, in ragione delle condizioni del mercato immobiliare nella zona. Illegittima sarebbe quindi la sentenza impugnata, perchè "contraddistinta da un’evidente forzatura", con la contraddittorietà tra il ritenuto stravolgimento delle finalità e la conferma delle condizioni originarie del regolamento per parte degli immobili, che avrebbe dovuto condurre a ritenere che la modifica era stata determinata solo dalla volontà di perseguire più efficacemente l’esecuzione del PEEP, e quindi anche l’interesse pubblico, venendo così meno ogni ingiustizia del legittimo vantaggio patrimoniale dell’imprenditore.

3. Il ricorso è inammissibile. in definitiva, della ricostruzione in fatto e in diritto operata dai Giudici del merito, ed in particolare dalla Corte d’appello (che nella propria sentenza ha dato esaustivo conto prima di tutte le valutazioni, probatorie e giuridiche, del Tribunale, quindi delle articolate doglianze d’appello, cui ha risposto in modo analitico e specifico), il ricorso "attacca" il solo punto dell’ingiusto vantaggio patrimoniale privato e in luogo di quello pubblico.

Che l’unico motivo – al di la del formale richiamo introduttivo ai vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione – sia innanzitutto diverso da quelli consentiti, in realtà risolvendosi nella mera sollecitazione alla rivalutazione del materiale probatorio per giungere a conclusione diversa, è sostanzialmente "confessato" nello stesso "incipit" dell’atto di impugnazione. A pag. 5, infatti, si legge: "In particolare, ciò che la deducente difesa intende censurare è l’interpretazione e la conseguente valutazione degli elementi che il giudice ha ritenuto determinanti ai fini della concreta configurabilità dell’indispensabile presupposto dell’ingiustizia del vantaggio patrimoniale in capo al privato". Interpretazione degli elementi probatori e loro valutazione, che costituiscono appunto oggetto peculiare ed esclusivo del giudizio di merito.

La Corte bresciana ha argomentato – con puntuale riferimento alle singole "tappe" della vicenda, evidenziando la connessione stretta tra tempi, eventi, partecipazione sempre consapevole (epperò "silente" nei confronti degli altri amministratori pubblici ed in particolare del sindaco) del M. – che le ripetute ed evidenti irregolarità della procedura hanno accompagnato il senso economico della vicenda, da un lato nel dare garanzie al T. che l’anomalo esborso nei confronti del R. (in relazione a quanto da costui corrisposto ai singoli proprietari – ignari e comunque mai formalmente informati dal Comune dell’opportunità di un rapporto diretto con l’Amministrazione e a quanto da lui preteso e poi corrispostogli dal T.) sarebbe stato ripagato dall’effettiva possibilità di condurre a compimento l’operazione con sicuro e rilevante vantaggio economico, e dall’altro consentendo lo sganciamento dalla clausola iniziale che poneva limiti rigorosi in ordine alle capacità reddituali e alla residenza, così favorendo l’intento di mera speculazione (la possibilità di costruire in zona altrimenti vincolata, per poi vendere a condizioni di libero mercato).

Ora, tale apprezzamento di merito della Corte d’appello – coerente a quello del Tribunale e secondo cui l’esito finale è stato il complessivo snaturamento di un PEEP che, nelle intenzioni espressamente dichiarate nella delibera richiamata, era quello di compensare la costruzione in zona altrimenti vincolata (per sè tendenzialmente contraria all’interesse pubblico) con quello di evitare l’emigrazione in altro territorio di soggetti residenti con reddito familiare limitato (interesse pubblico certo non pretestuoso), essendosi pervenuti invece alla costruzione di alloggi venduti per la gran parte a condizioni di libero mercato ed a soggetti non residenti, con evidente, ed ovvio, vantaggio patrimoniale del costruttore (oltre che del R.), essendosi quindi tutta l’operazione risolta in mera attività di speculazione edilizia che aveva consentito di vendere sul libero mercato immobili costruiti in territorio altrimenti vincolato – risulta sorretto da motivazione tutt’altro che apparente, congrua ai dati probatori riferiti, immune da manifesta illogicità e contraddittorietà, rispetto alla quale la deduzione difensiva di valorizzare comunque la positiva conclusione delle costruzioni e delle relative opere di urbanizzazione si risolve in sollecitazione a preclusa diversa valutazione di fatto.

Il motivo è anche generico, laddove da un lato richiama parte della deposizione dell’arch. T. (comunque relativa ad aspetti di merito, in ordine alla dedotta presunta "convenienza" pubblica anche delle ultime condizioni di vendita) senza l’osservanza dell’onere di autosufficienza del ricorso e, dall’altro, non si confronta con l’analitico commento probatorio della Corte distrettuale alle singole e complessive condotte del M. (in particolare la sua costante presenza attiva ed agevolatrice, anche nelle varie irregolarità procedurali, fin dall’inizio – contatti e "studio" della vicenda pure con il R., silenzio con i proprietari dei singoli lotti, copertura della mancanza di titolo del T. all’atto della delibera che afferma il contrario, consapevolezza ed agevolazione del rapporto singoli proprietari / R./ T. che in definitiva è quello che con l’anomalo "balzo" del costo dei terreni influisce sull’opportunità di predisporre la modifica regolamentare successiva – nella piena consapevolezza dei significati economici dei vari passaggi e delle varie scelte), certamente determinanti in ordine al punto dell’ingiustizia del vantaggio patrimoniale privato fin dall’inizio dell’operazione – e quindi ben prima della delibera del 2004 – perseguito e conseguito.

Oggi il difensore ha anche dedotto l’intervenuta prescrizione del reato, sul presupposto dell’estraneità di M. alla Delib. del 2004, e comunque all’irrilevanza penale di questa, secondo la decisione di assoluzione rispetto alla contestazione di falso. La richiesta, del tutto nuova, è inammissibile: assorbente sulla sua manifesta infondatezza la Corte distrettuale ha specificamente argomentato dell’efficacia di definitivo stravolgimento del PEEP, proprio della Delib. 16 febbraio 2004 e dell’intervento personale di M. nella conseguente convenzione integrativa (e, del resto, solo nel 2004 T. acquista l’ultimo mappale di cui, pure, era stato indicato come proprietario già dal 2002: pag. 16 sent. app.) è la considerazione che, trattandosi appunto di questione nuova, l’inammissibilità originaria del ricorso la rende non rilevante.

Conseguente è la condanna del M. al pagamento delle spese processuali e della somma – equa al caso – di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

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