Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-07-2011) 04-08-2011, n. 31145 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

F.G. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 186 C.d.S., (tasso alcolemlco pari a 1,74 g/l per entrambi le misurazioni).

La doglianza si incentra sulla mancata sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità, pure convergentemente sollecitata dal PG di udienza e dalla difesa, sul rilievo che trattavasi di disposizione sopravvenuta più favorevole.

La Corte, in vero, riteneva di non accogliere la richiesta, sulla base di tre convergenti considerazioni:

– l’irritualita della richiesta, non avanzata nei termini per i motivi aggiunti di cui all’art. 585 c.p.p., comma 4;

– la genericità della richiesta di sostituzione, non corredata dalla specifica indicazione del lavoro da svolgere, senza cioè "il riferimento all’attuale esistenza di un progetto in tal senso";

– il rilievo che la norma applicabile (quella di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), nel testo da ultimo innovato ex L. n. 120 del 2010) non poteva ritenersi più favorevole, si da consentire di applicare la disciplina del lavoro di pubblica utilità, parimenti introdotta con la stessa novella: infatti, il trattamento sanzionatorio complessivamente applicabile non poteva portare a ritenere il novum normativo come norma sopravvenuta più favorevole ex art. 2 c.p., comma 4;

Con il ricorso si contestano le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito.

Con riguardo alla prima considerazione, si sostiene che l’art. 2 c.p., comma 4, in tema di successione di leggi penali impone al giudice, anche di appello, di procedere ad esaminare l’applicabilità del novum normativo più favorevole anche di ufficio e, quindi, finanche in assenza di apposito motivo di impugnazione.

Sulla modalità di presentazione della richiesta, si afferma che la disciplina normativa consentirebbe anche istanze generiche quanto alla determinazione dei lavoro da fare oggetto della sostituzione:

sarebbe "onere" del giudice di predisporre il progetto di lavori al quale l’imputato dovrà attenersi.

Infine, si sostiene l’applicabilità della novella, perchè complessivamente più favorevole, anche perchè, nonostante i limiti edittali più alti, quanto alla pena detentiva, la nuova disciplina sarebbe nel complesso più favorevole, potendo portare, a seguito della sostituzione, finanche alla declaratoria di estinzione del reato oltre che alla riduzione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida ed alla revoca della confisca del veicolo, a seguito del completamento positivo del programma lavorativo.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato, pur non potendosi condividere in toto le considerazioni reiettive sviluppate dal giudice di appello.

La tematica da affrontare concerne l’introduzione, con la L. n. 120 del 2010, nella disciplina sanzionatola dei reati in materia di circolazione stradale, salvo che ricorra l’aggravante dell’incidente stradale, della sanzione del "lavoro di pubblica utilità" per la guida sotto l’influenza dell’alcool e per la guida in stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti; sanzione irrogabile già anche con il decreto penale di condanna (art. 136 C.d.S., comma 9 bis, e art. 187 C.d.S., comma 8 bis).

In primo luogo, sembra infatti corretto ritenere che l’applicazione del lavoro di pubblica utilità si risolve in una disposizione di favore per il reo, che quindi dovrebbe trovare applicazione, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4, anche ai fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile.

Ciò perchè l’apprezzamento del carattere complessivamente più favorevole va sviluppato considerando la disciplina normativa nel suo complesso e in ragione degli effetti che ne possono derivare per il reo.

Va peraltro evidenziato che, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, ma non può combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del fàvor rei, perchè In tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità (Sezione 4^, 20 settembre 2004, Nuciforo): da ciò discende che, laddove il giudice ritenga di accedere alla richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità, per i limiti edittali della pena detentiva da sostituire dovrà avere riguardo a quelli stabiliti nel nuovo art. 186 C.d.S., ergo, per quanto interessa, avendo riguardo ai limiti edittali della pena detentiva più alti rispetto al testo previgente, previsti dal comma 2, lettera e;, essendogli imposto di applicare novum normativo, in concreto più favorevole, nella sua integralità.

E’ da ritenere che l’applicabilità del novum normativo In sede di impugnazione presuppone, ovviamente, che I motivi di impugnazione (originar) o aggiunti) lo consentano e che l’impugnazione sia ammissibile.

Ne deriva, in particolare, che l’inammissibilità dell’impugnazione, anche per manifesta infondatezza dei motivi, configura una causa originaria di inammissibilità dell’impugnazione che, non consentendo la costituzione di un valido rapporto di impugnazione, non impedisce la formazione del giudicato e preclude, per l’effetto, la possibilità di far valere la modifica afferente il trattamento sanzionatorio.

Ciò alla luce dell’orientamento ormai consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità a far data dalla sentenza delle Sezioni unite 22 novembre 2000, De Luca, laddove si è affermato, in termini generali, che l’inammissibilità del ricorso, anche dovuto alla manifesta infondatezza dei motivi, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di Impugnazione, preclude finanche la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p..

Peraltro, per l’applicabilità del novum normativo d’ufficio non basterebbe che l’impugnazione non sia inammissibile, giacchè occorrerebbe pur sempre, in ossequio al principio devolutivo dell’impugnazione, che i motivi di impugnazione (originari o aggiunti) (pur infondati) consentano di esaminare il "punto" della responsabilità e/o del trattamento sanzionatorio). E’ da ritenere, infatti, che la mancata impugnazione dei "punti" della sentenza relativi alla responsabilità e/o al trattamento sanzionatorio fondi una preclusione all’applicabilità della nuova disciplina sanzionatoria correlata all’effetto devolutivo del gravame ed al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni (per utili spunti, Sezioni unite, 19 gennaio 2000, Tuzzolino).

Preclusione che non potrebbe essere superata neppure con la presentazione di "motivi nuovi" a sostegno dell’impugnazione, giacchè questi, come è noto, devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. a), (cfr. Sezione 4^, 3 novembre 2004, Nwobodo ed altri;

Sezione V, 23 marzo 2006, Valcavi).

Qui, indubbiamente, i motivi di impugnazione avrebbero potuto e dovuto legittimare l’applicazione del novum normativo di che trattasi, involgendo, a quanto emerge, il tema della responsabilità.

Va però affrontato anche il tema dell’attivazione del meccanismo di sostituzione.

La disciplina speciale introdotta nel codice della strada prevede la necessaria richiesta del pubblico ministero solo in caso di decreto penale, perchè, come è noto, il giudice richiesto del decreto penale può accogliere o rigettare la richiesta, mentre non può modificarla.

Nelle altre ipotesi, il giudice può procedere, invece, evidentemente, anche di ufficio.

Non è espressamente prevista la richiesta dell’Imputato quale presupposto essenziale della "sostituzione", come invece previsto dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 54, comma 1, richiamato, quale disciplina di ordine generale, nella innovata disciplina in materia di circolazione stradale, giacchè si prevede solo la condizione "negativa" della "non opposizione" da parte dell’imputato.

Pur nel silenzio della legge, però, nulla esclude che in disparte, come è ovvio, l’ipotesi del decreto penale possa esservi una esplicita richiesta dell’imputato ad esempio, in dibattimento o in sede di opposizione a decreto penale di condanna, con la particolarità che, in tal caso, l’eventuale diniego di sostituzione va motivato, trattandosi di provvedimento certamente impugnabile.

Piuttosto, ammessa la possibilità della "richiesta" dell’imputato, vi è da chiedersi, quanto al "tipo" di lavoro di pubblica utilità, se questa possa essere avanzata "genericamente", rimettendo cioè al giudice la relativa scelta determinativa, e se, in caso di richiesta specifica avente ad oggetto un particolare "tipo" di lavoro, il giudice ne risulti in qualche modo vincolato.

Per una corretta soluzione di queste questioni non si ritiene possa essere utilmente invocata la peculiare disciplina relativa al processo penale davanti al giudice di pace, che pare strutturalmente incompatibile con quella dettagliata in materiali circolazione stradale, prevedendo un’articolata formazione "progressiva" della decisione di cui qui non vi è traccia.

Inoltre, il sistema in esame è basato, in linea generale, sul potere officioso del giudice salva la ricordata ipotesi della richiesta di decreto penale di condanna.

Ciò consente di ritenere, anche perchè la lettera della norma non autorizza interpretazioni restrittive, la possibilità di una richiesta indeterminata nell’oggetto, che rimetta cioè al giudice l’Individuazione del tipo di lavoro di pubblica utilità. Una richiesta di tal genere, astrattamente ammissibile, presenta però il rischio di essere rigettata, ove il giudice ritenga di non poterla accogliere proprio per la genericità e per la conseguente impossibilità di individuare un lavoro di pubblica utilità concretamente applicabile al caso di specie.

Va soggiunto che una richiesta indeterminata presenterebbe l’inconveniente delle difficoltà operative per la struttura di destinazione ove dovrebbe essere svolto il lavoro sostitutivo, non preavvertita della specifica situazione; al contrario, il necessario previo contatto con la struttura di destinazione, finalizzata a formalizzare una richiesta determinata, si fa apprezzare perchè risolve ab imis questi problemi.

Ne deriva che, sotto questo assorbente profilo, la doglianza della difesa non può trovare accoglimento in questa sede, a fronte della insindacabile decisione del giudice di appello di non accogliere, proprio per indeterminatezza e genericità, la richiesta per l’assenza di un lavoro sostitutivo oggetto precipuo della richiesta.

E’ decisione incensurabile nel merito e corretta, non potendosi certo sostenere, come pure invece patrocinato in ricorso, la sussistenza di un "onere" per il giudice di predisporre il progetto per il lavoro sostitutivo.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *