Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 13-09-2011, n. 546 Edilizia ed urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso n. 4836/1993, il sig. Lo.Sa. impugnava il provvedimento n. 10824 del 14.6.1993 con il quale la Soprintendenza aveva rilevato di non doversi pronunziare sulla richiesta di N.O. in sanatoria per le opere abusivamente realizzate in Comune di Trabia, C.da (…), perché ricadenti nella fascia di inedificabilità dei 150 metri dalla battigia, ex art. 15 L.R. n. 78/1976.

Deduceva le seguenti censure:

1) Incompetenza, violazione dell’art. 15 L.R. n. 78/1976, contraddittorietà e sviamento, per avere la Soprintendenza esulato dalle proprie competenze (valutazione della compatibilità dell’opera con la tutela del paesaggio) ed essersi pronunziata in ordine ad un profilo strettamente urbanistico (edificabilità dell’area) di competenza dell’Amministrazione comunale;

2) Violazione dell’art. 15 L.R. n. 78/1976 e difetto di istruttoria e di presupposto, per non aver tenuto conto che l’area ricadente tra la battigia e la costruzione della ricorrente è stata interessata da un piano di recupero adottato dall’Amm.ne comunale che ha impresso alla stessa una destinazione edilizia di "zona di completamento";

3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per essere l’opera abusiva a distanza superiore ai 150 metri dal mare, se correttamente misurata.

L’Amministrazione regionale si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 146 del 28.5.2008 veniva disposta C.T.U., la cui relazione veniva depositata in data 13.10.2008.

Con successivo ricorso n. 1577/1994, il sig. Lo.Sa. impugnava la nota in data 4.1.1994 e l’ordinanza n. 3 del 19.1.1994, con le quali il Comune di Trabia aveva, rispettivamente, respinto l’istanza di concessione edilizia in sanatoria e disposto la demolizione delle opere abusive. Deduceva le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 26 e 29 L.R. n. 37/1985, per essere stato il diniego disposto dalla Commissione per il recupero edilizio invece che dal Sindaco;

2) Violazione degli artt. 23 e 29 L.R. n. 37/1985; difetto di istruttoria e sviamento, per avere la Soprintendenza esulato dalle proprie competenze (valutazione della compatibilità dell’opera con la tutela del paesaggio) ed essersi pronunziata in ordine ad un profilo strettamente urbanistico (edificabilità dell’area) di competenza dell’Amministrazione comunale e per avere la Commissione per il recupero edilizio abdicato alle proprie competenze, relative alla compatibilità edilizia dell’opera abusiva.

Reiterava, quindi, le censure articolate ai nn. 2) e 3) del precedente gravame e deduceva l’invalidità derivata dell’ingiunzione di demolizione.

Nessuno si costituiva in giudizio per l’Amministrazione comunale intimata.

Con ordinanza n. 869/1994 del T.A.R. adito veniva respinta l’istanza cautelare proposta.

All’udienza pubblica del 16.1.2009, previa costituzione del nuovo procuratore per conto della erede dell’originario ricorrente, entrambi i giudizi venivano posti in decisione. Con sentenza n. 531/09, il T.A.R. adito, previa riunione dei suddetti ricorsi, li accoglieva entrambi e, per l’effetto, annullava tutti gli atti impugnati, "salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza di entrambe le amministrazioni intimate sulla istanza di rilascio della concessione edilizia in sanatoria a suo tempo proposta da parte ricorrente, che dovrà essere esaminata a prescindere dal vincolo assoluto di inedificabilità/insanabilità derivante dall’art. 15 L.R. n. 78/76, ai fini della ponderazione della sussistenza di tutti gli altri presupposti".

Con l’appello in epigrafe la difesa erariale, per la Soprintendenza di Palermo, ha impugnato detta sentenza n. 531/2009, deducendone l’erroneità in considerazione del fatto che la costruzione in argomento, risultando indubbiamente ubicata ad una distanza inferiore a 150 metri dal mare, è soggetta al vincolo assoluto di inedificabilità prescritto dall’art. 15 della L.R. n. 78/76.

Conclusivamente, ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, previa sospensione della stessa, con vittoria di spese e compensi.

Ha replicato parte appellata per chiedere la reiezione dell’istanza cautelare per mancanza dei prescritti presupposti.

Con ordinanza n. 738/09 di questo C.G.A. l’istanza cautelare è stata accolta.

Alla pubblica udienza del 27 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

La controversia in argomento verte, all’evidenza, sulla corretta interpretazione che deve essere attribuita all’art. 15, comma 1, lett. a), della L.R. n. 78/76, il quale dispone che, salve le ipotesi di opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare ovvero di ristrutturazione degli edifici già esistenti alla data della sua entrata in vigore, senza alterazione dei volumi esistenti, è escluso il rilascio di qualsiasi titolo edilizio per costruzioni da realizzare entro la fascia dei 150 metri dalla battigia e, quindi, la possibilità di sanare gli abusi edilizi realizzati in detta fascia di rispetto dopo il suddetto limite temporale del 31 dicembre 1976.

Il Collegio rileva che, nel caso di specie, dalla perizia redatta dal CTU nominato dal Giudice di prime cure si evince che la distanza intercorrente tra la costruzione abusiva della ricorrente e la linea di battigia è di mt. 124,87 e, quindi, detta costruzione, essendo ubicata all’interno della predetta fascia di rispetto, risulta in contrasto con il limite dei 150 mt. disposto dal suddetto art. 15, comma 1, lett. a), L.R. n. 78/76.

Tuttavia, con la sentenza impugnata, il Giudice di prime cure ha accolto il gravame ritenendo fondata la seconda censura dedotta col primo ricorso, con la quale il ricorrente aveva lamentato che la Soprintendenza non ha tenuto conto della circostanza che l’area ricadente tra la battigia e la costruzione è stata interessata da un "piano di recupero" adottato dall’Amministrazione comunale, con il quale a detta area è stata impressa una destinazione edilizia di "zona di completamento", incompatibile con le finalità proprie dell’art. 15 della L.R. n. 78/76.

Il primo decidente ha poi ritenuto, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata del complesso normativo discendente dal predetto art. 15, comma 1, lett. a), della L.R. 12 giugno 1976, n. 78, che debba escludersi l’assolutezza del divieto in argomento, ove si riscontri che, in presenza di una saturazione urbanistica della zona più vicina alla costa rispetto all’immobile da condonare, come nel caso di specie, non sia più possibile garantire la tutela paesistica entro la fascia dei 150 metri perseguita dalla norma suddetta.

Di contro, il Collegio, rilevato che l’orientamento giurisprudenziale richiamato nella sentenza impugnata è minoritario, ritiene, confermando la propria giurisprudenza (cfr. C.G.A, Sez. giurisdizionale, decisione n. 248 del 30.6.1995) e quella assolutamente prevalente in materia, che il vincolo di cui all’art. 15 L.R. n. 78/76 abbia carattere assoluto ed inderogabile sia nei confronti degli Enti locali che del privato, così come ulteriormente ribadito dall’art. 23 della successiva L.R. n. 37/85, il quale, recependo gli articoli 32 e 33 della legge statale n. 47 del 1985, ha ribadito che: "restano altresì escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell’art. 15, lett. a), della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell’entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976", ipotesi che non ricorre nella fattispecie all’esame.

Il Collegio ritiene, pertanto, che la Soprintendenza appellante, alla quale, ai sensi di quanto disposto dal predetto art. 23 L.R. n. 78/76, è obbligatoriamente demandato il rilascio del prescritto nulla osta ai fini delle concessioni in sanatoria, non potesse esprimersi se non nei termini del contestato diniego, atteso che alla stessa, con riferimento all’ubicazione dell’immobile in argomento ed alla luce delle disposizioni sopra richiamate, non compete alcun margine di discrezionalità al riguardo.

Per quel che concerne il suddetto "piano di recupero" adottato dal Comune di Trabia, genericamente indicato e richiamato in motivazione nella sentenza impugnata, si osserva che il vincolo di cui all’art. 15 della L.R. n. 78/76 si applica inderogabilmente alle amministrazioni locali prima ancora che ai privati, per cui sarebbe illegittimo qualsiasi piano comunale che risultasse in contrasto con detto vincolo, che, come già evidenziato, riveste carattere assoluto ed inderogabile.

D’altra parte, per quel che concerne i "Piani particolareggiati di recupero" di cui all’art. 14 della legge regionale n. 37/85, richiamato anche dal CTU, si osserva che detta disposizione, ai fini che qui interessano, al 5° comma, ha chiarito che: "Ove il piano particolareggiato di recupero interessi aree o immobili vincolati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497 e successive modificazioni, deve essere acquisito il parere delle sovrintendenze competenti (…)".

Ne consegue che il Comune di Trabia, la cui attività procedimentale di rilascio delle concessioni edilizie ovvero di quelle in sanatoria è subordinata alla sussistenza del prescritto nulla osta della competente Soprintendenza, legittimamente ha respinto l’istanza di rilascio della concessione edilizia in sanatoria richiesta dall’interessato, stante il diniego sostanzialmente espresso dall’Ente suddetto, ai sensi del più volte citato art. 15 L.R. n. 78/76, ai fini della tutela paesistica.

D’altronde, la presenza nella fascia di rispetto in argomento di altre costruzioni – per le quali si può ritenere, invero a fini meramente ipotetici, che siano state realizzate legittimamente, in quanto ultimate nelle strutture essenziali prima dell’entrata in vigore della L.R. n. 78/76, ovvero che, quand’anche siano da ritenere abusive, costituiscano oggetto di contenzioso analogo a quello di cui si discute in questa sede – non può comunque costituire motivo per cui si debba tollerare un ulteriore aggravio del degrado esistente. Né risulta conferente con il caso in esame il riferimento, fatto nella parte motiva della sentenza impugnata, alla decisione n. 315/2007 di questo C.G.A., posto che in quel caso la costruzione sporgeva nella fascia di rispetto soltanto per uno spigolo, mentre quella per cui è causa vi rientra per intero, essendo ubicata a mt. 124,87 dalla linea di battigia.

Conclusivamente l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese del doppio grado di giudizio, determinate in Euro 5.000,00 (cinquemila/00) da liquidare in favore dell’appellante, ed il compenso spettante al CTU nominato dal Giudice di prime cure, già addebitato alla ricorrente in quella sede, sono integralmente posti a carico della soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Le spese del doppio grado di giudizio, determinate in Euro 5.000,00 (cinquemila/00) da liquidare in favore dell’appellante, ed il compenso spettante al CTU nominato dal Giudice di prime cure, già addebitato alla ricorrente in quella sede, sono integralmente posti a carico della soccombente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *