Cons. Stato Sez. IV, Sent., 13-09-2011, n. 5118 Aziende di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 9898 del 2010, il Ministero dell’economia e delle finanze propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, n. 12532 del 28 ottobre 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla Fondazione Roma per l’annullamento della nota prot. n. 33621/08 con cui si ribadisce che la Fondazione ricorrente è ancora sottoposta alla disciplina di settore in base alla prima parte del comma 1 del d. lgs n. 153/1999.

Dinanzi al giudice di prime cure, la Fondazione Roma aveva evidenziato come, con nota del 20 febbraio 2008, avesse comunicato al Ministro della Economia e delle Finanze che "avendo da tempo dismesso ogni partecipazione di controllo diretto o indiretto in società bancarie e non concorrendo al controllo, diretto o indiretto di dette società attraverso la partecipazione a patti di sindacato e accordi di qualunque tipo" aveva provveduto a modificare la propria denominazione statutaria da Fondazione Cassa di Risparmio di Roma in " Fondazione Roma " con il proposito di ulteriore modificazione dello statuto, così abrogando le previsioni contenute negli artt. 41, commi 6 e 7, e 45, nonché le ulteriori disposizioni che, in ragione di quanto introdotto dal Dlgs 17 maggio 1999 n.153, non sarebbero ulteriormente " aderenti alla mutata situazione ".

Il mutamento dei profili della Fondazione comportava quindi il passaggio al regime tutorio stabilito dal Libro I, titolo II del codice civile, così portando a compimento "il processo segnalato dalla sentenza n.300 del 2003 della Corte Costituzionale" secondo la quale l’organismo andrebbe a collocarsi tra i soggetti "dell’organizzazione delle libertà sociali ".

Con nota del 25 marzo 2008, l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze contestava la comunicazione della Fondazione, riaffermando in capo a sé medesima la spettanza delle funzioni di vigilanza.

Avverso tale provvedimento la Fondazione Roma ha proposto gravame innanzi al T.A.R. deducendo un unico motivo di gravame e lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art.10,comma 1 del Dlgs 153 cit e del DPR 361 -2000 anche in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 118 Cost.

Il DPR citato avrebbe modificato la disciplina civilistica del titolo II del libro I c.c., così realizzando il presupposto di cui all’art.1° del Dlgs 153, senza che possa avere rilevanza la clausola di cui all’art.9 comma 3 del DPR. 361- 2000 relativa alla salvaguardia delle discipline speciali derogatorie della disciplina codicistica.

La posizione assunta dalla Amministrazione sarebbe peraltro in contrasto con il dettato di cui alla sentenza 342 del 2001 della Corte Costituzionale, in base alla quale, in mancanza della qualificazione di Ente creditizio, "non vi sarebbe alcuna giustificazione della attribuzione di poteri allo stesso Ministero del Economia e finanze".

Si dovrebbe pertanto ritenere che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 10 del Dlgs. cit. comporterebbe la sottrazione alla vigilanza del Ministero per tutte le Fondazioni ex bancarie per le quali sia cessato il vincolo di collegamento con l’istituzione bancaria conferente, e così dovendosi ritenere intervenuto il trasferimento degli organismi in oggetto al regime generale delle Fondazioni comuni.

L’intimata amministrazione ha replicato puntualizzando che la disciplina innovativa del DPR 361- 2000, emanata in base a legge di delegazione 15 marzo 1997 n.59, non avrebbe innovato le normative sulla vigilanza sulle fondazioni ex bancarie contemplate nel Dlgs. 153 – 1999. Non sarebbe pertanto intervenuta alcuna organica riforma del libro I, titolo II del c.c. e conseguentemente resterebbe in vigore il regime ministeriale di vigilanza. Peraltro la disciplina sui poteri tutori assegnati alla autorità prefettizia dal DPR in oggetto, sarebbe di livello sostanzialmente attenuato rispetto a quello, maggiormente pregnante assolto dalla Amministrazione dell’ Economia e Finanze, anche considerato che le Fondazioni bancarie dispongono attualmente di potenzialità derivanti dal regime speciale cui fanno capo e che verrebbero a cessare in caso di tramutamento di natura ed assunzione di profili di diritto comune. I relativi caratteri di gestione avrebbero formato oggetto di interpretazione autentica in base alla legge 23. 12. 1998 n. 468 e al Dlgs. 17.5. 1999 n.153 relativi al regime speciale delle fondazioni bancarie (art. 5 DL. 15 aprile 2002 n. 63, convertito nella legge 15 giugno 2002 n.112.). Si sostiene inoltre che, dopo l’anno 2000 siano intervenute numerose disposizioni legislative che avrebbero confermato il regime di vigilanza ministeriale, anche con previsione di atti regolamentari emanati dalla stessa autorità di vigilanza.

La resistente amministrazione ha anche contestato il richiamo da parte della ricorrente, al dettato della Corte Costituzionale (sentenza n.300 del 2003 e 342 del 2001), facendo proprio richiamo alla sentenza n. 50 del 1998. Né la previsione dell’art. 10 Dlgs. cit. potrebbe essere compatibile con l’assunto della ricorrente dovendosi ritenere sostanzialmente prorogato il regime originario di vigilanza, almeno fino alla riforma organica del settore e che tuttora non può ritenersi intervenuta particolarmente in ragione del fatto che il DPR del 2000, all’articolo 9 ha precisato la inapplicabilità del disposto alle istituzioni aventi regime derogatorio di quello generale

Particolarmente inappropriato sarebbe il ricorso fatto dalla ricorrente alla sentenza 342 del 2001 della Corte Costituzionale, avendo tale pronunzia salvaguardato il regime ministeriale di vigilanza non soltanto in caso di vincolo genetico e funzionale fra Enti conferenti e società conferitarie, ma anche in presenza degli altri "presupposti previsti per l’esercizio in via generale della transitoria vigilanza sulle anzidette Fondazioni", con ciò facendo richiamo ad una futura, emananda riforma del codice civile.

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, annullando l’atto impugnato.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la correttezza della ricostruzione proposta dinanzi al T.A.R., riaffermando le proprie posizioni.

All’udienza del 18 gennaio 2011, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 14 giugno 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, la Sezione ritiene di porre in disparte le questioni sull’ammissibilità o meno del ricorso proposto, attesa la fondatezza nel merito dell’appello, entro i termini di seguito precisati.

2. – La questione sottoposta, inerendo fondamentalmente alla ricerca degli indici normativi idonei a sostenere l’una o l’altra delle ipotesi ricostruttive proposte, deve necessariamente passare attraverso la ricognizione della disciplina positiva in esame, evidenziando poi, attraverso il quesito posto al giudice, la soluzione preferibile all’inquadramento del regime delle fondazioni bancarie.

Da questo angolo visuale, il tema in esame si presta ad essere ricondotto a tre successive fasi di sviluppo normativo.

In un primo momento, con la legge 30 luglio 1990 n. 218 ed il D.Lgs. 20 novembre 1990 n.356, il legislatore ha messo in atto una profonda trasformazione nel sistema delle banche pubbliche italiane, allo scopo di attribuire la gestione bancaria non più a enti pubblici con capitale o fondo di dotazione detenuto totalmente, o a maggioranza, dallo Stato, ma a società per azioni di diritto privato. In tal modo, dal punto di vista economico, si è favorita la concentrazione degli istituti bancari, con la costituzione di gruppi ispirati al modello del gruppo creditizio polifunzionale, mentre dal punto di vista giuridico, si è provveduto a distinguere tra enti conferenti e società per azioni conferitarie, dove queste ultime erano deputate alla gestione dell’azienda bancaria, mentre l’ente conferente provvedeva alla gestione del compendio azionario detenuto nella società conferitaria. Il profilo derivante vedeva quindi una duplicità di soggetti che, distinti strutturalmente, erano tra loro strettamente legati tramite una partecipazione di controllo, che determinava una continuità funzionale tra di essi. In riferimento a questo compendio normativo, la Corte costituzionale, con sentenza n. 300 del 29 settembre 2003, evidenziava come la detta evoluzione legislativa veniva a spezzare il vincolo genetico e funzionale che in origine legava l’ente pubblico conferente e la società bancaria, trasportando le fondazioni dall’ambito dell’ambito dell’ordinamento del credito e del risparmio a quello dell’ordinamento civile.

In una successiva fase, sempre in un contesto orientato alla progressiva dismissione delle partecipazioni di controllo delle società conferitarie detenute dalle fondazioni bancarie, è stato emanato il D.Lgs. 17 maggio 1999 n. 153 "Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all’art. 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461". L’art. 10 di tale testo, rubricato "Organi, finalità e modalità della vigilanza" ed inserito nel primo titolo relativo al " Regime civilistico delle fondazioni", prevede che "Fino all’entrata in vigore della nuova disciplina dell’autorità di controllo sulle persone giuridiche di cui al titolo II del libro primo del codice civile, ed anche successivamente, finchè ciascuna fondazione rimarrà titolare di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie ovvero concorrerà al controllo, diretto o indiretto, di dette società attraverso la partecipazione a patti di sindacato o accordi di qualunque tipo, la vigilanza sulla fondazioni è attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica". Le detta norma, peraltro, è stata interpretata autenticamente dall’art. 52 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, come convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", di cui si parlerà in seguito.

In una terza fase disciplinare, assume rilievo la normativa di cui al d.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361 "Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto" che, introducendo modificazioni in tema di fondazioni di cui al libro I titolo II c.c., pone il tema dell’ampiezza della sua applicabilità e se in tale ambito siano comprese o meno le fondazioni di cui si verte. Il tema appare dirimente in relazione alla circostanza dell’avvenuta attribuzione in generale del potere di controllo alle prefetture e non più, per quanto qui di rilievo, al Ministero dell’economia e delle finanze.

3. – La questione sottoposta alla Sezione riguarda quindi il significato interpretativo da dare alla seconda delle disposizioni esaminate, al fine di evidenziare se, una volta dismesse le partecipazioni in società bancarie possedute, le fondazioni di cui si verte siano sottoposte al regime ordinario di cui al libro I, titolo II, del c.c., ovvero restino vigilate dall’autorità ministeriale.

La soluzione data dal giudice di prime cure è andata nel senso dell’omogeneizzazione del trattamento disciplinare. Partendo dall’idea che tra società conferitarie e società esercenti l’azienda bancaria esistesse un originario collegamento funzionale e strutturale che giustificava la spettanza in capo all’Autorità ministeriale di riferimento di ogni potere di vigilanza, il T.A.R. ha affermato che l’art. 10 del D.Lgs. 153 del 1999 ha conformato la disciplina, definendo due diversi tipi di disciplina, uno esplicito e l’altro "a contrario", per gli enti non compresi in detto regime. Per cui, soltanto le fondazioni che rispondano ai requisiti puntualizzati dall’art.10 cit. devono considerarsi soggette al regime di vigilanza ministeriale, non solo per l’intero periodo di attesa della riforma della normativa incidente sull’autorità di controllo sulle persone giuridiche di cui al libro I titolo II del codice civile, ma anche "successivamente" ad essa. Le fondazioni conferitarie, divenendo quindi diverse rispetto alla disciplina delimitativa del Dlgs. 153 del 1999, vanno quindi considerate come confluite nel regime ordinario del codice civile per aver perso il collegamento con l’ente banca.

Pertanto, l’introduzione della nuova disciplina nell’ambito codicistico, deve ritenersi ex se applicabile anche a queste, e non perché la modifica sia stata introdotta dalla riforma del d.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361, ma perché era stato già lo stesso Dlgs. 153 a disporre la migrazione nell’ambito disciplinare comune.

La Sezione ritiene di dissentire da tale ricostruzione.

La disposizione in oggetto, ossia il citato art. 10 del D.Lgs. 153 del 1999, esprime una chiara indicazione in merito alla permanenza del controllo ministeriale in tutti i casi, fino all’istituzione della nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche di cui al titolo I, libro II del c.c. e, successivamente, la perpetuazione di tale controllo solo per le fondazioni che mantengono ancora un controllo o una partecipazione sulle società bancarie. L’interpretazione proposta, per cui già con il citato decreto legislativo del 1999 ci sarebbe stata una trasformazione del sistema disciplinare viene quindi a cozzare con il testo normativo, nella sua lettura più lineare.

In merito poi alla possibilità che il d.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361 possa essere considerato la norma di istituzione della nuova autorità di controllo prefigurata dal D.Lgs. 153, va evidenziato come le fondazioni bancarie si siano caratterizzate, da sempre, per una loro specialità ontologica, a cui ha fatto riferimento anche la Corte costituzionale (sentenze n. 300 del 2003 e n. 438 del 2007).

Nel dettaglio, la disciplina speciale è stata determinata, da un lato, dalla eterodeterminazione dei fini, a differenza di quelle disciplinate dal codice civile in cui questi sono stabiliti dai fondatori e regolati dagli statuti, e dall’altro, dall’origine del loro patrimonio, che non nasce da una attribuzione privatistica ma deriva da una attività di rilievo pubblicistico come la raccolta del credito.

Si tratta di elementi che spingono verso un’oggettiva differenziazione delle fondazioni in esame rispetto al contesto ordinario di quelle di natura strettamente privatistica, che impone una lettura corretta della riforma del 2000, escludendo che questa possa essere sic et simpliciter applicata a questi soggetti giuridici. Ed un indice esplicito in tal senso si rinviene nel corpo stesso del D.Lgs. 153 che, all’art. 29, ha previsto l’applicabilità della normativa civilistica a queste fondazioni, solo nei limiti della compatibilità.

Deve quindi ritenersi, anche solo in applicazione delle norme appena evocate, come il d.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361 non potesse essere considerato come l’auspicata riforma del sistema di controllo.

4. – La detta considerazione va poi ribadita in relazione alle intervenute modifiche legislative, a cui si è fatto cenno.

Infatti, con il decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, il legislatore ha provveduto a dare un’interpretazione autentica alla norma contestata. Si legge, infatti, in tale testo, all’art. 52:

"L’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, si interpreta nel senso che, fino a che non è istituita, nell’ambito di una riforma organica, una nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche private disciplinate dal titolo II del libro primo del codice civile, la vigilanza sulle fondazioni bancarie è attribuita al Ministero dell’economia e delle finanze, indipendentemente dalla circostanza che le fondazioni controllino, direttamente o indirettamente società bancarie, o partecipino al controllo di esse tramite patti di sindacato o accordi in qualunque forma stipulati. Le fondazioni bancarie che detengono partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società bancarie ovvero concorrono al controllo, diretto o indiretto, di dette società attraverso patti di sindacato o accordi di qualunque tipo continuano a essere vigilate dal Ministero dell’economia e delle finanze anche dopo l’istituzione dell’autorità di cui al primo periodo".

Emerge quindi come questo testo normativo, da un lato, abbia voluto confermare la specialità delle fondazioni bancarie, ribadendo la permanenza del controllo in capo all’autorità ministeriale e quindi, se ce ne fosse stato bisogno, escludendo la possibilità di una lettura della norma nel senso indicato dal giudice di prime cure, e dall’altro, abbia ribadito la sostanziale differenza tra le fondazioni della prima parte della norma e quelle di cui alla seconda parte. Questa riaffermazione della ontologica differenza però induce a ritenere che il regime attuale sia solo transitorio e che la istituzione della nuova autorità di controllo non possa essere rinviata sine die, senza sollevare più di un dubbio sulla legittimità costituzionale dell’attuale disciplina asseritamente transitoria.

5. – L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 9898 del 2010 e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, n. 12532 del 28 ottobre 2009, respinge il ricorso di primo grado, nei sensi di cui in motivazione;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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